E per cominciarmi da un capo, nel vano della prima cappella, che è a canto all'altare maggiore andando verso la sagrestia vecchia, era un quadro alto braccia sei e lungo otto, nel quale con nuova e quasi poetica invenzione era Michelagnolo in mezzo, come giunto ne' campi Elisii, dove gl'erano da man destra assai maggiori che il naturale i più famosi e que' tanto celebrati pittori e scultori antichi, ciascuno de' quali si conosceva a qualche notabile segno: Praxitele al Satiro che è nella vigna di papa Giulio Terzo, Apelle al ritratto d'Alessandro Magno, Zeusi a una tavoletta dove era figurata l'uva che ingannò gl'uccelli, e Parrasio con la finta coperta del quadro di pittura. E così come [questi] a questi, così gl'altri ad altri segni erano conosciuti. A man manca erano quegli che in questi nostri secoli da Cimabue in qua sono stati in queste arti illustri: onde vi si conosceva Giotto a una tavoletta in cui si vedeva il ritratto di Dante giovanetto, nella maniera che in Santa Croce si vede essere stato da esso Giotto dipinto; Masaccio al ritratto di naturale; Donatello similmente al suo ritratto et al suo Zuccone del campanile che gl'era a canto; e Filippo Brunelleschi al ritratto della sua cupola di Santa Maria del Fiore. Ritratti poi di naturale, senz'altri segni, vi erano fra' Filippo, Taddeo Gaddi, Paulo Uccello, fra' Giovan Agnolo, Iacopo Puntormo, Francesco Salviati et altri; i quali tutti con le medesime accoglienze che gl'antichi e pieni di amore e maraviglia gl'erano intorno, in quel modo stesso che ricevettero Virgilio gl'altri poeti nel suo ritorno, secondo la finzione del divino poeta Dante, dal quale essendosi presa l'invenzione, si tolse anco il verso che in un breve si leggeva sopra, et in una mano del fiume Arno, che a' piedi di Michelagnolo con attitudine e fattezze bellissime giaceva:
Tutti l'ammiran, tutti onor gli fanno.
Il qual quadro di mano di Alessandro Allori allievo del Bronzino, pittore eccellente e non indegno discepolo e creato di tanto maestro, fu da tutti coloro che il videro, sommamente lodato. Nel vano della cappella del Santissimo Sacramento, in testa della crocera era, in un quadro lungo braccia 5 e largo 4, intorno a Michelagnolo tutta la scuola dell'arti, puttini, fanciulli e giovani di ogni età insino a 24 anni, i quali, come a cosa sacra e divina, offerivano le primizie delle fatiche loro, cioè pitture, sculture e modelli a lui, che gli riceveva cortesemente e gl'ammaestrava nelle cose dell'arti, mentre eglino attentissimamente l'ascoltavano e guardavano con attitudini e volti veramente belli e graziatissimi. E per vero dire non poteva tutto il componimento di questo quadro essere in un certo modo meglio fatto, né in alcuna delle figure alcuna cosa più bella disiderarsi; onde Batista allievo del Puntormo, che l'avea fatto, fu infinitamente lodato. Et i versi che si leggevano a' piè di detta storia dicevano così:
Tu pater, tu rerum inventor, tu patria nobis
suppeditas praecepta, tuis ex, inclite, chartis.
Venendosi poi dal luogo dove era il detto quadro verso le porte principali della chiesa, quasi a canto e prima che si arrivasse all'organo, nel quadro che era nel vano d'una cappella, lungo 6 et alto 4 braccia, era dipinto un grandissimo e straordinario favore, che alla rara virtù di Michelagnolo fece papa Giulio Terzo. Il quale volendosi servire in certe fabbriche del giudizio di tant'uomo, l'ebbe a sé nella sua vigna, dove fattoselo sedere allato, ragionarono buona pezza insieme, mentre cardinali, vescovi et altri personaggi di corte che avevano intorno, stettono sempre in piedi. Questo fatto dico si vedeva con tanto buona composizione e con tanto rilievo essere stato dipinto e con tanta vivacità e prontezza di figure, che per aventura non sarebbe migliore uscito delle mani d'uno eccellente vecchio e molto esercitato maestro. Onde Iacopo Zucchi giovane et allievo di Giorgio Vasari, che lo fece con bella maniera, mostrò che di lui si poteva onoratissima riuscita sperare.
