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Finita questa opera, dipinse nella Badia di Settimo alcune storie di S. Iacopo nella cappella che è nel chiostro a quel Santo dedicata, nella vòlta della quale fece i quattro Patriarchi e i quattro Evangelisti, fra i quali è notabile l'atto che fa S. Luca nel soffiare molto naturalmente nella penna, perché renda l'inchiostro. Nelle storie poi delle facciate, che sono cinque, si vede nelle figure belle attitudini, et ogni cosa condotta con invenzione e giudizio. E perché usava Buonamico, per fare l'incarnato più facile, di campeggiare, come si vede in quest'opera, per tutto di pavonazzo di sale, il quale fa col tempo una salsedine che si mangia e consuma il bianco e gl'altri colori, non è maraviglia se quest'opera è guasta e consumata laddove molte altre che furono fatte molto prima, si sono benissimo conservate. Et io, che già pensava che a queste pitture avesse fatto nocumento l'umido, ho poi provato per esperienza, considerando altre opere del medesimo, che non dall'umido, ma da questa particolare usanza di Buffalmacco è avenuto che sono in modo guaste, che non si vede né disegno né altro; e dove erano le carnagioni, non è altro rimaso che il paonazzo. Il qual modo di fare non dee usarsi da chi ama che le pitture sue abbiano lunga vita.

Lavorò Buonamico, dopo quello che si è detto di sopra, due tavole a tempera ai monaci della Certosa di Firenze, delle quali l'una è dove stanno per il coro i libri da cantare, e l'altra di sotto nelle cappelle vecchie. Dipinse in fresco nella Badia di Firenze la capella de' Giochi e Bastari allato alla cappella maggiore, la quale cappella ancor che poi fusse conceduta alla famiglia de' Boscoli, ritiene le dette pitture di Buffalmacco insino a oggi: nelle quali fece la Passione di Cristo con affetti ingegnosi e belli, mostrando in Cristo, quando lava i piedi ai discepoli, umiltà e mansuetudine grandissima, e ne' Giudei, quando lo menano ad Erode, fierezza e crudeltà. Ma particolarmente mostrò ingegno e facilità in un Pilato che vi dipinse in prigione, et in Giuda apiccato a un albero; onde si può agevolmente credere quello che di questo piacevole pittore si racconta, cioè che quando voleva usar diligenza e affaticarsi, il che di rado avveniva, egli non era inferiore a niun altro dipintore de' suoi tempi. E che ciò sia vero, l'opere che fece in Ognisanti a fresco dove è oggi il cimitero, furono con tanta diligenza lavorate e con tanti avvertimenti, che l'acqua che è piovuta loro sopra tanti anni non le ha potuto guastare, né fare sì che non si conosca la bontà loro, e che si sono mantenute benissimo per essere state lavorate puramente sopra la calcina fresca. Nelle facce dunque sono la natività di Gesù Cristo e l'adorazione de' Magi, cioè sopra la sepoltura degl'Aliotti.

Dopo quest'opera andato Buonamico a Bologna, lavorò a fresco in S. Petronio nella cappella de' Bolognini, cioè nelle vòlte alcune storie, ma da non so che accidente sopravenuto non le finì. Dicesi che l'anno 1302 fu condotto in Ascesi, e che nella chiesa di S. Francesco dipinse nella capella di S. Caterina tutte le storie della sua vita in fresco, le quali si sono molto ben conservate, e vi si veggiono alcune figure che sono degne d'essere lodate.

Finita questa capella, nel passar d'Arezzo, il vescovo Guido, per avere inteso che Buonamico era piacevole uomo e valente dipintore, volle che si fermasse in quella città, e gli dipignesse in Vescovado la capella dove è oggi il battesimo. Buonamico messo mano al lavoro n'aveva già fatto buona parte, quando gl'avvenne un caso il più strano del mondo, e fu, secondo che racconta Franco Sacchetti nelle sue trecento Novelle, questo.

Aveva il vescovo un bertuccione il più sollazzevole ed il più cattivo che altro che fusse mai. Questo animale, stando alcuna volta sul palco a vedere lavorare Buonamico aveva posto mente a ogni cosa, né levatogli mai gl'occhi da dosso quando mescolava i colori, trassinava gli alberelli, stiacciava l'uova per fare le tempere, ed insomma quando faceva qualsivoglia altra cosa. Ora, avendo Buonamico un sabato sera lasciato l'opera, la domenica mattina questo bertuccione, non ostante che avesse apiccato a' piedi un gran rullo di legno, il quale gli faceva portare il vescovo perché non potesse così saltare per tutto, egli salì, non ostante il peso che pure era grave, in sul palco dove soleva stare Buonamico a lavorare: e quivi recatosi fra mano gli alberelli, rovesciato che ebbe l'uno nell'altro, e fatto sei mescugli e stiacciato quante uova v'erano, cominciò a imbrattare con i pennelli quante figure vi erano, e seguitando di così fare, non restò, se non quando ebbe ogni cosa ridipinto di sua mano. Ciò fatto, di nuovo fece un mescuglio di tutti i colori che gli erano avanzati, come che pochi fussero, e poi sceso dal palco si partì. Venuto il lunedì mattina, tornò Buonamico al suo lavoro, dove vedute le figure guaste, gli alberelli rovesciati, et ogni cosa sotto sopra, restò tutto maravigliato e confuso. Poi, avendo molte cose fra se medesimo discorso, pensò finalmente che qualche aretino per invidia o per altro avesse ciò fatto; onde andatosene al vescovo, gli disse come la cosa passava e quello di che dubitava, di che il vescovo rimase forte turbato; pure fatto animo a Buonamico, volle che rimettesse mano al lavoro, e ciò che vi era di guasto rifacesse. E perché aveva prestato alle sue parole fede, le quali avevano del verisimile, gli diede sei de' suoi fanti armati che stessono co' falcioni, quando egli non lavorava, in aguato, e chiunque venisse, senza misericordia tagliasseno a pezzi.