A onore, dunque, di coloro che già sono morti, e benefizio di tutti gli studiosi principalmente di queste tre arti eccellentissime Architettura, Scultura e Pittura, scriverò le vite delli artefici di ciascuna, secondo i tempi che ei sono stati, di mano in mano da Cimabue insino a oggi; non toccando altro degli antichi, se non quanto facesse al proposito nostro, per non se ne poter dire più che se ne abbino detto quei tanti scrittori che sono pervenuti alla età nostra.
Tratterò bene di molte cose che si appartengono al magistero di qual si è l'una delle arti dette, ma prima che io venga a' segreti di quelle, o alla istoria delli artefici, mi par giusto toccare in parte una disputa nata e nutrita tra molti senza proposito, del principato e nobiltà, non dell'architettura, che questa hanno lasciata da parte, ma della scultura e della pittura, essendo per l'una e l'altra parte addotte, se non tutte, almeno molte ragioni degne di esser udite e per gl'artefici loro considerate.
Dico, dunque, che gli scultori, come dotati forse dalla natura e dall'esercizio dell'arte di miglior complessione, di più sangue e di più forze, e per questo più arditi e animosi de' pittori, cercando d'attribuir il più onorato grado all'arte loro, arguiscono e provano la nobiltà della scultura primieramente dall'antichità sua, per aver il grande Iddio fatto l'uomo, che fu la prima scultura; dicono che la scultura abbraccia molte più arti come congeneri e ne ha molte più sottoposte che la pittura: come il basso rilievo, il far di terra, di cera, o di stucco, di legno, d'avorio, il gettare de' metalli, ogni ceselamento, il lavorare d'incavo o di rilievo nelle pietre fini e negl'acciai, et altre molte, le quali e di numero e di maestria avanzano quelle della pittura. Et allegando ancora che quelle cose che si difendono più e meglio dal tempo, e più si conservano all'uso degl'uomini, a benefizio e servizio de' quali elle son fatte, sono senza dubbio più utili e più degne d'esser tenute care et onorate che non sono l'altre, affermano la scultura esser tanto più nobile della pittura, quanto ella è più atta a conservare e sé ed il nome di chi è celebrato da lei ne' marmi e ne' bronzi, contro a tutte l'ingiurie del tempo e dell'aria, che non è essa pittura; la quale di sua natura pure, non che per gl'accidenti di fuora, perisce nelle più riposte e più sicure stanze ch'abbino saputo dar loro gl'architettori. Vogliano eziandio che il minor numero loro, non solo degl'artefici eccellenti ma degl'ordinari, rispetto all'infinito numero de' pittori, arguisca la loro maggiore nobiltà; dicendo che la scultura vuole una certa migliore disposizione e d'animo e di corpo, che rado si truova congiunto insieme; dove la pittura si contenta d'ogni debole complessione, pur ch'abbia la man sicura se non gagliarda; e che questo intendimento loro si pruova similmente da' maggiori pregi citati particolarmente da Plinio, dagl'amori causati dalla maravigliosa bellezza di alcune statue e dal giudizio di colui che fece la statua della Scultura d'oro, e quella della Pittura d'argento, e pose quella alla destra e questa alla sinistra. Né lasciano ancora d'allegare le difficultà, prima, dell'aver la materia subietta, come i marmi e i metalli, e la valuta loro rispetto alla facilità dell'avere le tavole, le tele et i colori, a piccolissimi pregi et in ogni luogo; di poi l'estreme e gravi fatiche del maneggiar i marmi et i bronzi per la gravezza loro, e del lavorargli per quella degl'istrumenti, rispetto alla leggerezza de' pennegli, degli stili e delle penne, disegnatoi e carboni; oltra che di loro si affatica l'animo con tutte le parti del corpo; et è cosa gravissima rispetto alla quieta e leggera opera dell'animo e della mano sola del dipintore.
