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Al detto Re catolico ha fatto un Cristo di marmo, alto più di tre braccia, con la croce e con altri misteri della Passione, che è molto lodata. E finalmente ha fra mano la statua del signor Alfonso Davalo, marchese famosissimo del Guasto, statagli allogata dal marchese di Pescara suo figliuolo, alta quattro braccia e da dover riuscire ottima figura di getto, per la diligenza che mette in farla, e buona fortuna che ha sempre avuto Lione ne' suoi getti. Il quale Lione per mostrare la grandezza del suo animo, il bello ingegno che ha avuto dalla natura et il favore della fortuna, ha con molta spesa condotto di bellissima architettura un casotto nella contrada de' Moroni, pieno in modo di capricciose invenzioni, che non n'è forse un altro simile in tutto Milano. Nel partimento della facciata sono sopra a' pilastri sei prigioni di braccia sei l'uno tutti di pietra viva, e fra essi in alcune nicchie, fatte a imitazione degl'antichi, con terminetti, finestre e cornici tutte varie da quel che s'usa e molto graziose, e tutte le parti di sotto corrispondono con bell'ordine a quelle di sopra, le fregiature sono tutte di varii stromenti dell'arti del disegno. Dalla porta principale, mediante un andito si entra in un cortile, dove nel mezzo, sopra quattro colonne, è il cavallo con la statua di Marco Aurelio formato di gesso da quel proprio che è in Campidoglio. Dalla quale statua ha voluto che quella sua casa sia dedicata a Marco Aurelio. E quanto ai prigioni, quel suo capriccio da diversi è diversamente interpretato. Oltre al qual cavallo, come in altro luogo s'è detto, ha in quella sua bella e comodissima abitazione formate di gesso quant'opere lodate di scultura o di getto ha potuto avere, o moderne, o antiche.

Un figliuolo di costui chiamato Pompeo, il quale è oggi al servizio del re Filippo di Spagna, non è punto inferiore al padre in lavorare conii di medaglie d'acciaio e far di getto figure maravigliose. Onde in quella corte è stato concorrente di Giovanpaulo Poggini fiorentino, il quale sta anch'egli a' servigi di quel Re et ha fatto medaglie bellissime. Ma Pompeo avendo molti anni servito quel Re, disegna tornarsene a Milano a godere la sua casa aureliana e l'altre fatiche del suo eccellente padre, amorevolissimo di tutti gl'uomini virtuosi.

E per dir ora alcuna cosa delle medaglie e de' conii d'acciaio con che si fanno, io credo che si possa con verità affermare i moderni ingegni avere operato quanto già facessero gl'antichi romani nella bontà delle figure, e che nelle lettere et altre parti gl'abbiano superato. Il che si può vedere chiaramente, oltre molti altri, in dodici rovesci che ha fatto ultimamente Pietro Paulo Galeotti nelle medaglie del duca Cosimo, e sono questi: Pisa quasi tornata nel suo primo essere, per opera del Duca, avendole egli asciutto il paese intorno e seccati i luoghi paludosi e fattole altri assai miglioramenti; l'acque condotte in Firenze da luoghi diversi; la fabrica de' magistrati ornata e magnifica per comodità publica; l'unione degli stati di Fiorenza e Siena; l'edificazione d'una città e dua fortezze nell'Elba; la colonna condotta da Roma e posta in Fiorenza in sulla piazza di Santa Trinita; la conservazione fine et augumentazione della libreria di San Lorenzo per utilità publica; la fondazione de' cavalieri di Santo Stefano; la rinunzia del governo al principe; le fortificazioni dello stato; la milizia o vero bande del suo stato; il palazzo de' Pitti con giardini, acque e fabrica, condotto sì magnifico e regio, de' quali rovesci non metto qui né le lettere che hanno a torno né la dichiarazion loro, avendo a trattarne in altro luogo. I quali tutti dodici rovesci sono belli affatto e condotti con molta grazia e diligenza, come è anco la testa del Duca, che è di tutta bellezza; parimente i lavori e medaglie di stucchi, come ho detto altra volta, si fanno oggi di tutta perfezzione.

Et ultimamente Mario Capocaccia anconetano ha fatti di stucchi di colore in scatolette ritratti e teste veramente bellissime, come sono un ritratto di papa Pio Quinto, ch'io vidi non ha molto, e quello del cardinale Alessandrino. Ho veduto anco di mano de' figliuoli di Pulidoro pittore perugino ritratti della medesima sorte bellissimi.

Ma per tornare a Milano, riveggendo io un anno fa le cose del Gobbo scultore, del quale altrove si è ragionato, non viddi cosa che fussi se non ordinaria, eccetto un Adamo et Eva, una Iudith et una Santa Elena di marmo che sono intorno al Duomo con altre statue di due morti, fatte per Lodovico detto il Moro e Beatrice sua moglie, le quali dovevano essere poste a un sepolcro di mano di Giovan Iacomo dalla Porta, scultore et architetto del Duomo di Milano, il quale lavorò nella sua giovanezza molte cose sotto il detto Gobbo. E le sopra dette, che dovevano andare al detto sepolcro, sono condotte con molta pulitezza. Il medesimo Giovan Iacomo ha fatto molte bell'opere alla Certosa di Pavia, e particolarmente nel sepolcro del conte di Virtù e nella facciata della chiesa. Da costui imparò l'arte un suo nipote, chiamato Guglielmo, il quale in Milano attese con molto studio a ritrarre le cose di Lionardo da Vinci, circa l'anno 1530, che gli fecero grandissimo giovamento; per che andato con Giovan Iacomo a Genova, quando l'anno 1531 fu chiamato là a fare la sepoltura di San Giovanni Batista, attese al disegno con gran studio sotto Perino del Vaga, e non lasciando perciò la scultura, fece uno dei sedici piedistalli che sono in detto sepolcro. Là onde, veduto che si portava benissimo, gli furono fatti fare tutti gl'altri. Dopo condusse due Angeli di marmo, che sono nella Compagnia di San Giovanni. Et al vescovo di Servega fece due ritratti di marmo et un Moisè maggiore del vivo, il quale fu posto nella chiesa di San Lorenzo. Et appresso, fatta che ebbe una Cerere di marmo, che fu posta sopra la porta della casa d'Ansaldo Grimaldi, fece sopra la porta della Cazzuola di quella città una statua di Santa Caterina grande quanto il naturale, e dopo le tre Grazie con quattro putti di marmo, che furono mandati in Fiandra al gran scudiero di Carlo Quinto imperatore insieme con un'altra Cerere grande quanto il vivo. Avendo Guglielmo in sei anni fatte quest'opere, l'anno 1537 si condusse a Roma, dove da Giovan Iacomo suo zio fu molto raccomandato a fra' Bastiano pittore viniziano suo amico, acciò esso il raccomandassi, come fece, a Michelagnolo Buonarruoti, il quale Michelagnolo veggendo Guglielmo fiero e molto assiduo alle fatiche, cominciò a porgli affezione, et innanzi a ogni altra cosa gli fece restaurare alcune cose antiche in casa Farnese, nelle quali si portò di maniera, che Michelagnolo lo mise al servigio del Papa, essendosi anco avuto prima saggio di lui in una sepoltura, che avea condotta dalle Botteghe Oscure per la più parte di metallo al vescovo Sulisse, con molte figure e storie di basso rilievo, cioè le Virtù cardinali et altre fatte con molta grazia, et oltre a quelle la figura di esso Vescovo, che poi andò a Salamanca in Ispagna.