Taddeo adunque mantenne continuamente la maniera di Giotto, ma non però la migliorò molto, salvo che nel colorito, il quale fece più fresco e più vivace che quello di Giotto, avendo egli atteso tanto a migliorare l'altre parti e difficultà di questa arte che, ancor che a questa badasse, non potette però aver grazia di farlo; là dove, avendo veduto Taddeo quello che aveva facilitato Giotto et imparatolo, ebbe tempo d'aggiugnere qualche cosa e migliorare il colorito.
Fu sepolto Taddeo da Agnolo e Giovanni suoi figliuoli in Santa Croce nel primo chiostro e nella sepoltura ch'egli aveva fatta a Gaddo suo padre; e fu molto onorato con versi da' virtuosi di quel tempo, come uomo che molto aveva meritato per costumi e per aver condotto con bell'ordine, oltre alle pitture, molte fabriche nella sua città commodissime; et oltr'a quello che s'è detto, per avere sollecitamente e con diligenza esseguita la fabrica del campanile di S. Maria del Fiore, col disegno lasciato da Giotto suo maestro; il quale campanile fu di maniera murato, che non possono commettersi pietre con più diligenza, né farsi più bella torre per ornamento, per spese e per disegno. L'epitaffio che fu fatto a Taddeo fu questo che qui si legge:
Hoc uno dici poterat Florentia felix
vivente: at certa est non potuisse mori.
Fu Taddeo molto resoluto nel disegno, come si può vedere nel nostro libro dov'è disegnata di sua mano la storia che fece nella capella di S. Andrea in Santa Croce di Firenze.
IL FINE DELLA VITA DI TADDEO GADDI PITTOR FIORENTINO
VITA D'ANDREA DI CIONE ORGAGNA PITTORE, SCULTORE ET ARCHITETTO FIORENTINO
Rade volte un ingegnoso è eccellente in una cosa che non possa agevolmente apprendere alcun'altra, e massimamente di quelle che sono alla prima sua professione somiglianti, e quasi procedente da un medesimo fonte; come fece l'Orgagna fiorentino il quale fu pittore, scultore, architetto e poeta, come di sotto si dirà. Costui, nato in Fiorenza, cominciò ancora fanciulletto a dar opera alla scultura sotto Andrea Pisano, e seguitò qualche anno; poi, essendo disideroso, per fare vaghi componimenti d'istorie, d'esser abondante nell'invenzioni, attese con tanto studio al disegno, aiutato dalla natura che volea farlo universale, che (come una cosa tira l'altra) provatosi a dipignere con i colori a tempera et a fresco, riuscì tanto bene, con l'aiuto di Bernardo Orgagna suo fratello, che esso Bernardo lo tolse in compagnia a fare in S. Maria Novella nella capella maggiore, che allora era della famiglia de' Ricci, la vita di Nostra Donna; la quale opera finita fu tenuta molto bella, se bene per trascuraggine di chi n'ebbe poi cura, non passarono molti anni che, essendo rotti i tetti, fu guasta dall'acque e perciò fatta nel modo ch'ell'è oggi, come si dirà al luogo suo, bastando per ora dire che Domenico Grillandai, che la ridipinse, si servì assai dell'invenzioni che v'erano dell'Orgagna. Il quale fece anche in detta chiesa, pure a fresco, la capella degli Strozzi, che è vicina alla porta della sagrestia e delle campane, in compagnia di Bernardo suo fratello. Nella quale cappella, a cui si saglie per una scala di pietra, dipinse in una facciata la gloria del Paradiso con tutti i Santi e con varii abiti et acconciature di que' tempi. Nell'altra faccia fece l'Inferno, con le bolgie, centri et altre cose descritte da Dante, del quale fu Andrea studiosissimo. Fece nella chiesa de' Servi della medesima città, pur con Bernardo, a fresco la capella della famiglia de' Cresci et in San Pier Maggiore, in una tavola assai grande, l'incoronazione di Nostra Donna; et in San Romeo presso alla porta del fianco una tavola.