Fanno appresso grandissimo fondamento sopra l'essere le cose tanto più nobili e più perfette, quanto elle si accostano più al vero. E dicono che la scultura imita la forma vera, e mostra le sue cose, girandole intorno, a tutte le vedute; dove la pittura, per esser spianata con semplicissimi lineamenti di pennello, e non avere che un lume solo, non mostra che una apparenza sola. Né hanno rispetto a dire molti di loro, che la scultura è tanto superiore alla pittura, quanto il vero alla bugia. Ma per la ultima e più forte ragione, adducono che allo scultore è necessario non solamente la perfezione del giudizio ordinaria come al pittore, ma assoluta e subìta, di maniera che ella conosca sin dentro a' marmi l'intero a punto di quella figura ch'essi intendono di cavarne, e possa senza altro modello prima far molte parti perfette che e' le accompagni ed unisca insieme: come ha fatto divinamente Michelagnolo; avvenga che, mancando di questa felicità di giudizio, fanno agevolmente e spesso di quelli inconvenienti che non hanno rimedio, e che, fatti, son sempre testimonii degl'errori dello scarpello, o del poco giudizio dello scultore, la qual cosa non avviene a' pittori. Perciò che ad ogni errore di pennello o mancamento di giudizio che venisse lor fatto, hanno tempo, conoscendogli da per loro o avvertiti da altri, a ricoprirli e medicarli con il medesimo pennello che l'aveva fatto; il quale nelle man loro ha questo vantaggio dagli scarpelli dello scultore, ch'egli non solo sana, come faceva il ferro della lancia d'Achille, ma lascia senza margine le sue ferite.
Alle quali cose rispondendo i pittori, non senza sdegno dicono primieramente, che volendo gli scultori considerare la cosa in sagrestia, la prima nobiltà è la loro; e che gli scultori s'ingannano di gran lunga a chiamare opera loro la statua del primo Padre, essendo stata fatta di terra. L'arte della qual operazione mediante il suo levare e porre non è manco de' pittori che d'altri, e fu chiamata plastice da' Greci e fictoria da' Latini, e da Prassitele fu giudicata madre della scultura, del getto e del cesello, cosa che fa la scultura veramente nipote alla pittura; conciò sia che la plastice e la pittura naschino insieme e subito dal disegno. Et esaminata fuori di sagrestia, dicono che tante sono e sì varie l'opinioni de' tempi, che male si può credere più all'una che all'altra; e che considerato finalmente questa nobiltà, dove e' vogliono, nell'uno de' luoghi perdono e nell'altro non vincono, siccome nel Proemio delle Vite più chiaramente potrà vedersi.
Appresso, per riscontro dell'arti congeneri e sottoposte alla scultura, dicono averne molte più di loro: perché la pittura abbraccia l'invenzione dell'istoria, la difficilissima arte degli scorti, tutti i corpi dell'architettura per poter far i casamenti e la prospettiva, il colorire a tempera, l'arte del lavorare in fresco, differente e vario da tutti gl'altri; similmente il lavorar a olio, in legno, in pietra, in tele, et il miniare, arte differente da tutte; le finestre di vetro, il musaico de' vetri, il commetter le tarsie di colori facendone istorie con i legni tinti, ch'è pittura; lo sgraffire le case con il ferro, il niello, e le stampe di rame, membri della pittura; gli smalti degl'orefici, il commetter l'oro alla damaschina; il dipigner le figure invetriate, e fare ne' vasi di terra istorie ed altre figure, che tengono all'acqua, il tesser i broccati con le figure e' fiori, e la bellissima invenzione degl'arazzi tessuti, che fa commodità e grandezza; potendo portar la pittura in ogni luogo, e salvatico e domestico: senzaché in ogni genere, che bisogna esercitarsi, il disegno, ch'è disegno nostro, l'adopra ognuno. Sì che molti più membri ha la pittura e più utili che non ha la scultura.