Seguendo poi la morte di quel Re e la rovina delle cose d'Ungheria, fu forzato Giorgio Iulio tornarsene in Italia. Dove non fu a pena arrivato che il cardinale Campeggio vecchio lo prese al suo servizio, onde, accomodatosi a modo suo, fece una Madonna di minio a quel signore et alcun'altre cosette, e si dispose voler attendere per ogni modo con maggiore studio alle cose dell'arte. E così si mise a disegnare et a cercare d'imitare con ogni sforzo l'opere di Michelagnolo. Ma fu interrotto quel suo buon proposito dall'infelice Sacco di Roma l'anno 1527, perché trovandosi il povero uomo prigione degli Spagnuoli e mal condotto, in tanta miseria ricorse all'aiuto divino, facendo voto, se usciva salvo di quella rovina miserabile e di mano a que' nuovi farisei, di subito farsi frate. Onde essendosi salvato per grazia di Dio, e condottosi a Mantova, si fece religioso nel monasterio di San Ruffino dell'Ordine de' canonici regolari Scopetini, essendogli stato promesso, oltre alla quiete e riposo della mente e tranquill'ozio di servire a Dio, che arebbe comodità di attendere alle volte quasi per passatempo a lavorare di minio. Preso dunque l'abito e chiamatosi don Giulio, fece in capo all'anno professione e poi per ispazio di tre anni si stette assai quietamente fra que' padri, mutandosi d'uno in altro monasterio, secondo che più a lui piaceva, come altrove s'è detto, e sempre alcuna cosa lavorando. Nel qual tempo condusse un libro grande da coro con minii sottili e bellissime fregiature, facendovi fra l'altre cose un Cristo che appare in forma d'ortolano a Madalena, che fu tenuto cosa singolare; per che cresciutogli l'animo fece, ma di figure molto maggiori, la storia dell'adultera accusata da' giudei a Cristo, con buon numero di figure. Il che tutto ritrasse da una pittura, la quale di que' giorni avea fatta Tiziano Vecello pittore eccellentissimo. Non molto dopo avvenne che tramutandosi don Giulio da un monasterio a un altro, come fanno i monaci o i frati, si ruppe sgraziatamente una gamba, per che condotto da que' padri, acciò meglio fusse curato, al monasterio di Candiana, vi dimorò senza guarire alcun tempo, essendo forse male stato trattato, come s'usa, non meno dai padri che da' medici. La qual cosa intendendo il cardinal Grimani, che molto l'amava, per la sua virtù ottenne dal Papa di poterlo tenere a' suoi servigii e farlo curare. Onde cavatosi don Giulio l'abito e guarito della gamba andò a Perugia col Cardinale, che là era Legato, e lavorando gli condusse di minio quest'opere: un uffizio di Nostra Donna con quattro bellissime storie, et in uno epistolario tre storie grandi di San Paulo apostolo, una delle quali indi a non molto fu mandata in Ispagna. Gli fece anco una bellissima Pietà et un Crucifisso, che dopo la morte del Grimani capitò alle mani di messer Giovanni Gaddi, cherico di camera. Le quali tutte opere fecero conoscere in Roma don Giulio per eccellente e furono cagione che Alessandro cardinal Farnese, il quale ha sempre aiutato, favorito e voluto appresso di sé uomini rari e virtuosi, inteso la fama di lui e vedute l'opere, lo prese al suo servizio, dove è poi stato sempre e sta ancora così vecchio. Al quale signore dico ha condotti infiniti minii rarissimi, d'una parte de' quali farò qui menzione, perché di tutti non è quasi possibile.
In un quadretto piccolo ha dipinta la Nostra Donna col Figliuolo in braccio, con molti Santi e figure attorno, e ginocchioni papa Paulo Terzo, ritratto di naturale tanto bene che par vivo nella piccolezza di quel minio. Et all'altre figure similmente non pare che manchi altro che lo spirito e la parola. Il quale quadrotto, come cosa che è veramente rarissima, fu mandato in Ispagna a Carlo Quinto imperatore, che ne restò stupefatto. Dopo quest'opera gli fece il cardinale mettere mano a far di minio le storie d'un uffizio della Madonna, scritto di lettera formata dal Monterchi, che in ciò è raro. Onde risolutosi don Giulio di voler che quest'opera fusse l'estremo di sua possa, vi si misse con tanto studio e diligenza, che niun'altra fu mai fatta con maggiore. Onde ha condotto col pennello cose tanto stupende, che non par possibile vi si possa con l'occhio né con la mano arrivare.
