E tornando a Michelagnolo, dico che innanzi la morte un anno incirca, avendosi adoperato il Vasari segretamente che 'l duca Cosimo de' Medici operassi col Papa per ordine di Messer Averardo Serristori suo imbasciadore, che, visto che Michelagnolo era molto cascato, si tenesse diligente cura di chi gli era attorno a governarlo e chi gli praticava in casa, che venendogli qualche subito accidente, come suole venire a' vecchi, facessi provisione che le robe, disegni, cartoni, modelli e danari et ogni suo avere nella morte si fussino inventariati e posti in serbo per dare alla fabbrica di San Piero, se vi fussi stato cose attenenti a lei, così alla sagrestia e libreria di San Lorenzo e facciata, non fussino state trasportate via, come spesso suole avvenire; che finalmente giovò tal diligenza, che tutto fu eseguito in fine.
Desiderava Lionardo suo nipote la quaresima vegnente andare a Roma, come quello che s'indovinava che già Michelagnolo era in fine della vita sua, e lui se ne contentava, quando amalatosi Michelagnolo di una lenta febbre, subito fé scrivere a Daniello che Lionardo andassi: ma il male cresciutogli, ancora che Messer Federigo Donati suo medico e gli altri suoi gli fussino a torno, con conoscimento grandissimo fece testamento di tre parole, che lasciava l'anima sua nelle mane de Iddio, il suo corpo alla terra e la roba a' parenti più prossimi, imponendo a' suoi che nel passare di questa vita gli ricordassino il patire di Gesù Cristo; e così a dì 17 di febraio, l'anno 1563 a ore 23 a uso fiorentino, che al romano sarebbe 1564, spirò per irsene a miglior vita.
Fu Michelagnolo molto inclinato alle fatiche dell'arte, veduto che gli riusciva ogni cosa quantunque dificile, avendo avuto dalla natura l'ingegno molto atto et aplicato a queste virtù eccellentissime del disegno; là dove per esser interamente perfetto, infinite volte fece anatomia scorticando uomini per vedere il principio e legazioni dell'ossature, muscoli, nerbi, vene e moti diversi e tutte le positure del corpo umano, e non solo degli uomini, ma degli animali ancora e particularmente de' cavagli, de' quali si dilettò assai di tenerne; e di tutti volse veder il lor principio et ordine in quanto all'arte, e lo mostrò talmente nelle cose che gli accaddono trattare, che non ne fa più chi non attende a altra cosa che quella. Per il che ha condotto le cose sue così col pennello come con lo scarpello, che son quasi inimmitabili, et ha dato, come s'è detto, tanta arte, grazia et una certa vivacità alle cose sue - e ciò sia detto con pace di tutti - che ha passato e vinto gli antichi avendo saputo cavare della dificultà tanto facilmente le cose, che non paion fatte con fatica, quantunque, [da] chi disegna poi le cose sue, la vi si trovi per imitarla. È stata conosciuta la virtù di Michelagnolo in vita e non come aviene a molti dopo la morte, essendosi visto che Giulio II, Leon X, Clemente VII, Paulo III, e Giulio III, e Paulo IIII e Pio IIII, sommi pontefici, l'hanno sempre voluto appresso e, come si sa, Solimanno imperatore de' Turchi, Francesco Valesio re di Francia, Carlo V imperatore, e la signoria di Vinezia, e finalmente il duca Cosimo de' Medici, come s'è detto, e tutti con onorate provisioni, non per altro che per valersi della sua gran virtù; che ciò non accade se non a uomini di gran valore come era egli, avendo conosciuto e veduto che queste arti, tutt'e tre, erano talmente perfette in lui, che non si trova, né in persone antiche o moderne in tanti e tanti anni che abbia girato il sole, che Dio l'abbi concesso a altri che a lui. Ha avuto l'immaginativa tale e sì perfetta, che le cose propostosi nella idea sono state tali che con le mani, per non potere esprimere sì grandi e terribili concetti, ha spesso abandonato l'opere sue, anzi ne ha guasto molte, come io so che, innanzi che morissi di poco, abruciò gran numero di disegni, schizzi e cartoni fatti di man sua, acciò nessuno vedessi le fatiche durate da lui et i modi di tentare l'ingegno suo, per non apparire se non perfetto, e io ne ho alcuni di sua mano trovati in Fiorenza messi nel nostro libro de' disegni, dove ancora che vi vegga la grandezza di quello ingegno, si conosce che quando e' voleva cavar Minerva della testa di Giove, ci bisognava il martello di Vulcano, imperò egli usò le sue figure farle di nove e di dieci e di dodici teste, non cercando altro che col metterle tutte insieme ci fussi una certa concordanza di grazia nel tutto che non lo fa il naturale, dicendo che bisognava avere le seste negli occhi e non in mano, perché le mani