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In una capella in S. Trinita fece una Nunziata in fresco molto bella, e nella chiesa di S. Apostolo nella tavola dell'altar maggiore a tempera fece lo Spirito Santo, quando è mandato sopra gl'Apostoli in lingue di fuoco. In S. Lucia de' Bardi fece similmente una tavoletta, et in S. Croce un'altra maggiore, nella capella di S. Giovanni Battista che fu dipinta da Giotto.

Dopo queste cose, essendo dai sessanta cittadini che governavano Arezzo, per lo gran nome che aveva acquistato lavorando in Fiorenza, là richiamato, gli fu fatto dipignere dal Comune nella chiesa del Duomo vecchio fuor della città la storia de' Magi e nella capella di S. Gismondo un San Donato che con la benedizione fa crepare un serpente. Parimente in molti pilastri di quel Duomo fece diverse figure, et in una facciata la Madalena che in casa di Simone unge i piedi a Cristo, con altre pitture, delle quali non accade far menzione, essendo oggi quel tempio che era pieno di sepolture, d'ossa di Santi e d'altre cose memorabili, del tutto rovinato. Dirò bene, acciò che d'esso almeno resti questa memoria, che essendo egli stato edificato dagl'Aretini più di mille e trecento anni sono, allora che di prima vennero alla fede di Gesù Cristo, convertiti da S. Donato, il quale fu poi vescovo di quella città, e gli fu dedicato a suo nome, et ornato di fuori e di dentro riccamente di spoglie antichissime. Era la pianta di questo edifizio, del quale si è lungamente altrove ragionato, dalla parte di fuori in sedici facce divisa e dentro in otto, e tutte erano piene delle spoglie di que' tempii, che prima erano stati dedicati agl'idoli; et insomma egli era quanto può esser bello un così fatto tempio antichissimo, quando fu rovinato. Dopo le molte pitture fatte in Duomo, dipinse Spinello in S. Francesco, nella capella de' Marsupini, Papa Onorio quando conferma et appruova la Regola d'esso Santo, ritraendovi Innocenzio Quarto di naturale, dovunque egli se l'avesse. Dipinse ancora nella medesima chiesa, nella capella di S. Michelagnolo, molte storie di lui, lì dove si suonano le campane, e poco di sotto alla capella di Messer Giuliano Baccio una Nunziata con altre figure che sono molto lodate, le quali tutte opere fatte in questa chiesa furono lavorate a fresco con una pratica molto risoluta dal 1334 insino al 1338. Nella Pieve poi della medesima città dipinse la capella di S. Piero e S. Paulo, di sotto a essa quella di S. Michelagnolo, e per la Fraternità di S. Maria della Misericordia, pur da quella banda, in fresco, la capella di S. Iacopo e Filippo, e sopra la porta principale della Fraternità, ch'è in piazza, cioè nell'arco, dipinse una Pietà con un S. Giovanni a richiesta de' rettori di essa Fraternità, la quale ebbe principio in questo modo: cominciando un certo numero di buoni et onorati cittadini a andare accattando limosine per i poveri vergognosi et a sovvenirgli in tutti i loro bisogni l'anno della peste del 1348 per lo gran nome acquistato da que' buon'uomini alla Fraternità, aiutando i poveri, gl'infermi, sepellendo morti e facendo altre somiglianti opere di carità, furono tanti i lasci, le donazioni e l'eredità che le furono lasciati che ella ereditò il terzo delle ricchezze d'Arezzo; et il simile avvenne l'anno 1383, che fu similmente una gran peste. Spinello adunque, essendo della Compagnia e toccandogli spesso a visitare infermi, sotterrare morti e fare altri cotali piissimi esercizii che hanno fatto sempre i migliori cittadini e fanno anch'oggi di quella città, per far di ciò qualche memoria nelle sue pitture dipinse per quella Compagnia nella facciata della chiesa di S. Laurentino e Pergentino una Madonna, che avendo aperto dinanzi il mantello ha sotto esso il popolo d'Arezzo, nel quale sono ritratti molti uomini de' primi della Fraternità di naturale, con le tasche al collo e con un martello di legno in mano, simile a quelli che adoperano a picchiar gl'usci quando vanno a cercar limosine. Parimente nella Compagnia della Nunziata dipinse il tabernacolo grande che è fuori della chiesa, e parte d'un portico che l'è dirimpetto, e la tavola d'essa Compagnia, dove è similmente una Nunziata, a tempera; la tavola ancora che oggi è nella chiesa delle monache di S. Giusto, dove un piccolo Cristo che è in collo alla madre sposa S. Caterina, con sei storiette di figure piccole de' fatti di lei, è similmente opera di Spinello e molto lodata. Essendo egli poi condotto alla famosa Badia di Camaldoli in Casentino, l'anno 1361 fece ai romiti di quel luogo la tavola dell'altar maggiore, che fu levata l'anno 1539 quando, essendo finita di rifare quella chiesa tutta di nuovo, Giorgio Vasari fece una nuova tavola e dipinse tutta a fresco la capella maggiore di quella Badia, il tramezzo della chiesa a fresco e due tavole. Di lì chiamato Spinello a Firenze da don Iacopo d'Arezzo, abate di S. Miniato in Monte, dell'Ordine di Monte Oliveto, dipinse nella volta e nelle quattro facciate della sagrestia di quel monasterio oltre la tavola dell'altare a tempera molte storie della vita di S. Benedetto, a fresco, con molta pratica e con una gran vivacità di colori, imparata da lui mediante un lungo esercizio et un continuo lavorare con studio e diligenza, come invero bisogna a chi vuole acquistar un'arte perfettamente.