Ha spartito questa sua fatica don Giulio in ventisei storiette, dua carte a canto l'una all'altra, che è la figura et il figurato, e ciascuna storietta ha l'ornamento attorno vario dall'altra con figure e bizzarrie approposito della storia che egli tratta. Né vo' che mi paia fatica raccontarle brevemente, atteso che ogni uno nol può vedere. Nella prima faccia dove comincia il mattutino è l'Angelo che annunzia la Vergine Maria, con una fregiatura nell'ornamento piena di puttini che son miracolosi, e nell'altra storia Esaia, che parla col re Achaz. Nella seconda alle laude è la visitazione della Vergine a Elisabeta, che ha l'ornamento finto di metallo, nella storia dirimpetto è la Iustizia e la Pace che si abracciano. La prima è la Natività di Cristo e dirimpetto nel paradiso terrestre Adamo et Eva che mangiano il pomo, con ornamenti l'uno e l'altro pieno di ignudi et altre figure et animali ritratti di naturale. A terza vi ha fatto i pastori che l'Angelo appar loro e dirimpetto Triburtina Sibilla che mostra a Ottaviano imperatore la Vergine con Cristo nato in cielo, adorno l'uno e l'altro di fregiature e figure varie tutte colorite, e dentro il ritratto di Alessandro Magno et Alessandro cardinal Farnese. A sesta vi è la circuncisione di Cristo, dov'è ritratto per Simeone papa Paulo Terzo, e dentro alla storia il ritratto della Mancina e della Settimia gentil donne romane, che furono di somma bellezza, et un fregio bene ornato atorno quella, che fascia parimente col medesimo ordine l'altra storia, che gli è a canto, dov'è San Giovanni Batista che battezza Cristo, storia piena di ignudi. A nona vi ha fatto i Magi che adorano Cristo e dirimpetto Salamone adorato dalla regina Sabba, con fregiature all'una e l'altra ricche e varie, e dentro a questa da' piè, condotto di figure manco che formiche, tutta la festa di Testaccio, che è cosa stupenda a vedere, che sì minuta cosa si possa condur perfetta con una punta di pennello, che è delle gran cose che possa fare una mano e vedere un occhio mortale, nella quale sono tutte le livree che fece allora il cardinale Farnese. A vespro è la Nostra Donna che fugge con Cristo in Egitto e dirimpetto è la sommersione di Faraone nel Mar Rosso, con le sue fregiature varie da' lati. A compieta è l'incoronazione della Nostra Donna in cielo, con moltitudine d'Angeli, e dirimpetto nell'altra storia Assuero che incorona Ester con le sue fregiature a proposito; alla messa della Madonna, ha posto innanzi in una fregiatura finta di cameo che è Gabriello che annunzia il verbo alla Vergine, e le due storie sono la Nostra Donna con Gesù Cristo in collo, e nell'altra Dio Padre che crea il cielo e la terra. Dinanzi a' salmi penitenziali è la battaglia nella quale per comandamento di Davit re fu morto Uria Eteo, dove sono cavagli e gente ferita e morta ch'è miracolosa, e dirimpetto nell'altra storia Davit in penitenzia, con ornamenti et apresso grotteschine; ma chi vuol finire di stupire guardi nelle tanìe, dove minutamente ha fatto intrigaro con le lettere de' nomi de' Santi, dove di sopra nella margine è un cielo pieno di Angeli intorno alla Santissima Trinità, e di mano in mano gl'Apostoli e gl'altri Santi, e dall'altra banda séguita il cielo con la Nostra Donna e tutte le Sante vergini; nella margine di sotto, ha condotto poi di minutissime figure la processione che fa Roma per la solennità del corpo di Cristo piena di ofiziali con le torce, vescovi e cardinali, el Santissimo Sacramento portato dal papa, col il resto della corte e guardia de' lanzi, e finalmente Castello Sant'Agnolo che tira artiglierie: cosa tutta da fare stupire e maravigliare ogni acutissimo ingegno. Nel principio dello ofizio de' morti son dua storie: la Morte che trionfa sopra tutti e mortali potenti di stati e regni, come la bassa plebe, dirimpetto nell'altra storia è la resurrezione di Lazzaro, e dreto la Morte che combatte con alcuni a cavallo. Nello ofizio della Croce ha fatto Cristo crucifisso e dirimpetto Moisè con la pioggia delle serpe e lui che mette in alto quella di bronzo. A quello dello Spirito Santo è quando gli scende sopra gl'Apostoli, e dirimpetto il murar la torre di Babilonia da Nebrot. La quale opera fu condotta con tanto studio e fatica da don Giulio nello spazio di nove anni, che non si potrebbe, per modo di dire, pagare questa opera con alcun prezzo già mai. E non è possibile vedere per tutte le storie la più strana e bella varietà di bizzarri ornamenti, e diversi atti e positure d'ignudi, maschi e femine, studiati e ben ricerchi in tutte le parti, e poste con proposito attorno in detti fregi per arricchirne quell'opera. La quale diversità di cose spargono per tutta quell'opera tanta bellezza, che ella pare cosa divina e non umana, e massimamente avendo con i colori e con la maniera fatto sfuggire et allontanare le figure, i casamenti et i paesi, con tutte quelle parti che richiede la prospettiva e con la maggior perfezzione che si possa. Intanto che così da presso come lontano fanno restare ciascun maravigliato, per non dire nulla di mille varie sorti d'alberi tanto ben fatti, che paiono fatti in paradiso. Nelle storie et invenzioni si vede disegno, nel componimento ordine e varietà, e ricchezza negl'abiti, condotti con sì bella grazia e maniera, che par impossibile siano condotti per mano d'uomini, onde possiàn dire che don Giulio abbia, come si disse a principio, superato in questo gl'antichi e moderni, e che sia stato a' tempi nostri un piccolo e nuovo Michelagnolo.