operano e l'occhio giudica: che tale modo tenne ancora nell'architettura. Né paia nuovo a nessuno che Michelagnolo si dilettassi della solitudine, come quello che era innamorato dell'arte sua, che vuol l'uomo per sé solo e cogitativo e perché è necessario che, chi vuole attendere agli studii di quella, fugga le compagnie: avenga che chi attende alle considerazioni dell'arte non è mai solo né senza pensieri, e coloro che gliele attribuivano a fantasticheria et a stranezza, hanno il torto, perché chi vuole operar bene, bisogna allontanarsi da tutte le cure e fastidi, perché la virtù vuol pensamento, solitudine e comodità, e non errare con la mente. Con tutto ciò ha avuto caro l'amicizie di molte persone grandi e delle dotte e degli uomini ingegnosi a' tempi convenienti e se l'è mantenute, come il grande Ipolito cardinale de' Medici che l'amò grandemente, et inteso che un suo cavallo turco che aveva piaceva per la sua bellezza a Michelagnolo, fu dalla liberalità di quel signore mandato a donare con dieci muli carichi di biada et un servidore che lo governassi, che Michelagnolo volentieri lo accettò. Fu suo amicissimo lo illustrissimo cardinale Polo, innamorato Michelagnolo delle virtù e bontà di lui, il cardinale Farnese e Santacroce, che fu poi papa Marcello, il cardinale Ridolfi, el cardinale Maffeo, e monsignor Bembo, Carpi, e molti altri cardinali e vescovi e prelati, che non accade nominargli, monsignor Claudio Tolomei, el magnifico Messer Ottaviano de' Medici suo compare che gli battezzò un suo figliuolo, e Messer Bindo Altoviti, al quale donò il cartone della cappella, dove Noè inebriato è schernito da un de' figliuoli e ricoperto le vergogne dagli altri dua; Messer Lorenzo Ridolfi e Messer Anibal Caro, e Messer Giovan Francesco Lottini da Volterra; et infinitamente amò più di tutti Messer Tommaso de' Cavalieri gentiluomo romano, quale essendo giovane e molto inclinato a queste virtù, perché egli imparassi a disegnare, gli fece molte carte stupendissime disegnate di lapis nero e rosso di teste divine, e poi gli disegnò un Ganimede rapito in cielo da l'uccel di Giove, un Tizio che l'avvoltoio gli mangia il cuore, la cascata del carro del sole con Fetonte nel Po et una baccanalia di putti, che tutti sono ciascuno per sé cosa rarissima e disegni non mai più visti. Ritrasse Michelagnolo Messer Tommaso in un cartone grande di naturale, che né prima né poi di nessuno fece il ritratto, perché aborriva il fare somigliare il vivo se non era d'infinita bellezza. Queste carte sono state cagione che dilettandosi Messer Tommaso quanto e' fa, che n'ha poi avute una buona partita che già Michelagnolo fece a fra' Bastiano Viniziano, che le messe in opera, che sono miracolose, et invero egli le tiene meritamente per reliquie e n'ha accomodato gentilmente gli artefici. Et invero Michelagnolo collocò sempre l'amor suo a persone nobili, meritevoli e degne, che nel vero ebbe giudizio e gusto in tutte le cose. Ha fatto poi fare Messer Tommaso a Michelagnolo molti disegni per amici, come per il cardinale di Cesis la tavola dove è la Nostra Donna annunziata dall'Angelo, cosa nuova, che poi fu da Marcello Mantovano colorita e posta nella cappella di marmo, che ha fatto fare quel Cardinale nella chiesa della Pace di Roma, come ancora un'altra Nunziata colorita pur di mano di Marcello in una tavola nella chiesa di S. Ianni Laterano, che 'l disegno l'ha il duca Cosimo de' Medici, il quale dopo la morte donò Lionardo Buonarruoti suo nipote a sua eccellenza che gli tien per gioie, insieme con un Cristo che òra nell'orto e molti altri disegni e schizzi e cartoni di mano di Michelagnolo, insieme con la statua della Vittoria che ha sotto un prigione, di braccia cinque alta; ma quattro prigioni bozzati, che possano insegnare a cavare de' marmi le figure con un modo sicuro da non istorpiare i sassi, che il modo è questo: che se e' si pigliassi una figura di cera o d'altra materia dura, e si mettessi a diacere in una conca d'acqua, la quale acqua essendo per sua natura nella sua sommità piana e pari, alzando la detta figura a poco a poco del pari, così vengono a scoprirsi prima le parti più rilevate et a nascondersi i fondi, cioè le parti più basse della figura, tanto che nel fine ella così viene scoperta tutta. Nel medesimo modo si debbono cavare con lo scarpello le figure de' marmi, prima scoprendo le parti più rilevate, e di mano in mano le più basse, il quale modo si vede osservato da Michelagnolo ne' sopra detti prigioni, i quali sua eccellenzia vuole che servino per esemplo de' suoi accademici.