Fu dunque quella di Simone grandissima ventura vivere al tempo di Messer Francesco Petrarca, et abbattersi a trovare in Avignone alla corte questo amorosissimo poeta desideroso d'avere la imagine di Madonna Laura di mano di maestro Simone; perciò che avutala bella come desiderato avea, fece di lui memoria in due sonetti, l'uno de' quali comincia:
Per mirar Policleto a prova fiso
con gl'altri che ebber fama di quell'arte
e l'altro:
Quando giunse a Simon l'alto concetto
ch'a mio nome gli pose in man lo stile.
Et in vero questi sonetti e l'averne fatto menzione in una delle sue lettere famigliari nel quinto libro, che comincia: "Non sum nescius", hanno dato più fama alla povera vita di maestro Simone, che non hanno fatto né faranno mai tutte l'opere sue; perché elleno hanno a venire, quando che sia, meno, dove gli scritti di tant'uomo viveranno eterni secoli. Fu dunque Simone Memmi sanese eccellente dipintore, singolare ne' tempi suoi e molto stimato nella corte del Papa, perciò che dopo la morte di Giotto maestro suo, il quale egli aveva seguitato a Roma quando fece la nave di musaico e l'altre cose, avendo nel fare una Vergine Maria nel portico di S. Piero et un San Piero e San Paulo, a quel luogo vicino dove è la pina di bronzo, in un muro fra gl'archi del portico dalla banda di fuori, contraffatto la maniera di Giotto, ne fu di maniera lodato, avendo massimamente in quest'opera ritratto un sagrestano di S. Piero che accende alcune lampade a dette sue figure molto prontamente, che Simone fu chiamato in Avignone alla corte del Papa con grandissima instanza; dove lavorò tante pitture in fresco et in tavole che fece corrispondere l'opere al nome che di lui era stato là oltre portato. Per che, tornato a Siena in gran credito e molto perciò favorito, gli fu dato a dipignere dalla signoria nel palazzo loro in una sala a fresco una Vergine Maria con molte figure attorno, la quale egli compié di tutta perfezzione, con molta sua lode et utilità. E per mostrare che non meno sapeva fare in tavola che in fresco, dipinse in detto palazzo una tavola che fu cagione che poi ne fu fatto far due in duomo et una Nostra Donna col Fanciullo in braccio in attitudine bellissima sopra la porta dell'Opera del duomo detto, nella qual pittura certi Angeli, che sostenendo in aria un stendardo, volano e guardano all'ingiù alcuni Santi che sono intorno alla Nostra Donna, fanno bellissimo componimento et ornamento grande. Ciò fatto, fu Simone dal Generale di Sant'Agostino condotto in Firenze, dove lavorò il capitolo di Santo Spirito, mostrando invenzione e giudizio mirabile nelle figure e ne' cavalli fatti da lui, come in quel luogo ne fa fede la storia della Passione di Cristo, nella quale si veggiono ingegnosamente tutte le cose essere state fatte da lui con discrezione e con bellissima grazia. Veggonsi i ladroni in croce rendere il fiato, e l'anima del buono essere portata in cielo con allegrezza dagl'Angeli, e quella del reo andarne accompagnata da' diavoli tutta rabbuffata ai tormenti dell'Inferno. Mostrò similmente invenzione e giudizio Simone nell'attitudini e nel pianto amarissimo che fanno alcuni Angeli intorno al Crocifisso. Ma quello che sopra tutte le cose è dignissimo di considerazione è veder quegli spiriti che fendono l'aria con le spalle visibilmente, perché quasi girando sostengono il moto del volar loro; ma farebbe molto maggior fede dell'eccellenza di Simone quest'opera, se oltre all'averla consumata il tempo, non fusse stata, l'anno 1560, guasta da que' padri che per non potersi servire del capitolo mal condotto dall'umidità, nel far dove era un palco intarlato una volta, non avessero gettato in terra quel poco che restava delle pitture di quest'uomo, il quale quasi in quel medesimo tempo dipinse in una tavola una Nostra Donna et un San Luca con altri Santi a tempera, che oggi è nella capella de' Gondi in Santa Maria Novella col nome suo. Lavorò poi Simone tre facciate del capitolo della detta Santa Maria Novella molto felicemente. Nella prima, che è sopra la porta donde vi si entra, fece la vita di San Domenico et in quella che segue verso la chiesa figurò la Religione et Ordine del medesimo combattente contra gl'eretici figurati per lupi che assalgono alcune pecore, le quali da molti cani pezzati di bianco e di nero sono difese, et i lupi ributtati e morti. Sonovi ancora certi eretici, i quali convinti nelle dispute, stracciano i libri e pentiti si confessano, e così passano l'anime alla porta del Paradiso, nel quale sono molte figurine che fanno diverse cose. In cielo si vede la gloria de' Santi e Iesù Cristo, e nel mondo quaggiù rimangono i piaceri e' diletti vani in figure umane e massimamente di donne che seggono. Tra le quali è Madonna Laura del Petrarca, ritratta di naturale vestita di verde, con una piccola