Avendo dopo queste cose il detto abate, partendo da Firenze, avuto in governo il monasterio di S. Bernardo del medesimo ordine nella sua patria, a punto quando si era quasi del tutto finito in sul sito (conceduto dov'era a punto il colosseo) dagl'Aretini a que' monaci, fece dipignere a Spinello due capelle a fresco, che sono allato alla maggiore, e due altre che mettono in mezzo la porta che va in coro nel tramezzo della chiesa; in una delle quali, che è allato alla maggiore, è una Nunziata a fresco fatta con grandissima diligenza, et in una faccia allato a quella è quando la Madonna sale i gradi del tempio, accompagnata da Giovacchino et Anna; nell'altra capella è un Crucifisso con la Madonna e S. Giovanni che lo piangono et in ginocchioni un S. Bernardo che l'adora. Fece ancora nella faccia di dentro di quella chiesa, dove è l'altare della Nostra Donna, essa Vergine col Figliuolo in collo, che fu tenuta figura bellissima insieme con molte altre che egli fece per quella chiesa sopra il coro della quale dipinse la Nostra Donna, S. Maria Madalena e S. Bernardo molto vivamente. Nella Pieve similmente d'Arezzo, nella capella di S. Bartolomeo, fece molte storie della vita di quel Santo, et a dirimpetto a quella, nell'altra navata, nella capella di S. Matteo che è sotto l'organo e che fu dipinta da Iacopo di Casentino suo maestro, fece, oltre a molte storie di quel Santo che sono ragionevoli, nella volta in certi tondi, i quattro Evangelisti in capricciosa maniera, perciò che sopra i busti e le membra umane fece a S. Giovanni la testa d'aquila, a Marco il capo di lione, a Luca di bue et a Matteo solo la faccia d'uomo, cioè d'Angelo. Fuor d'Arezzo ancora dipinse nella chiesa di S. Stefano, fabricata dagl'Aretini sopra molte colonne di graniti e di marmi per onorare e conservare la memoria di molti martiri che furono da Giuliano Apostata fatti morire in quel luogo, molte figure e storie con infinita diligenza e con tale maniera di colori, che si erano freschissime conservate insino a oggi quando, non molti anni sono, furono rovinate. Ma quello che in quel luogo era mirabile, oltre le storie di S. Stefano fatte in figure maggiori che il vivo non è, era in una storia de' Magi vedere Giuseppo allegro fuor di modo per la venuta di que' re, da lui considerati con maniera bellissima mentre aprivano i vasi dei loro tesori e l'offerivano. In quella chiesa medesima una Nostra Donna che porge a Cristo fanciullino una rosa, era tenuta, et è, come figura bellissima e devota, in tanta venerazione appresso gl'Aretini, che senza guardare a niuna difficultà o spesa, quando fu gettata per terra la chiesa di Santo Stefano, tagliarono intorno a essa il muro, et allacciatolo ingegnosamente, la portarono nella città, collocandola in una chiesetta per onorarla, come fanno, con la medesima devozione che prima facevano. Né ciò paia gran fatto, perciò che, essendo stato proprio e cosa naturale di Spinello dare alle sue figure una certa grazia semplice che ha del modesto e del santo, pare che le figure che egli fece de' Santi e massimamente della Vergine spirino un non so che di santo e di divino, che tira gl'uomini ad averle in somma reverenza, come si può vedere, oltre alla detta, nella Nostra Donna che è in sul canto degl'Albergetti, et in quella ch'è in una facciata della Pieve dalla parte di fuori in seteria, e similmente in quella che è in sul canto del canale della medesima sorte. È di mano di Spinello ancora, in una facciata dello spedale dello Spirito Santo, una storia quando gli Apostoli lo ricevono che è molto bella, e così le due storie da basso, dove S. Cosimo e S. Damiano tagliano a un moro morto una gamba sana, per appiccarla a un infermo a chi eglino ne avevano tagliato una fracida; e parimente il Noli me tangere bellissimo, che è nel mezzo di quelle due opere.