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E perché l'anno 1547 morì Bastiano Viniziano frate del Piombo, e disegnando papa Paulo che quelle statue antiche per il suo palazzo si restaurassino, Michelagnolo favorì volentieri Guglielmo dalla Porta scultore milanese, il quale giovane di speranza dal sudetto fra' Bastiano era stato raccomandato a Michelagnolo, che piaciutoli il far suo, lo messe innanzi a papa Paulo per acconciare dette statue, e la cosa andò sì innanzi che gli fece dare Michelagnolo l'ufizio del Piombo; che dato poi ordine al restaurarle, come se ne vede ancora oggi in quel palazzo, dove fra' Guglielmo [scordatosi] de' benefizii ricevuti, fu poi uno de' contrari a Michelagnolo. Successe l'anno 1549 la morte di papa Paulo Terzo, dove dopo la creazione di papa Giulio Terzo, il cardinale Farnese ordinò fare una gran sepoltura a papa Paulo suo per le mani di fra' Guglielmo, il quale avendo ordinato di metterla in San Piero sotto il primo arco della nuova chiesa sotto la tribuna, che impediva il piano di quella chiesa e non era in verità il luogo suo, e perché Michelagnolo consigliò giudiziosamente che là non poteva né doveva stare, il frate gli prese odio credendo che lo facessi per invidia, ma ben s'è poi accorto che gli diceva il vero e che il mancamento è stato da lui che ha avuto la comodità e non l'ha finita, come si dirà altrove, et io ne fo fede, avvenga che l'anno 1550 io fussi per ordine di papa Giulio Terzo andato a Roma a servirlo, e volentieri per godermi Michelagnolo, fui per tal consiglio adoperato; dove Michelagnolo desiderava che tal sepoltura si mettessi in una delle nicchie dove è oggi la colonna degli spiritati, che era il luogo suo, et io mi ero adoperato che Giulio Terzo si risolveva, per conrispondenza di quella opera, far la sua nell'altra nicchia col medesimo ordine che quella di papa Paulo; dove il frate che la prese in contrario fu cagione che la sua non s'è mai poi finita e che quella di quello altro Pontefice non si facessi, che tutto fu pronosticato da Michelagnolo.

Voltossi papa Giulio a far fare quell'anno nella chiesa di San Piero a Montorio una cappella di marmo con dua sepolture per Antonio cardinale da' Monti suo zio e Messer Fabbiano, avo del Papa, primo principio della grandezza di quella casa illustre. Della quale avendo il Vasari fatto disegni e modelli, papa Giulio, che stimò sempre la virtù di Michelagnolo et amava il Vasari, volse che Michelagnolo ne facessi il prezzo fra loro, et il Vasari suplicò il Papa a far che Michelagnolo ne pigliassi la protezione, e perché il Vasari aveva proposto per gl'intagli di quella opera Simon Mosca e per le statue Raffael Monte Lupo, consigliò Michelagnolo che non vi si facessi intagli di fogliami né manco ne' membri dell'opera di quadro, dicendo che dove vanno figure di marmo non ci vuole essere altra cosa. Per il che il Vasari dubitò che non lo facessi perché l'opera rimanessi povera; et in effetto poi quando e' la vedde finita confessò che gli avessi avuto giudizio, e grande. Non volse Michelagnolo che il Monte Lupo facessi le statue, avendo visto quanto s'era portato male nelle sue della sepoltura di Giulio Secondo, e si contentò più presto ch'elle fussino date a Bartolomeo Ammannati, quale il Vasari aveva messo innanzi, ancor che il Buonarroto avessi un poco di sdegno particolare seco e con Nanni di Baccio Bigio, nato, se ben si considera, da legger cagione, che essendo giovanetti, mossi dall'afezione dell'arte più che per offenderlo, avevano industriosamente, entrando in casa, levati a Anton Mini creato di Michelagnolo molte carte disegnate, che di poi per via del magistrato de' signori Otto gli furon rendute tutte, né gli volse, per intercessione di Messer Giovanni Norchiati canonico di San Lorenzo amico suo, fargli dare altro gastigo. Dove il Vasari, ragionandogli Michelagnolo di questa cosa, gli disse ridendo che gli pareva che non meritassino biasimo alcuno e che s'egli avessi potuto, arebbe non solamente toltogli parecchi disegni, ma l'arebbe spogliato di tutto quel che gli avessi potuto avere di suo mano solo per imparare l'arte, che s'ha da volere bene a quegli che cercan la virtù, e premiargli ancora, perché non si hanno questi a trattare come quegli che vanno rubando i danari, le robe e l'altre cose importanti. Or così si recò la cosa in burla. Fu ciò cagione che a quella opera di Montorio si diede principio, e che il medesimo anno il Vasari e lo Ammannato andorono a far condurre i marmi da Carrara a Roma per far detto lavoro. Era in quel tempo ogni giorno il Vasari con Michelagnolo; dove una mattina il Papa dispensò per amorevolezza ambidue che facendo le sette chiese a cavallo, ch'era l'anno santo, ricevessino il perdono a doppio; dove nel farle ebbono fra l'una e l'altra chiesa molti utili e begli ragionamenti dell'arte et industriosi, che 'l Vasari ne distese un dialogo, che a migliore occasione si manderà fuori con altre cose attenente all'arte.

