IL FINE DELLA VITA DI MICHELAGNOLO BUONARRUOTI PITTORE, SCULTORE ET ARCHITETTO FIORENTINO
DESCRIZIONE DELL'OPERE DI FRANCESCO PRIMATICCIO BOLOGNESE ABATE DI S. MARTINO PITTORE ET ARCHITETTO
Avendo in fin qui trattato de' nostri artefici, che non sono più vivi fra noi, cioè di quelli che sono stati dal milledugento insino a questo anno 1567 e posto nell'ultimo luogo Michelagnolo Buonarruoti per molti rispetti, se bene due o tre sono mancati dopo lui, ho pensato che non possa essere se non opera lodevole far parimente menzione in questa nostra opera di molti nobili artefici che sono vivi, e per i loro meriti degnissimi di molta lode, e di essere in fra questi ultimi annoverati. Il che fo tanto più volentieri quanto tutti mi sono amicissimi e fratelli, e già i tre principali tant'oltre con gl'anni, che essendo all'ultima vecchiezza pervenuti, si può poco altro da loro sperare, come che si vadano, per una certa usanza, in alcuna cosa ancora adoperando. Appresso ai quali farò anco brevemente menzione di coloro che sotto la loro disciplina sono tali divenuti, che hanno oggi fra gl'artefici i primi luoghi, e d'altri che similmente caminano alla perfezzione delle nostre arti.
Cominciandomi dunque da Francesco Primaticcio, per dir poi di Tiziano Vecello et Iacopo Sansovini, dico che detto Francesco, essendo nato in Bologna della nobile famiglia de' Primaticci, molto celebrata da fra' Leandro Alberti e dal Pontano, fu indirizzato nella prima fanciullezza alla mercatura, ma piacendogli poco quell'esercizio, indi a non molto, come di animo e spirito elevato, si diede ad esercitare il disegno, al quale si vedeva essere da natura inclinato. E così attendendo a disegnare, e talora a dipignere, non passò molto, che diede saggio d'avere a riuscire eccellente. Andando poi a Mantoa, dove allora lavorava Giulio Romano il palazzo del T al duca Federigo, ebbe tanto mezzo, ch'e' fu messo in compagnia di molti altri giovani che stavano con Giulio a lavorare in quell'opera. Dove, attendendo lo spazio di sei anni con molta fatica e diligenza agli studii dell'arte, imparò a benissimo maneggiare i colori e lavorare di stucco; onde fra tutti gl'altri giovani, che nell'opera detta di quel palazzo s'affaticarono, fu tenuto Francesco de' migliori e quelli che meglio disegnasse e colorisse di tutti, come si può vedere in un camerone grande, nel quale fece intorno due fregiature di stucco una sopra l'altra, con una grande abondanza di figure, che rappresentano la milizia antica de' Romani. Parimente nel medesimo palazzo condusse molte cose che vi si veggiono di pittura, con i disegni di Giulio sopra detto, per le quali cose venne il Primaticcio in tanta grazia di quel Duca, che avendo il re Francesco di Francia inteso con quanti ornamenti avesse fatto condurre l'opera di quel palazzo, e scrittogli che per ogni modo gli mandasse un giovane il quale sapesse lavorare di pitture e di stucco, gli mandò esso Francesco Primaticcio l'anno 1531. Et ancor che fusse andato l'anno innanzi al servigio del medesimo Re il Rosso pittore fiorentino, come si è detto, e vi avesse lavorato molte cose e particolarmente quadri del Bacco e Venere, di Psiche e Cupido, nondimeno i primi stucchi che si facessero in Francia et i primi lavori a fresco di qualche conto ebbero, si dice, principio dal Primaticcio, che lavorò di questa maniera molte camere, sale e logge al detto re; al quale piacendo la maniera et il procedere in tutte le cose di questo pittore, lo mandò l'anno 1540 a Roma a procacciare d'avere alcuni marmi antichi, nel che lo servì con tanta diligenza il Primaticcio, che fra teste, torsi e figure ne comperò in poco tempo centoventicinque pezzi. Et in quel medesimo tempo fece formare da Iacopo Barozzi da Vignuola et altri il cavallo di bronzo che è in Campidoglio; una gran parte delle storie della colonna; la statua del Commodo, la Venere, il Laoconte, il Tevere, il Nilo e la statua di Cleopatra, che sono in Belvedere, per gettarle tutte di bronzo.
Intanto essendo in Francia morto il Rosso, e per ciò rimasa imperfetta una lunga galleria, stata cominciata con suoi disegni et in gran parte ornata di stucchi e di pitture, fu richiamato da Roma il Primaticcio; per che imbarcatosi con i detti marmi e cavi di figure antiche, se ne tornò in Francia, dove innanzi ad ogni altra cosa gettò, secondo che erano in detti cavi e forme, una gran parte di quelle figure antiche; le quali vennono tanto bene, che paiano le stesse antiche, come si può vedere là dove furono poste nel giardino della Reina a Fontanableò, con grandissima sodisfazione di quel Re, che fece in detto luogo quasi una nuova Roma. Ma non tacerò che ebbe il Primaticcio, in far le dette statue, maestri tanto eccellenti nelle cose del getto, che quell'opere vennero, non pure sottili, ma con una pelle così gentile, che non bisognò quasi rinettarle. Ciò fatto, fu commesso al Primaticcio che desse fine alla galleria che il Rosso aveva lasciata imperfetta, onde messovi mano, la diede in poco tempo finita con tanti stucchi e pitture, quante in altro luogo siano state fatte già mai; per che trovandosi il Re ben servito nello spazio di otto anni, che aveva per lui lavorato costui, lo fece mettere nel numero de' suoi camerieri e poco appresso, che fu l'anno 1544, lo fece, parendogli che Francesco il meritasse, abate di San Martino. Ma con tutto ciò non ha mai restato Francesco di fare lavorare molte cose di stucco e di pitture in servigio del suo Re e degl'altri, che dopo Francesco Primo hanno governato quel regno. E fra gl'altri che in ciò l'hanno aiutato, l'ha servito, oltre molti de' suoi bolognesi, Giovambatista figliuolo di Bartolomeo Bagnacavallo, il quale non è stato manco valente del padre in molti lavori e storie, che ha messo in opera del Primaticcio. Parimente l'ha servito assai tempo un Ruggieri da Bologna, che ancora sta con esso lui; similmente Prospero Fontana, pittore bolognese, fu chiamato in Francia non ha molto dal Primaticcio, che disegnava servirsene; ma essendovi subito che fu giunto amalato con pericolo della vita, se ne tornò a Bologna. E per vero dire questi due, cioè il Bagnacavallo et il Fontana, sono valent'uomini, et io che dell'uno e dell'altro mi sono assai servito - cioè del primo a Roma e del secondo a Rimini et a Fiorenza - lo posso con verità affermare.
Ma fra tutti coloro che hanno aiutato l'abate Primaticcio, niuno gli ha fatto più onore di Niccolò da Modena, di cui si è altra volta ragionato, perciò che costui con l'eccellenza della sua virtù ha tutti gl'altri superato, avendo condotto di sua mano, con i disegni dell'abate, una sala, detta del ballo, con tanto gran numero di figure, che appena pare che si possano numerare, e tutte grandi quanto il vivo e colorite d'una maniera chiara, che paiano con l'unione de' colori a fresco, lavorate a olio. Dopo quest'opera ha dipinto nella gran galleria, pur con i disegni dell'abate, sessanta storie della vita e fatti d'Ulisse, ma di colorito molto più scuro che non son quelle della sala del ballo. E ciò è avvenuto però che non ha usato altro colore, che le terre in quel modo schiette ch'elle sono prodotte dalla natura, senza mescolarvi si può dire bianco, ma cacciate ne' fondi tanto terribilmente di scuro, che hanno una forza e rilievo grandissimo. Et oltre ciò l'ha condotte con una sì fatta unione per tutto, che paiono quasi fatte tutte in un medesimo giorno, onde merita lode straordinaria e massimamente avendole condotte a fresco senza averle mai ritocche a secco, come oggi molti costumano di fare. La volta similmente di questa galleria è tutta lavorata di stucchi e di pitture, fatte con molta diligenza dai sopra detti et altri pittori giovani, ma però con i disegni dell'abate, sì come è anco la sala vecchia et una bassa galleria, che è sopra lo stagno, la quale è bellissima e meglio e di più bell'opere ornata, che tutto il rimanente di quel luogo, del qual troppo lunga cosa sarebbe voler pienamente ragionare.