Il medesimo fece già un quadrotto di figure piccole al Cardinale di Trento, sì vago e bello che quel signore ne fece dono all'imperatore Carlo Quinto; e dopo al medesimo ne fece un altro di Nostra Donna et insieme il ritratto del re Filippo, che furono bellissimi e per ciò donati al detto Re catolico. Al medesimo cardinal Farnese fece in un quadrotto la Nostra Donna col Figliuolo in braccio, Santa Lisabetta, San Giovannino et altre figure, che fu mandato in Ispagna a Rigomes. In un altro che oggi l'ha il detto Cardinale, fece San Giovanni Batista nel deserto con paesi et animali bellissimi, et un altro simile ne fece poi al medesimo, per mandare al re Filippo. Una Pietà, che fece con la Madonna et altre molte figure, fu dal detto Farnese donata a papa Paulo Quarto, che mentre visse la volle sempre appresso di sé. Una storia dove Davit taglia la testa a Golia gigante fu dal medesimo Cardinale donata a madama Margherita d'Austria, che la mandò al re Filippo suo fratello, insieme con un altro che per compagnia di quello gli fece fare quella illustrissima signora, dove Iudit tagliava il capo ad Oloferne.
Dimorò già molti anni sono don Giulio appresso al duca Cosimo molti mesi, et in detto tempo gli fece alcun'opere, parte delle quali furono mandate all'Imperatore et altri signori e parte ne rimasero appresso sua eccellenza illustrissima, che fra l'altre cose gli fece ritrarre una testa piccola d'un Cristo da una che n'ha egli stesso antichissima, la quale fu già di Gottifredi Buglioni re di Ierusalem, la quale dicono essere più simile alla vera effigie del Salvatore che alcun'altra che sia. Fece don Giulio al detto signor Duca un Crucifisso con la Madalena a' piedi, che è cosa maravigliosa, et un quadro piccolo d'una Pietà, del quale abbiamo il disegno nel nostro libro insieme con un altro, pure di mano di don Giulio, d'una Nostra Donna ritta col Figliuolo in collo, vestita all'ebrea, con un coro d'Angeli intorno e molte anime nude in atto di raccomandarsi.
Ma per tornare al signor Duca, egli ha sempre molto amato la virtù di don Giulio e cercato d'avere delle sue opere. E se non fusse stato il rispetto che ha avuto a Farnese, non l'arebbe lasciato da sé partire, quanto stette, come ho detto, alcuni mesi al suo servizio in Firenze. Ha dunque il Duca, oltre le cose dette, un quadretto di mano di don Giulio, dentro al quale è Ganimede portato in cielo da Giove converso in aquila. Il quale fu ritratto da quello che già disegnò Michelagnolo, il quale è oggi appresso Tomaso de' Cavalieri, come s'è detto altrove. Ha similmente il Duca nel suo scrittoio un San Giovanni Batista, che siede sopra un sasso, et alcuni ritratti di mano del medesimo che sono mirabili. Fece già don Giulio un quadro d'una Pietà, con le Marie et altre figure attorno, alla Marchesana di Pescara, et un altro simile in tutto al cardinale Farnese, che lo mandò all'Imperatrice, che è oggi moglie di Massimiliano e sorella del re Filippo. Et un altro quadretto di mano del medesimo mandò a sua maestà cesarea, dentro al quale è in un paesotto bellissimo San Giorgio che amazza il serpente, fatto con estrema diligenza; ma fu passato questo di bellezza e di disegno da un quadro maggiore, che don Giulio fece a un gentiluomo spagnuolo, nel quale è Traiano imperatore, secondo che si vede nelle medaglie, e col rovescio della provincia di Giudea. Il quale quadro fu mandato al sopra detto Massimiliano oggi imperatore.
Al detto cardinale Farnese ha fatto due altri quadretti, in uno è Gesù Cristo ignudo con la croce in mano, e nell'altro è il medesimo menato da' giudei et accompagnato da una infinità di popoli al Monte Calvario con la croce in ispalla, e dietro la Nostra Donna e l'altre Marie in atti graziosi e da muovere a pietà un cuor di sasso. Et in due carte grandi, per un messale, ha fatto allo stesso Cardinale Gesù Cristo che ammaestra nella dottrina del Santo Evangelio gl'Apostoli, e nell'altra il Giudizio Universale tanto bello, anzi ammirabile e stupendo, che io mi confondo a pensarlo, e tengo per fermo che non si possa, non dico fare, ma vedere, né imaginarsi per minio, cosa più bella. È gran cosa che in molte di queste opere, e massimamente nel detto ufficio della Madonna, abbia fatto don Giulio alcune figurine non più grandi che una ben piccola formica, con tutte le membra sì espresse e sì distinte, che più non si sarebbe potuto in figure grandi quanto il vivo; e che per tutto siano sparsi ritratti naturali d'uomini e donne, non meno simili al vero che se fussero da Tiziano o dal Bronzino stati fatti naturalissimi e grandi quanto il vivo; senzaché in alcune figure di fregi si veggiono alcune figurette nude et in altre maniere, fatte simili a camei, che per piccolissime che sieno sembrano in quel loro essere grandissimi giganti, cotanta è la virtù e strema diligenzia che in operando mette don Giulio.
Del quale ho voluto dare al mondo questa notizia acciò che sappiano alcuna cosa di lui quei che non possono, né potranno delle sue opere vedere, per essere quasi tutte in mano di grandissimi signori e personaggi. Dico quasi tutte, perché so alcuni privati avere in scatolette ritratti bellissimi di mano di costui, di signori, d'amici o di donne da loro amate. Ma comunche sia, basta che l'opere di sì fatti uomini non sono publiche, né in luogo da potere essere vedute da ognuno, come le pitture, sculture e fabriche degl'altri artefici di queste nostre arti. Ora ancor che don Giulio sia vecchio e non studi, né attenda ad altro che procacciarsi con opere sante e buone e con una vita tutta lontana dalle cose del mondo la salute dell'anima sua, e sia vecchio affatto, pur va lavorando continuamente alcuna cosa, là dove stassi in molta quiete e ben governato nel palazzo de' Farnesi, dove è cortesissimo in mostrando ben volentieri le cose sue a chiunche va a visitarlo e vederlo, come si fanno l'altre maraviglie di Roma.
IL FINE DELLA VITA DI DON GIULIO CLOVIO MINIATORE
DI DIVERSI ARTEFICI ITALIANI