Similmente, egli e Bernardo suo fratello insieme, dipinsero a fresco la facciata di fuori di Santo Apollinare con tanta diligenza, che i colori in quel luogo scoperto si sono vivi e belli maravigliosamente conservati insin'a oggi. Mossi dalla fama di quest'opre dell'Orgagna, che furono molto lodate, coloro che in quel tempo governavano Pisa, lo fecero condurre a lavorare nel Camposanto di quella città un pezzo d'una facciata, secondo che prima Giotto e Buffalmacco fatto avevano. Onde, messovi mano, in quella dipinse Andrea un Giudizio Universale con alcune fantasie a suo capriccio, nella facciata di verso il Duomo, allato alla Passione di Cristo fatta da Buffalmacco, dove, nel canto facendo la prima storia, figurò in essa tutti i gradi de' Signori Temporali, involti nei piaceri di questo mondo; ponendogli a sedere sopra un prato fiorito, e sotto l'ombra di molti melaranci, che facendo amenissimo bosco, hanno sopra i rami alcuni Amori, che volando a torno, e sopra molte giovani donne, ritratte tutte, secondo che si vede, dal naturale di femmine nobili, e signore di que' tempi le quali per la lunghezza del tempo non si riconoscono, fanno sembiante di saettare i cuori di quelle alle quali sono giovani uomini appresso e signori che stanno a udir suoni e canti et a vedere amorosi balli di garzoni e donne che godano con dolcezza i loro amori. Fra' quali signori ritrasse l'Orgagna Castruccio, signor di Lucca, e giovane di bellissimo aspetto, con un cappuccio azzurro avvolto intorno al capo e con uno sparviere in pugno; et appresso lui altri signori di quell'età, che non si sa chi sieno. Insomma fece con molta diligenza in questa prima parte, per quanto capiva il luogo e richiedeva l'arte, tutti i diletti del mondo graziosissimamente. Dall'altra parte nella medesima storia figurò sopra un alto monte la vita di coloro che, tirati dal pentimento de' peccati e dal disiderio d'esser salvi, sono fuggiti dal mondo a quel monte tutto pieno di Santi romiti che servono al Signore diverse cose operando con vivacissimi affetti: alcuni leggendo et orando si mostrano tutti intenti alla contemplativa, et altri lavorando per guadagnare il vivere nell'attiva variamente si essercitano. Vi si vede fra gl'altri un romito che mugne una capra, il quale non può essere più pronto né più vivo in figura di quello che gli è. E poi da basso San Macario che mostra a que' tre re, che cavalcando con loro donne e brigata vanno a caccia, la miseria umana in tre re, che morti e non del tutto consumati, giaceno in una sepoltura, con attenzione guardata dai re vivi, in diverse e belle attitudini piene d'amirazione, e pare quasi che considerino con pietà di se stessi d'avere in breve a divenire tali. In un di questi re a cavallo ritrasse Andrea Uguccione della Faggiuola aretino, in una figura che si tura con una mano il naso, per non sentire il puzzo de' re morti e corrotti. Nel mezzo di questa storia è la morte che, volando per aria, vestita di nero, fa segno d'avere con la sua falce levato la vita a molti, che sono per terra d'ogni stato e condizione, poveri, ricchi, storpiati, ben disposti, giovani, vecchi, maschi, femmine et insomma d'ogni età e sesso buon numero. E perché sapeva che ai Pisani piaceva l'invenzione di Buffalmacco, che fece parlare le figure di Bruno in San Paulo a Ripa d'Arno, facendo loro uscire di bocca alcune lettere, empié l'Orgagna tutta quella sua opera di cotali scritti de' quali la maggior parte, essendo consumati dal tempo, non s'intendono. A certi vecchi dunque storpiati fa dire:
Da che prosperitade ci ha lasciati,
o morte, medicina d'ogni pena,
deh, vieni a darne omai l'ultima cena,
con altre parole che non s'intendono e versi così all'antica composti, secondo che ho ritratto, dall'Orgagna medesimo, che attese alla poesia et a fare qualche sonetto. Sono intorno a que' corpi morti alcuni Diavoli che cavano loro di bocca l'anime e le portano a certe bocche piene di fuoco, che sono sopra la sommità d'un altissimo monte; di contro a questi sono Angeli, che similmente a altri di que' morti, che vengono a essere de' buoni, cavano l'anime di bocca e le portano volando in Paradiso. Et in questa storia è una scritta grande, tenuta da due Angeli, dove sono queste parole: