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La pura verità per ubbidire

alla Santa Giustizia che non tarda,

cava la lingua alla falsa bugiarda.

E sotto la storia sono questi versi:

Taddeo dipinse questo bel rigestro

discepol fu di Giotto il buon maestro.

Fu fattogli allogazione in Arezzo d'alcuni lavori in fresco, i quali ridusse Taddeo, con Giovanni da Milano suo discepolo, all'ultima perfezzione; e di questi veggiamo ancora nella Compagnia dello Spirito Santo una storia nella faccia dell'altar maggiore, dentrovi la Passione di Cristo con molti cavalli et i ladroni in croce; cosa tenuta bellissima per la considerazione che mostrò nel metterlo in croce; dove sono alcune figure che vivamente espresse dimostrano la rabbia de' Giudei, tirandolo alcuni per le gambe con una fune, altri porgendo la spugna et altri in varie attitudini, come il Longino che gli passa il costato et i tre soldati che si giuocano la veste, nel viso de' quali si scorge la speranza et il timore nel trarre de' dadi; il primo di costoro armato sta in attitudine disagiosa, aspettando la volta sua, e si dimostra tanto bramoso di tirare che non pare che e' senta il disagio, l'altro inarcando le ciglia con la bocca e con gl'occhi aperti guarda i dadi per sospetto quasi di fraude e chiaramente dimostra, a chi lo considera, il bisogno e la voglia che egli ha di vincere; il terzo che tira i dadi, fatto piano della veste in terra, col braccio tremolante par che acenni ghignando voler piantargli. Similmente per le facce della chiesa si veggono alcune storie di S. Giovanni Evangelista, e per la città altre cose, fatte da Taddeo, che si riconoscono per di sua mano da chi ha giudizio nell'arte. Veggonsi ancora oggi nel Vescovado, dietro all'altare maggior, alcune storie di S. Giovanni Battista, le quali con tanto maravigliosa maniera e disegno sono lavorate che lo fanno tener mirabile. In S. Agostino, alla capella di S. Sebastiano allato alla sagrestia, fece le storie di quel martire et una disputa di Cristo con i Dottori, tanto ben lavorata e finita che è miracolo a vedere la bellezza ne' cangianti di varie sorti e la grazia ne' colori di queste opere finite per eccellenza. In Casentino nella chiesa del Sasso della Vernia dipinse la capella dove S. Francesco ricevette le stimmate, aiutato nelle cose minime da Iacopo di Casentino, che mediante questa gita divenne suo discepolo. Finita cotale opera, insieme con Giovanni milanese se ne tornò a Fiorenza, dove nella città e fuori fecero tavole e pitture assaissime e d'importanza, e in processo di tempo guadagnò tanto, facendo di tutto capitale che diede principio alla ricchezza et alla nobiltà della sua famiglia, essendo tenuto sempre savio et accorto uomo. Dipinse ancora in Santa Maria Novella il capitolo, allogatogli dal prior del luogo che gli diede l'invenzione. Bene è vero che, per essere il lavoro grande e per essersi scoperto in quel tempo che si facevano i ponti il capitolo di Santo Spirito con grandissima fama di Simone Memmi che l'aveva dipinto, venne voglia al detto priore di chiamar Simone alla metà di quest'opera; per che conferito il tutto con Taddeo, lo trovò di ciò molto contento, perciò che amava sommamente Simone per essergli stato con Giotto condiscepolo e sempre amorevole amico e compagno. Oh animi veramente nobili, poiché senza emulazione, ambizione o invidia v'amaste fraternamente l'un l'altro, godendo ciascuno così dell'onor e pregio dell'amico come del proprio! Fu dunque spartito il lavoro e datone tre facciate a Simone, come dissi nella sua vita, et a Taddeo la facciata sinistra e tutta la volta, la quale fu divisa da lui in quattro spicchi o quarte secondo gl'andari d'essa volta. Nel primo fece la Resurrezione di Cristo, dove pare che e' volesse tentare che lo splendor del corpo glorificato facesse lume, come apparisce in una città et in alcuni scogli di monti; ma non seguitò di farlo nelle figure e nel resto, dubitando forse di non lo potere condurre per la difficultà che vi conosceva. Nel secondo spicchio fece Iesù Cristo che libera San Piero dal naufragio, dove gl'Apostoli che guidano la barca sono certamente molto begli, e fra l'altre cose uno che in su la riva del mare pesca a lenza, cosa fatta prima da Giotto in Roma nel musaico della nave di San Piero, è espresso con grandissima e viva affezzione. Nel terzo dipinse l'Ascensione di Cristo, e nell'ultimo la venuta dello Spirito Santo, dove nei Giudei che alla porta cercano volere entrare, si veggono molte belle attitudini di figure. Nella faccia di sotto sono le sette scienze con i loro nomi e con quelle figure sotto che a ciascuna si convengono. La Grammatica in abito di donna con una porta, insegnando a un putto, ha sotto di sé a sedere Donato scrittore. Dopo la Grammatica segue la Rettorica, et a piè di quella una figura, che ha due mani a' libri et una terza mano si trae disotto il mantello e se la tiene appresso alla bocca. La Logica ha il serpente in mano sotto un velo, et a' piedi suoi Zenone Eleate che legge. L'Aritmetica tiene le tavole dell'Abaco, e sotto lei siede Abramo inventor di quella. La Musica ha gl'istrumenti da sonare, e sotto lei siede Tubalcaino che batte con due martelli sopra una ancudine e sta con gl'orecchi attenti a quel suono. Le Geometria ha la squadra e le seste, e da basso Euclide. L'Astrologia ha la sfera del cielo in mano, e sotto i piedi Atlante. Dall'altra parte seggono sette scienze teologiche, e ciascuna ha sotto di sé quello stato o condizione d'uomini che più se le conviene: papa, imperatore, re, cardinali, duchi, vescovi, marchesi et altri; e nel volto del Papa è il ritratto di Clemente Quinto. Nel mezzo e più alto luogo è San Tommaso d'Aquino, che di tutte le scienze dette fu ornato, tenendo sotto i piedi alcuni eretici, Ario, Sabellio et Averrois, e gli sono intorno Mosè, Paulo, Giovanni Evangelista et alcune altre figure che hanno sopra le quattro virtù cardinali e le tre teologiche, con altre infinite considerazioni, espresse da Taddeo con disegno e grazia non piccola, in tanto che si può dir esser stata la meglio intesa e quella che si è più conservata di tutte le cose sue. Nella medesima Santa Maria Novella sopra il tramezzo della chiesa, fece ancora un S. Geronimo vestito da cardinale, avendo egli divozione in quel santo e per protettor di sua casa eleggendolo; e sotto esso poi Agnolo suo figliuolo, morto Taddeo, fece fare ai descendenti una sepoltura, coperta con un lapide di marmo con l'arme de' Gaddi. Ai quali descendenti Geronimo cardinale, per la bontà di Taddeo e per i meriti loro, ha impetrato da Dio gradi orrevolissimi nella chiesa, chericati di camera, vescovadi, cardinalati, prepositure e cavalierati onoratissimi: i quali tutti discesi di Taddeo in qualunche grado, hanno sempre stimato e favoriti i begli ingegni inclinati alle cose della scultura, pittura e quelli con ogni sforzo loro aiutati. Finalmente, essendo Taddeo venuto in età di cinquanta anni, d'atrocissima febbre percosso, passò di questa vita l'anno 1350, lasciando Agnolo suo figliuolo e Giovanni che attendessero alla pittura, raccomandandogli a Iacopo di Casentino per li costumi del vivere et a Giovanni da Milano per gl'ammaestramenti dell'arte; il qual Giovanni, oltr'a molte altre cose, fece dopo la morte di Taddeo una tavola che fu posta in S. Croce all'altare di S. Gherardo da Villamagna, quattordici anni dopo che era rimaso senza il suo maestro; e similmente la tavola dell'altar maggiore d'Ogni Santi, dove stavano i frati umiliati, che fu tenuta molto bella; et in Ascesi la tribuna dell'altar maggiore, dove fece un Crucifisso, la Nostra Donna e Santa Chiara; e nelle facciate e dalle bande istorie della Nostra Donna. Dopo, andatosene a Milano, vi lavorò molte opere a tempera et in fresco, e finalmente vi si morì.