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È stato Michelagnolo di una tenace e profonda memoria, che nel vedere le cose altrui una sol volta l'ha ritenute sì fattamente e servitosene in una maniera, che nessuno se n'è mai quasi accorto, né ha mai fatto cosa nessuna delle sue che riscontri l'una con l'altra, perché si ricordava di tutto quello che aveva fatto. Nella sua gioventù sendo con gli amici sua pittori, giucorno una cena a chi faceva una figura che non avessi niente di disegno, che fussi goffa, simile a que' fantocci che fanno coloro che non sanno et imbrattano le mura, Qui si valse della memoria, perché ricordatosi aver visto in un muro una di queste gofferie, la fece come se l'avessi avuta dinanzi di tutto punto, e superò tutti que' pittori; cosa dificile in uno uomo tanto pieno di disegno, avvezzo a cose scelte, che ne potessi uscir netto.

È stato sdegnoso e giustamente verso di chi gli ha fatto ingiuria, non però s'è visto mai esser corso alla vendetta, ma sì bene più tosto pazientissimo et in tutti i costumi modesto, e nel parlare molto prudente e savio, con risposte piene di gravità et alle volte con motti ingegnosi, piacevoli et acuti. Ha detto molte cose che sono state da noi notate, delle quali ne metteremo alcune, perché saria lungo a descriverle tutte.

Essendogli ragionato della morte da un suo amico dicendogli che doveva assai dolergli, sendo stato in continove fatiche per le cose dell'arte, né mai avuto ristoro, rispose che tutto era nulla, perché se la vita ci piace, essendo anco la morte di mano d'un medesimo maestro, quella non ci doverebbe dispiacere. A un cittadino che lo trovò da Or San Michele in Fiorenza che s'era fermato a riguardare la statua del San Marco di Donato, e lo domandò quel che di quella figura gli paresse, Michelagnolo rispose che non vedde mai figura che avessi più aria di uomo da bene di quella e che se San Marco era tale, se gli poteva credere ciò che aveva scritto. Essendogli mostro un disegno e raccomandato un fanciullo che allora imparava a disegnare, scusandolo alcuni che era poco tempo che s'era posto all'arte, rispose: "E' si conosce". Un simil motto disse a un pittore che aveva dipinto una Pietà e non s'era portato bene, che ell'era proprio una pietà a vederla. Inteso che Sebastiano Viniziano aveva a fare nella cappella di San Piero a Montorio un frate, disse che gli guasterebbe quella opera; domandato della cagione, rispose che avendo eglino guasto il mondo che è sì grande, non sarebbe gran fatto che gli guastassino una cappella sì piccola. Aveva fatto un pittore una opera con grandissima fatica e penatovi molto tempo, e nello scoprirla aveva acquistato assai; fu dimandato Michelagnolo che gli pareva del facitore di quella; rispose: "Mentre che costui vorrà esser ricco, sarà del continuo povero". Uno amico suo che già diceva messa et era religioso, capitò a Roma tutto pieno di puntali e di drappo e salutò Michelagnolo et egli si finse di non vederlo, per che fu l'amico forzato fargli palese il suo nome; mostrò di maravigliarsi Michelagnolo che fussi in quell'abito, poi soggiunse quasi rallegrandosi: "Oh voi siete bello! Se fossi così drento, come io vi veggio di fuori, buon per l'anima vostra". Al medesimo che aveva raccomandato uno amico suo a Michelagnolo che gli aveva fatto fare una statua, pregandolo che gli facessi dare qualcosa più, il che amorevolmente fece; ma l'invidia dello amico che richiese Michelagnolo credendo che non lo dovesse fare, veggendo pur che l'aveva fatto, fece che se ne dolse, e tal cosa fu detta a Michelagnolo; onde rispose che gli dispiacevano gli uomini fognati, stando nella metafora della architettura, intendendo che con quegli che hanno due bocche, mal si può praticare. Domandato da uno amico suo quel che gli paresse d'uno che aveva contrafatto di marmo figure antiche delle più celebrate, vantandosi lo immitatore che di gran lunga aveva superato gli antichi; rispose: "Chi va dietro a altri, mai non li passa innanzi, e chi non sa far bene da sé, non può servirsi bene delle cose d'altri". Aveva non so che pittore [fatto] un'opera, dove era un bue che stava meglio delle altre cose; fu dimandato perché il pittore aveva fatto più vivo quello che l'altre cose, disse: "Ogni pittore ritrae se medesimo bene". Passando da San Giovanni di Fiorenza gli fu dimandato il suo parere di quelle porte, egli rispose: "Elle sono tanto belle, che le starebbon bene alle porte del Paradiso". Serviva un principe che ogni dì variava disegni, né stava fermo; disse Michelagnolo a uno amico suo: "Questo signore ha un cervello come una bandiera di campanile, che ogni vento che vi dà drento la fa girare". Andò a vedere una opera di scultura che doveva mettersi fuora perché era finita, e si affaticava lo scultore assai in acconciare i lumi delle finestre perch'ella mostrassi bene, dove Michelagnolo gli disse: "Non ti affaticare che l'importanza sarà il lume della piazza", volendo inferire che come le cose sono in publico, il populo fa giudizio s'elle sono buone o cattive. Era un gran principe che aveva capriccio in Roma d'architetto, et aveva fatto fare certe nicchie per mettervi figure, che erano l'una