Autenticò papa Giulio Terzo quell'anno il motu proprio di papa Paulo Terzo sopra la fabbrica di San Piero, et ancora che gli fussi detto molto male dai fautori della setta sangallesca per conto della fabbrica di San Piero, per allora non ne volse udire niente quel Papa avendogli (come era vero) mostro il Vasari ch'egli aveva dato la vita a quella fabrica, et operò con Sua Santità che quella non facessi cosa nessuna attenente al disegno senza il giudizio suo, che l'osservò sempre: perché né alla vigna Iulia fece cosa alcuna senza il suo consiglio, né in Belvedere, dove si rifece la scala che v'è ora in cambio della mezza tonda che veniva innanzi, saliva otto scaglioni et altri otto in giro entrava in dentro, fatta già da Bramante, che era posta nella maggior nicchia in mezzo Belvedere. Michelagnolo vi disegnò e fé fare quella quadra coi balaustri di preperigno che vi è ora, molto bella.

Aveva il Vasari quell'anno finito di stampare l'opera delle vite de' pittori, scultori et architettori in Fiorenza, e di niuno de' vivi aveva fatto la vita, ancor che ci fussi de' vecchi, se non di Michelagnolo; e così gli presentò l'opera, che la ricevé con molta allegrezza, dove molti ricordi di cose aveva avuto dalla voce sua il Vasari come da artefice più vecchio e di giudizio; e non andò guari che avendola letta gli mandò Michelagnolo il presente sonetto fatto da lui, il quale mi piace in memoria delle sue amorevolezze porre in questo luogo:

Se con lo stile o coi colori avete

alla natura pareggiato l'arte,

anzi a quella scemato il pregio in parte,

che 'l bel di lei più bello a noi rendete,

poi che con dotta man posto vi sete

a più degno lavoro, a vergar carte,

quel che vi manca a lei di pregio in parte

nel dar vita ad altrui tutta togliete.

Che se secolo alcuno omai contese

in far bell'opre, almen cedale, poi

che convien ch'al prescritto fine arrive.

Or le memorie altrui, già spente, accese

tornando, fate or che fien quelle e voi,

mal grado d'esse, eternalmente vive.

Partì il Vasari per Fiorenza, e lassò la cura a Michelagnolo del fare fondare a Montorio. Era Messer Bindo Altoviti, allora Consolo della nazione fiorentina, molto amico del Vasari, che in su questa occasione gli disse che sarebbe bene di far condurre questa opera nella chiesa di San Giovanni de' fiorentini, e che ne aveva già parlato con Michelagnolo, il quale favorirebbe la cosa e sarebbe questo cagione di dar fine a quella chiesa. Piacque questo a Messer Bindo, et essendo molto famigliare del Papa gliene ragionò caldamente, mostrando che sarebbe stato bene che le sepolture e la cappella che Sua Santità faceva fare per Montorio l'avesse fatte nella chiesa di San Giovanni de' fiorentini, et aggiugnendo che ciò sarebbe cagione che con questa occasione e sprone la nazione farebbe spesa tale, che la chiesa arebbe la sua fine; e se Sua Santità facesse la cappella maggiore, gli altri mercanti farebbono sei cappelle, e poi di mano in mano il restante. Là dove il Papa si voltò d'animo, et ancora che ne fussi fatto modello e prezzo, andò a Montorio e mandò per Michelagnolo, al quale ogni giorno il Vasari scriveva et aveva secondo l'occasione delle faccende risposta da lui. Scrisse adunque al Vasari Michelagnolo, al primo dì d'agosto 1550, la mutazione che aveva fatto il Papa, e son queste le parole istesse di sua mano: