Выбрать главу

Bramante adunque, desiderando che 'l Sansovino fusse noto a papa Iulio, ordinò di fargli aconciare alcune anticaglie. Onde egli messovi mano mostrò nel rassettarle tanta grazia e diligenza, che 'l Papa e chiunque le vidde giudicò che non si potesse far meglio. Le quali lode, perché avanzasse se stesso, spronarono di maniera il Sansovino, che datosi oltra modo alli studii, essendo anco gentiletto di complessione, con qualche trasordine addosso di quelli che fanno i giovani, s'amalò di maniera, che fu forzato per salute della vita ritornare a Fiorenza, dove giovandoli l'aria nativa, l'aiuto d'esser giovane e la diligenzia e cura de' medici, guarì del tutto in poco tempo. Per lo che parve a Messer Piero Pitti, il quale procurava allora che nella facciata dove è l'oriuolo di Mercato Nuovo in Firenze si dovesse fare una Nostra Donna di marmo, che essendo in Fiorenza molti giovani valenti et ancora maestri vecchi, si dovesse dare quel lavoro a chi di questi facesse meglio un modello. Là dove fattone fare uno a Baccio da Montelupo, un altro a Zaccheria Zatii da Volterra, che era anch'egli il medesimo anno tornato a Fiorenza, un altro a Baccio Bandinelli et un altro al Sansovino, posti in giudizio, fu da Lorenzo Credi, pittore eccellente e persona di giudizio e di bontà, dato l'onore e l'opera al Sansovino, e così dagl'altri giudici, artefici et intendenti. Ma se bene gli fu perciò allogata questa opera, fu nondimeno indugiato tanto a provedergli e condurgli il marmo per opera et invidia d'Averardo da Filicaia, il quale favoriva grandemente il Bandinello et odiava il Sansovino, che veduta quella lunghezza, fu da altri cittadini ordinato che dovesse fare uno degl'Apostoli di marmo grandi che andavano nella chiesa di Santa Maria del Fiore. Onde fatto il modello d'un San Iacopo, il quale modello ebbe, finito che fu l'opera, Messer Bindo Altoviti, cominciò quella figura e continovando di lavorarla con ogni diligenzia e studio, la condusse a fine tanto perfettamente, che ella è figura miracolosa e mostra in tutte le parti essere stata lavorata con incredibile studio e diligenzia ne' panni, nelle braccia e mani traforate e condotte con tant'arte e con tanta grazia, che non si può nel marmo veder meglio. Onde il Sansovino mostrò in che modo si lavoravano i panni traforati, avendo quelli condotti tanto sottilmente e sì naturali, che in alcuni luoghi ha campato nel marmo la grossezza che 'l naturale fa nelle pieghe et in su' lembi e nella fine de' vivagni del panno: modo dificile, e che vuole gran tempo e pacienza a volere che riesca in modo che mostri la perfezzione dell'arte; la quale figura è stata nell'Opera da quel tempo che fu finita dal Sansovino fin a l'anno 1565. Nel qual tempo del mese di dicembre fu messa nella chiesa di Santa Maria del Fiore, per onorare la venuta della reina Giovanna d'Austria, moglie di don Francesco de' Medici principe di Fiorenza e di Siena, dove è tenuta cosa rarissima, insieme con gli altri Apostoli pure di marmo, fatti a concorrenzia da altri artefici, come s'è detto nelle vite loro.

Fece in questo tempo medesimo per Messer Giovanni Gaddi una Venere di marmo in sur un nicchio, bellissima, sì come era anco il modello che era in casa Messer Francesco Montevarchi, amico di queste arti, e gli mandò male per l'innundazione del fiume d'Arno l'anno 1558. Fece ancora un putto di stoppa et un cecero bellissimo quanto si può di marmo per il medesimo Messer Giovanni Gaddi con molt'altre cose, che sono in casa sua, et a Messer Bindo Altoviti fece fare un camino di spesa grandissima, tutto di macigno intagliato da Benedetto da Rovezzano, che fu posto nelle case sue di Firenze; dove al Sansovino fece fare una storia di figure piccole per metterla nel fregio di detto camino, con Vulcano et altri dei, che fu cosa rarissima. Ma molto più begli sono due putti di marmo che erano sopra il fornimento di questo camino, i quali tenevano alcune arme delli Altoviti in mano, i quali ne sono stati levati dal signor don Luigi di Toledo, che abita la casa di detto Messer Bindo, e posti intorno a una fontana nel suo giardino in Fiorenza dietro a' frati de' Servi. Due altri putti pur di marmo di straordinaria bellezza sono di mano del medesimo in casa Giovanfrancesco Ridolfi, i quali tengono similmente un'arme.

Le quali tutte opere feciono tenere il Sansovino da tutta Fiorenza e da quelli dell'arte eccellentissimo e grazioso maestro. Per lo che Giovanni Bartolini, avendo fatto murare nel suo giardino di Gualfonda una casotta, volse che il Sansovino gli facesse di marmo un Bacco giovinetto quanto il vivo, per che dal Sansovino fattone il modello, piacque tanto a Giovanni, che fattogli consegnare il marmo, Iacopo lo cominciò con tanta voglia, che lavorando volava con le mani e con l'ingegno. Studiò dico quest'opera di maniera, per farla perfetta, che si mise a ritrarre dal vivo ancor che fusse di verno un suo garzone, chiamato Pippo del Fabbro, facendolo stare ignudo buona parte del giorno, il quale Pippo sarebbe riuscito valente uomo perché si sforzava con ogni fatica d'imitare il maestro. Ma o fusse lo stare nudo e con la testa scoperta in quella stagione, o pure il troppo studiare e patir disagi, non fu finito il Bacco, che egli impazzò in sulla maniera del fare l'attitudini, e lo mostrò, perché un giorno che pioveva dirottamente, chiamando il Sansovino Pippo et egli non rispondendo, lo vidde poi salito sopra il tetto in cima d'un camino, ignudo, che faceva l'attitudine del suo Bacco; altre volte pigliando lenzuola o altri panni grandi, e' quali bagnati se gli recava adosso all'ignudo come fusse un modello di terra o cenci et acconciava le pieghe, poi salendo in certi luoghi strani et arrecandosi in attitudini or d'una or d'altra maniera, di profeta, d'apostolo, di soldato o d'altro, si faceva ritrarre, stando così lo spazio di due ore senza favellare e non altrimenti che se fusse stato una statua immobile. Molte altre simili piacevoli pazzie fece il povero Pippo, ma sopra tutto mai non si poté dimenticare il Bacco che avea fatto il Sansovino, se non quando in pochi anni si morì.

Ma tornando alla statua, condotta che fu a fine fu tenuta la più bella opera che fusse mai fatta da maestro moderno, atteso che 'l Sansovino mostrò in essa una difficultà, non più usata, nel fare spiccato intorno intorno un braccio in aria che tiene una tazza del medesimo marmo traforata tra le dita, tanto sottilmente che se ne tien molto poco, oltre che per ogni verso è tanto ben disposta et accordata quella attitudine e tanto ben proporzionate e belle le gambe e le braccia attaccate a quel torso, che pare nel vederlo e toccarlo molto più simile alla carne. In tanto che quel nome che gl'ha, da chi lo vede se gli conviene, et ancor molto più. Quest'opera dico, finita che fu, mentre che visse Giovanni fu visitata in quel cortile di Gualfonda da tutti i terrazzani e forestieri, e molto lodata.

Ma poi essendo Giovanni morto, Gherardo Bartolini suo fratello la donò al duca Cosimo, il quale come cosa rara la tiene nelle sue stanze con altre bellissime statue che ha di marmo. Fece al detto Giovanni un Crocifisso di legno molto bello, che è in casa loro, e molte cose antiche e di man di Michelagnolo. Avendosi poi l'anno 1514 a fare un ricchissimo apparato in Fiorenza per la venuta di papa Leone X, fu dato ordine dalla Signoria e da Giuliano de' Medici che si facessero molti archi trionfali di legno in diversi luoghi della città. Onde il Sansovino non solo fece i disegni di molti, ma tolse in compagnia di Andrea del Sarto a fare egli stesso la facciata di Santa Maria del Fiore, tutta di legno, con statue e con istorie et ordine d'architettura, nel modo a punto che sarebbe ben fatto ch'ella stesse, per torne via quello che vi è di componimento et ordine tedesco; per che messovi mano (per non dire ora alcuna cosa della coperta di tela, che per San Giovanni et altre feste solennissime soleva coprire la piazza di Santa Maria del Fiore e di esso San Giovanni, essendosi di ciò in altro luogo favellato a bastanza), dico che sotto queste tende aveva ordinato il Sansovino la detta facciata di lavoro corinto, e che fattala a guisa d'arco trionfale, aveva messo sopra un grandissimo imbasamento da ogni banda le colonne doppie con certi nicchioni fra loro pieni di figure tutte tonde, che figuravano gl'Apostoli, e sopra erano alcune storie grandi di mezzo rilievo, finte di bronzo, di cose del Vecchio Testamento, alcune delle quali ancora si veggiono lungarno in casa de' Lanfredini. Sopra seguitavano gl'architravi, fregi e cornicioni, che risaltavano, et appresso varii e bellissimi frontespizii. Negl'angoli poi degl'archi, nelle grossezze e sotto, erano storie dipinte di chiaro scuro di mano d'Andrea del Sarto, e bellissime. Et in somma questa opera del Sansovino fu tale, che veggendola papa Leone disse che era un peccato che così fatta non fusse la vera facciata di quel tempio, che fu cominciata da Arnolfo tedesco.