tre quadri alte con uno anello in cima, e vi provò a mettere dentro statue diverse, che non vi tornavano bene. Dimandò Michelagnolo quel che vi potessi mettere; rispose: "De' mazzi di anguille appiccate a quello anello". Fu assunto al governo della fabrica di S. Piero un signore che faceva professione d'intendere Vitruvio e d'essere censore delle cose fatte. Fu detto a Michelagnolo: "Voi avete avuto uno alla fabbrica che ha un grande ingegno". Rispose Michelagnolo: "Gli è vero, ma gli ha cattivo giudizio". Aveva un pittore fatto una storia et aveva cavato di diversi luoghi di carte e di pitture molte cose, né era in su quella opera niente che non fussi cavato, e fu mostro a Michelagnolo che veduta, gli fu dimandato da un suo amicissimo quel che gli pareva; rispose: "Bene ha fatto, ma io non so al dì del giudizio, che tutti i corpi piglieranno le lor membra, come farà quella storia, che non ci rimarrà niente": avvertimento a coloro che fanno l'arte, che s'avezzino a fare da sé. Passando da Modana vedde di mano di maestro Antonio Bigarino modanese scultore, che aveva fatto molte figure belle di terra cotta e colorite di colore di marmo, le quali gli parsono una eccellente cosa, e perché quello scultore non sapeva lavorare il marmo, disse: "Se questa terra diventassi marmo, guai alle statue antiche". Fu detto a Michelagnolo che doveva risentirsi contro a Nanni di Baccio Bigio, perché voleva ogni dì competere seco; rispose: "Chi combatte con da pochi, non vince a nulla". Un prete suo amico disse: "Gli è peccato che non aviate tolto donna, perché aresti avuto molti figliuoli e lasciato loro tante fatiche onorate". Rispose Michelagnolo: "Io ho moglie troppa, che è questa arte che m'ha fatto sempre tribolare, et i miei figliuoli saranno l'opere che io lasserò; che se saranno da niente, si viverà un pezzo. E guai a Lorenzo di Bartoluccio Ghiberti se non faceva le porte di S. Giovanni, perché i figliuoli e' nipoti gli hanno venduto e mandato male tutto quello che lasciò: le porte sono ancora in piedi". Il Vasari mandato da Giulio Terzo a un'ora di notte per un disegno a casa Michelagnolo, trovò che lavorava sopra la Pietà di marmo che e' ruppe. Conosciutolo Michelagnolo al picchiare della porta, si levò dal lavoro e prese in mano una lucerna dal manico; dove esposto il Vasari quel che voleva, mandò per il disegno Urbino di sopra, et entrati in altro ragionamento, voltò intanto gli occhi il Vasari a guardare una gamba del Cristo sopra la quale lavorava e cercava di mutarla; e per ovviare che 'l Vasari non la vedessi, si lasciò cascare la lucerna di mano, e rimasti al buio, chiamò Urbino che recassi un lume, et in tanto uscito fuori del tavolato, dove ell'era, disse: "Io sono tanto vecchio, che spesso la morte mi tira per la cappa perché io vadia seco, e questa mia persona cascherà un dì come questa lucerna, e sarà spento il lume della vita". Con tutto ciò aveva piacere di certe sorte uomini a suo gusto, come il Menighella pittore dozzinale e goffo di Valdarno, che era persona piacevolissima, il quale veniva talvolta a Michelagnolo che gli facessi un disegno di San Rocco, di Santo Antonio per dipignere a' contadini. Michelagnolo che era dificile a lavorare per i re, si metteva giù lassando stare ogni lavoro, e gli faceva disegni semplici accomodati alla maniera e volontà, come diceva Menighella, e fra l'altre gli fece fare un modello d'un Crocifisso, che era bellissimo, sopra il quale vi fece un cavo, e ne formava di cartone e d'altre mesture, et in contado gli andava vendendo, che Michelagnolo crepava delle risa; massime che gli intraveniva di bei casi, come con un villano, il quale gli fece dipignere S. Francesco, e dispiaciutoli che 'l Menighella gli aveva fatto la vesta bigia, che l'arebbe voluta di più bel colore, il Menighella gli fece in dosso un piviale di broccato, e lo contentò. Amò parimente Topolino scarpellino, il quale aveva fantasia d'essere valente scultore, ma era debolissimo. Costui stette nelle montagne di Carrara molti anni a mandar marmi a Michelagnolo, né arebbe mai mandato una scafa carica che non avessi mandato sopra tre o quattro figurine bozzate di sua mano, che Michelagnolo moriva delle risa. Finalmente ritornato, et avendo bozzato un Mercurio in un marmo, si messe Topolino a finirlo, et un dì che ci mancava poco, volse Michelagnolo lo vedessi e strettamente operò li dicessi l'openion sua. "Tu sei un pazzo, Topolino", gli disse Michelagnolo "a volere far figure, non vedi che a questo Mercurio dalle ginocchia alli piedi ci manca più di un terzo di braccio, che gli è nano, e che tu l'hai storpiato?". "O questo non è niente, s'ella non ha altro io ci rimedierò, lassate fare a me." Rise di nuovo della semplicità sua Michelagnolo, e partito, prese un poco di marmo Topolino e tagliato il Mercurio sotto le ginocchia un quarto, lo incassò nel marmo e lo comesse gentilmente, facendo un paio di stivaletti a Mercurio, che il fine passava la commettitura e lo allungò il bisogno: che fatto venire poi Michelagnolo e mostrogli l'opera sua di nuovo, rise e si maravigliò che tali goffi stretti dalla necessità piglion di quelle resoluzioni che non fanno i valenti uomini.