Non molto lontano a questo in sulla medesima mano, cioè poco di sotto all'organo, aveva Giovanni Strada fiamingo, valente pittore, in un quadro lungo 6 braccia et alto 4, dipinto quando Michelagnolo nel tempo dell'assedio di Firenze andò a Vinezia: dove standosi nell'appartato di quella nobilissima città che si chiama la Giudecca, Andrea Gritti doge e la Signoria mandarono alcuni gentiluomini et altri a visitarlo e fargli offerte grandissime; nella quale cosa esprimere mostrò il detto pittore, con suo molto onore, gran giudizio e molto sapere, così in tutto il componimento, come in ciascuna parte di esso, perché si vedevano nell'attitudini e vivacità de' volti e ne' movimenti di ciascuna figura invenzione, disegno e bonissima grazia.
Ora tornando all'altare maggiore e volgendo verso la sagrestia nuova, nel primo quadro che si truovava, il quale veniva a essere nel vano della prima cappella, era di mano di Santi Tidi, giovane di bellissimo giudizio e molto esercitato nella pittura in Firenze et in Roma, un altro segnalato favore stato fatto alla virtù di Michelagnolo, come credo aver detto di sopra, dall'illustrissimo signor don Francesco Medici, principe di Firenze, il quale trovandosi in Roma circa tre anni avanti che Michelagnolo morisse, et essendo da lui visitato, subito che entrò esso Buonarruoto si levò il principe in piede, et appresso per onorare un tant'uomo e quella veramente reverenda vecchiezza, colla maggior cortesia che mai facesse giovane principe volle (comeché Michelagnolo, il quale era modestissimo, recusasse) che sedesse nella sua propria sedia, onde s'era egli stesso levato, e stando poi in piedi udirlo con quella attenzione e reverenza che sogliono i figliuoli un ottimo padre. A' piè del principe era un putto, condotto con molta diligenza, il quale aveva un mazzocchio o vero berretta ducale in mano, e d'intorno a loro erano alcuni soldati vestiti all'antica, e fatti con molta prontezza e bella maniera. Ma sopra tutte l'altre erano benissimo fatti e molto vivi e pronti il Principe e Michelagnolo, in tanto che parea veramente che il vecchio proferisse le parole et il giovane attentissimamente l'ascoltasse. In un altro quadro alto braccia 9 e lungo 12, il quale era dirimpetto alla cappella del Sacramento, Bernardo Timante Buontalenti, pittore molto amato e favorito dall'illustrissimo Principe, aveva con bellissima invenzione figurati i fiumi delle tre principali parti del mondo, come venuti tutti mesti e dolenti a dolersi con Arno del comune danno e consolarlo. I detti fiumi erano il Nilo, il Gange et il Po. Aveva per contrasegno il Nilo un coccodrillo e per la fertilità del paese una ghirlanda di spighe; il Gange l'uccel grifone et una ghirlanda di gemme, et il Po un cigno et una corona d'ambre nere. Questi fiumi guidati in Toscana dalla Fama, la quale si vedeva in alto quasi volante, si stavano intorno a Arno, coronato di cipresso e tenente il vaso asciutto et elevato con una mano, e nell'altra un ramo d'arcipresso e sotto sé un lione. E per dimostrare l'anima di Michelagnolo essere andata in cielo alla somma felicità, aveva finto l'accorto pittore uno splendore in aria significante il celeste lume, al quale in forma d'Angioletto s'indirizzava la benedetta anima, con questo verso lirico:
Vivens orbe peto laudibus aethera.
Dagli lati sopra due basi erano due figure in atto di tenere aperta una cortina, dentro la quale pareva che fussero i detti fiumi, l'anima di Michelagnolo e la Fama; e ciascuna delle dette due figure n'aveva sotto un'altra. Quella che era a man ritta de' fiumi, figurata per Vulcano, aveva una face in mano, la figura che gli aveva il collo sotto i piedi figurata per l'Odio in atto disagioso e quasi fatigante per uscirgli di sotto, aveva per contrasegno un avoltoio con questo verso:
Surgere quid properas, Odium crudele? Iaceto.
E questo perché le cose sopr'umane e quasi divine non deono in alcun modo essere né odiate né invidiate. L'altra fatta per Aglaia, una delle tre Grazie e moglie di Vulcano, per significare la Proporzione, aveva in mano un giglio, sì perché i fiori sono dedicati alle Grazie, e sì ancora perché si dice il giglio non disconvenirsi ne' mortorii. La figura che sotto questa giaceva e la quale era finta per la Sproporzione, aveva per contrasegno una scimia o vero bertuccia, e sopra questo verso: