Fece il medesimo Sansovino nel detto apparato per la venuta di Leone X, oltre la detta facciata, un cavallo di tondo rilievo, tutto di terra e cimatura, sopra un basamento murato, in atto di saltare e con una figura sotto di braccia nove. La quale opera fu fatta con tanta bravura e fierezza, che piacque e fu molto lodata da papa Leone, onde esso Sansovino fu da Iacopo Salviati menato a baciare i piedi al Papa, che gli fece molte carezze. Partito il Papa di Firenze et abboccatosi a Bologna con il re Francesco Primo di Francia, si risolvé tornarsene a Firenze, onde fu dato ordine al Sansovino che facesse un arco trionfale alla porta San Gallo, onde egli non discordando punto da se medesimo, lo condusse simile all'altre cose che aveva fatte, cioè bello a maraviglia, pieno di statue e di quadri di pitture ottimamente lavorati. Avendo poi deliberato Sua Santità che si facesse di marmo la facciata di San Lorenzo, mentre che s'aspettava da Roma Raffaello da Urbino et il Buonarruoto, il Sansovino d'ordine del Papa fece un disegno di quella, il quale piacendo assai ne fu fatto fare da Baccio d'Agnolo un modello di legno bellissimo. Et intanto avendone fatto un altro il Buonarruoto, fu a lui et al Sansovino ordinato che andassero a Pietra Santa; dove avendo trovati molti marmi, ma difficili a condursi, persono tanto tempo, che tornati a Firenze trovarono il Papa partito per Roma. Per che andatigli amendue dietro con i loro modelli ciascuno da per sé, giunse a punto Iacopo quando il modello del Buonarruoto si mostrava a Sua Santità in Torre Borgia; ma non gli venne fatto quello che si pensava, perciò che, dove credeva di dovere almeno sotto Michelagnolo far parte di quelle statue, che andavano in detta opera, avendogliene fatto parole il Papa e datogliene intenzione Michelagnolo, s'avide giunto in Roma che esso Buonarruoto voleva essere solo.
Tuttavia, essendosi condotto a Roma, per non tornarsene a Firenze invano, si risolvé fermarsi in Roma e quivi attendere alla scultura et architettura. E così avendo tolta a fare per Giovanfrancesco Martelli fiorentino una Nostra Donna di marmo, maggiore del naturale, la condusse bellissima col putto in braccio, e fu posta sopra un altare dentro alla porta principale di Santo Agostino quando s'entra a man ritta. Il modello di terra della quale statua donò al priore di Roma de' Salviati, che lo pose in una cappella del suo palazzo, sul canto della piazza di San Piero al principio di Borgo Nuovo. Fece poi, non passò molto, per la cappella che aveva fatta fare il reverendissimo cardinale Albonrense nella chiesa delli Spagnuoli in Roma, sopra l'altare una statua di marmo di braccia quattro oltra modo lodatissima, d'un San Iacopo, il quale ha una movenzia molto graziosa et è condotto con perfezzione e giudizio, onde gli arecò grandissima fama, e mentre che faceva queste statue, fece la pianta e modello e poi cominciò a fare murare la chiesa di San Marcello de' frati de' Servi, opera certo bellissima. E seguitando d'essere adoperato nelle cose d'architettura, fece a Messer Marco Coscia una loggia bellissima sulla strada che va a Roma, a Ponte Molle nella via Appia; per la Compagnia del Crocifisso della chiesa di San Marcello un Crocifisso di legno da portare a processione molto grazioso, e per Antonio cardinale di Monte cominciò una gran fabbrica alla sua vigna fuor di Roma, in su l'Acqua vergine. E forse è di mano di Iacopo un molto bel ritratto di marmo di detto cardinal vecchio di Monte, che oggi è nel palazzo del signor Fabiano al Monte San Savino sopra la porta della camera principale di sala. Fece fare ancora la casa di Messer Luigi Leoni molto comoda, et in Banchi un palazzo, che è dalla casa de' Gaddi, il quale fu poi compero da Filippo Strozzi, che certo è comodo e bellissimo e con molti ornamenti.
Essendosi in questo tempo col favore di papa Leone levato sù la nazione fiorentina, a concorrenzia de' Tedeschi e delli Spagnuoli e de' Franzesi, i quali avevono chi finito e chi cominciato in Roma le chiese delle loro nazioni e quelle fatte adornare e cominciate a sfiziare solennemente, aveva chiesto di poter fare ancor essa una chiesa. Di che avendo dato ordine il Papa a Lodovico Capponi, allora consolo della nazione, fu deliberato che dietro Banchi al principio di strada Iulia in sulla riva del Tevere, si facesse una grandissima chiesa e si dedicasse a San Giovanni Batista, la quale per magnificenza, grandezza, spesa, ornamenti e disegno, quella di tutte l'altre nazioni avanzasse. Concorrendo dunque in fare disegni per quest'opera, Raffaello da Urbino, Antonio da San Gallo e Baldassarre da Siena et il Sansovino, veduto che il Papa ebbe i disegni di tutti, lodò come migliore quello del Sansovino, per avere egli oltre all'altre cose fatto su quattro canti di quella chiesa per ciascuno una tribuna e nel mezzo una maggiore tribuna, simile a quella pianta che Sebastiano Serlio pose nel suo secondo libro di architettura. Là onde, concorrendo col volere del Papa tutti i capi della nazione fiorentina con molto favore del Sansovino, si cominciò a fondare una parte di questa chiesa, lunga tutta ventidue canne; ma non vi essendo spazio e volendo pur fare la facciata di detta chiesa in sulla dirittura delle case di strada Iulia, erano necessitati entrare nel fiume del Tevere almeno quindici canne, il che piacendo a molti, per essere maggiore spesa e più superba il fare i fondamenti nel fiume, si mise mano a farli e vi spesero più di quarantamila scudi, che sarebbono bastanti a fare la metà della muraglia della chiesa. Intanto il Sansovino che era capo di questa fabbrica, mentre che di mano in mano si fondava, cascò, e fattosi male d'importanza, si fece dopo alcuni giorni portare a Fiorenza per curarsi, lasciando a quella cura, come s'è detto, per fondare il resto Antonio da San Gallo. Ma non andò molto, che avendo per la morte di Leone perduto la nazione uno apoggio sì grande et un principe tanto splendido, si abandonò la fabrica per quanto durò la vita di papa Adriano VI; poi creato Clemente, per seguitare il medesimo ordine e disegno fu ordinato che il Sansovino ritornasse e seguitasse quella fabrica nel medesimo modo che l'aveva ordinata prima, e così fu rimesso mano a lavorare. Et intanto egli prese a fare la sepoltura del cardinale d'Aragonia, e quella del cardinale Aginense, e fatto già cominciare a lavorare i marmi per gli ornamenti, e fatti molti modelli per le figure, aveva già Roma in poter suo e faceva molte cose per tutti quei signori importantissime, quando Dio per castigo di quella città e per abassare la superbia delli abitatori di Roma permise che venisse Borbone con l'esercito, a' sei giorni di maggio 1527, e che fusse messo a sacco e ferro e fuoco tutta quella città; nella quale rovina, oltre a molti altri belli ingegni che capitarono male, fu forzato il Sansovino a partirsi con suo gran danno di Roma et a fuggirsi in Vinezia, per indi passare in Francia a' servigi del Re, dove era già stato chiamato. Ma trattenendosi in quella città per provedersi molte cose, che di tutte era spogliato, e mettersi a ordine, fu detto al principe Andrea Griti, il quale era molto amico alle virtù, che quivi era Iacopo Sansovino; onde venuto in desiderio di parlargli, perché a punto in que' giorni Domenico cardinale Grimani gli aveva fatto intendere che 'l Sansovino sarebbe stato a proposito per le cupole di San Marco, lor chiesa principale, le quali, e dal fondamento debole, e dalla vecchiaia, e da essere male incatenate, erano tutte aperte e minacciavano rovina, lo fece chiamare, e dopo molte accoglienze e lunghi ragionamenti avuti, gli disse che voleva, e ne lo pregava, che riparasse alla rovina di queste tribune, il che promise il Sansovino di fare e rimediarvi; e così, preso a fare quest'opera, vi fece mettere mano; et accomodato tutte l'armadure di drento e fatto travate a guisa di stelle, puntellò nel cavo del legno di mezzo tutti i legni che tenevano il cielo della tribuna, e con cortine di legnami le ricinse di drento in guisa, che poi di fuora e con catene di ferro stringendole e rinfiancandole con altri muri, e di sotto facendo nuovi fondamenti a' pilastri che le reggevano, le fortificò et asicurò per sempre. Nel che fare fece stupire Vinezia e restare sodisfatto non pure il Gritti, e, che fu più, a quello serenissimo senato rendé tanta chiarezza della virtù sua, che essendo (finita l'opera) morto il protomaestro de' signori procuratori di San Marco, che è il primo luogo che danno quei signori agli ingegnieri et architetti loro, lo diedero a lui con la casa solita e con provisione assai conveniente. Là dove, accettatolo il Sansovino ben volentieri e fermato l'animo, divenne capo di tutte le fabbriche loro, con suo onore e commodo. Fece dunque primamente la fabbrica publica della Zecca, la quale egli disegnò e spartì dentro con tanto ordine e comodità per servizio e comodo di tanti manifattori, che non è in luogo nessuno un erario tanto bene ordinato, né con maggior fortezza di quello, il quale adornò tutto con ordine rustico molto bello, il quale modo, non si essendo usato prima in quella città, rese maraviglia assai agli uomini di quel luogo. Per lo che, conosciuto l'ingegno del Sansovino essere per servizio di quella città atto a ogni loro bisogno, lo feciono attendere molti anni alle fortificazioni dello stato loro. Né passò molto, che seguitò per ordine del Consiglio de' Dieci la bellissima e ricchissima fabrica della libreria di San Marco incontro al palazzo della Signoria, con tanto ordine d'intaglio, di cornici, di colonne, capitegli e mezze figure per tutta l'opera, che è una maraviglia. E tutto si è fatto senza risparmio niuno di spesa, onde costa infino a oggi centocinquantamila ducati et è tenuto molto in pregio in quella città per essere piena di ricchissimi pavimenti, di stucchi e di storie per le sale di quel luogo, e scale publiche adornate di varie pitture, come s'è ragionato nella vita di Batista Franco, oltre a molte altre belle comodità e ricchi ornamenti che ha nella entrata della porta principale, che rendono e maestà e grandezza, mostrando la virtù del Sansovino; il qual modo di fare fu cagione che in quella città, nella quale infino allora non era entrato mai modo se non di fare le case et i palazzi loro con un medesimo ordine, seguitando sempre ciascuno le medesime cose con la medesima misura et usanza vecchia, senza variare secondo il sito che si truovavano o secondo la comodità, fu cagione dico, che si cominciassero a fabricare con nuovi disegni e migliore ordine le cose publiche e le private. Et il primo palazzo che facesse fu quello di Messer Giorgio Cornaro, cosa bellissima e fatta con comodi et ornamenti condecenti, di spesa di scudi settantamila. Da che mosso un altro gentiluomo da Ca' Delfino, ne fece fare al Sansovino un altro minore con spesa di trentamila scudi, lodatissimo e bellissimo. E dopo fece quello del Moro con spesa di ventimila scudi, che fu similmente molto lodato, et appresso molti altri di minore spesa nella città e nel contado. In tanto che si può dire quella magnifica città oggi per quantità e qualità di sontuosi e bene intesi edifizii risplendere et essere in questa parte quello ch'ell'è per ingegno, industria e virtù di Iacopo Sansovino, che per ciò merita grandissima laude. Essendo con queste opere è stato cagione che i gentiluomini viniziani hanno condotta l'architettura moderna nella loro città, perciò che non solo vi si è fatto quello che è passato per le sue mani, ma molte, anzi infinite altre cose, che sono state condotte da altri maestri che là sono andati ad abitare et hannovi magnifiche cose operato.