fiammetta di fuoco tra il petto e la gola. Èvvi ancora la Chiesa di Cristo et alla guardia di quella il papa, lo imperadore, i re, i cardinali, i vescovi e tutti i principi cristiani, e tra essi, a canto a un cavalier di Rodi, Messer Francesco Petrarca, ritratto pur di naturale, il che fece Simone per rinfrescar nell'opere sue la fama di colui che l'aveva fatto immortale. Per la Chiesa universale fece la chiesa di S. Maria del Fiore, non come ella sta oggi, ma come egli l'aveva ritratta dal modello e disegno che Arnolfo architettor aveva lasciati nell'opera per norma di coloro che avevano a seguitar la fabbrica dopo lui, de' quali modelli, per poca cura degl'Operai di S. Maria del Fiore, come in un altro luogo s'è detto, non ci sarebbe memoria alcuna se Simone non l'avesse lasciata dipinta in quest'opera. Nella terza facciata, che è quella dell'altar, fece la Passione di Cristo, il quale, uscendo di Gerusalem con la croce su la spalla, se ne va al monte Calvario seguitato da un popolo grandissimo; dove giunto, si vede esser levato in croce nel mezzo de' ladroni, con l'altre appartenenze che cotale storia accompagnano. Tacerò l'esservi buon numero di cavalli, il gettarsi la sorte dai famigli della corte sopra la veste di Cristo, lo spogliare il limbo de' Santi padri e tutte l'altre considerate invenzioni che sono non da maestro di quell'età ma da moderno eccellentissimo. Conciò sia che, pigliando le facciate intere, con diligentissima osservazione fa in ciascuna diverse storie su per un monte, e non divide con ornamenti tra storia e storia, come usarono di fare i vecchi e molti moderni, che fanno la terra sopra l'aria quattro o cinque volte, come è la capella maggiore di questa medesima chiesa et il Camposanto di Pisa; dove, dipignendo molte cose a fresco, gli fu forza far contra sua voglia cotali divisioni, avendo gl'altri pittori che avevano in quel luogo lavorato, come Giotto e Buonamico suo maestro, cominciato a fare le storie loro con questo malo ordine.
Seguitando dunque in quel Camposanto per meno error il modo tenuto dagli altri, fece Simone sopra la porta principale, di dentro, una Nostra Donna in fresco, portata in cielo da un coro d'Angeli che cantano e suonano tanto vivamente, che in loro si conoscono tutti que' varii effetti che i musici cantando o sonando fare sogliono; come è porgere l'orecchio al suono, aprir la bocca in diversi modi, alzar gl'occhi al cielo, gonfiar le guance, ingrossar la gola, et insomma tutti gl'altri atti e movimenti che si fanno nella musica. Sotto questa Assunta in tre quadri fece alcune storie della vita di S. Ranieri pisano; nella prima, quando giovanetto, sonando il salterio, fa ballar alcune fanciulle, bellissime per l'arie de' volti e per l'ornamento degl'abiti et acconciature di que' tempi; vedesi poi lo stesso Ranieri, essendo stato ripreso di cotale lascivia dal beato Alberto Romito, starsi col volto chino e lagrimoso e con gl'occhi fatti rossi dal pianto, tutto pentito del suo peccato, mentre Dio in aria, circondato da un celeste lume, fa sembiante di perdonargli. Nel secondo quadro è quando Ranieri, dispensando le sue facultà ai poveri di Dio, per poi montar in barca, ha intorno una turba di poveri, di storpiati, di donne e di putti, molto affettuosi nel farsi innanzi, nel chiedere e nel ringraziarlo; e nello stesso quadro è ancora, quando questo Santo, ricevuta nel tempio la schiavina da pellegrino, sta dinanzi a Nostra Donna, che circondata da molti Angeli, gli mostra che si riposerà nel suo grembo in Pisa, le quali tutte figure hanno vivezza e bell'aria nelle teste. Nella terza è dipinto da Simone quando, tornato dopo sette anni d'oltra mare, mostra aver fatto tre quarantane in Terra Santa, e che standosi in coro a udir i divini uffizii dove molti putti cantano, è tentato dal demonio, il quale si vede scacciato da un fermo proponimento che si scorge in Ranieri di non voler offender Dio, aiutato da una figura, fatta da Simone per la Constanza, che fa partir l'antico Avversario, non solo tutto confuso, ma con bella invenzione e capricciosa, tutto pauroso, tenendosi nel fuggire le mani al capo e caminando con la fronte bassa e stretto nelle spalle a più potere e dicendo, come se gli vede scritto uscire di bocca: "Io non posso più". E finalmente in questo quadro è ancora quando Ranieri, in sul monte Tabor ingenocchiato, vede miracolosamente Cristo in aria con Moisè et Elia. Le quali tutte cose di quest'opera et altre che si tacciono, mostrano che Simone fu molto capriccioso, et intese il buon modo di comporre leggiadramente le figure nella maniera di que' tempi. Finite queste storie, fece due tavole a tempera nella medesima città, aiutato da Lippo Memmi suo fratello, il quale gl'aveva anche aiutato dipignere il capitolo di Santa Maria Novella et altre opere.