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Si rendevano conto che lei era lì, decisa a ucciderle? Non lo sapeva né le interessava. Remò vigorosamente verso la massa dei corpi neri ondeggianti.

Sopra di lei sfrecciavano gli Invasori. Non acceleravano né rallentavano: semplicemente si muovevano. Entravano e uscivano dall’acqua senza rumore e senza spruzzi. Lilo si alzò e agitò l’arpione contro di loro, poi si controllò. Anche nella sua rabbia maniacale, nelle rosse profondità della sua furia nei loro confronti e nei confronti di quello che avevano fatto alla sua gente, sapeva che alcune cose erano al di là della sua portata. Si sarebbe vendicata sulla carne e sul sangue, poi sarebbe morta perché non restava niente da fare, perché non aveva senso continuare a camminare su spiagge nude o starsene seduti vicino a una capanna di fango.

Era lì nell’acqua accanto a lei, un largo dorso nero chiazzato appena sotto la superficie. Portò la mano al fiore metallico sulla clavicola e si trasformò in una creatura deforme di un blu brillante, calda come il sole che le si specchiava sulla faccia.

Sentì un grido. Il suo braccio si levò, si raddrizzò, ebbe un, sussulto. L’asta di legno le tremò nella mano, mentre sprofondava nella montagna di grasso.

La Cacciatrice Argentea, Diana, era in piedi sul dorso della balena e gridava. Tenne l’arpione con tutt’e due le mani mentre la coda del mostro si alzava e si abbatteva sulla barca.

La balena si immerse.

24

La pellicola arrivò alla fine e per un po’ sbatté rumorosamente sulla bobina. Uno degli uomini si allungò e spense il proiettore. Si accesero le luci e Lilo, Javelin, Vaffa e Cathay si trovarono di fronte a otto facce che li guardavano con espressione interrogativa. Nella stanza l’atmosfera era tesa; i Mercanti stavano aspettando qualcosa.

Per qualche motivo, a Lilo sembrava di vivere in una commedia musicale. La situazione era distaccata dalla realtà proprio come in un musical, con i personaggi che si bloccano a metà dell’azione per mettersi a cantare.

«Be’,» fece William. «Bene. Che ne pensate?»

«Efficace,» azzardò Cathay.

«Solido. Va dritto allo scopo,» disse uno dei Mercanti.

Javelin si schiarì la gola.

«Uh… sì. È un bel film. Ma siamo davvero venuti qui per discutere i meriti artistici dei vostri addetti alla propaganda?»

«Vorremmo sapere cosa ne pensate,» disse William. La sua voce trasudava fermezza. «Naturalmente ci rendiamo conto che non avete il potere di accettare o di rifiutare quello che vi abbiamo offerto… Non siete i rappresentanti della vostra razza.»

«Che avete intenzione di farne? Non l’avrete girato solo per noi.»

«Lo trasmetteremo. Non sulla Linea Calda, però. Questa volta arriverà direttamente a tutti i pianeti abitati del vostro sistema. Questo è il modo in cui agiamo di solito. Vi sarete resi conto che non abbiamo mai utilizzato tutta la potenza del trasmettitore. Non possediamo un laser grande abbastanza per trasmettere a diciassette anni luce di distanza, ma possiamo inviare un segnale più forte di quelli che avete ricevuto finora. L’abbiamo confuso e distorto deliberatamente, simulando quello che vi sareste aspettati se fosse venuto da 70 Ophiucus. Volevamo che pensaste che eravamo molto lontani.

«Quando sappiamo che essere scoperti è solo una questione di tempo, inviamo il primo messaggio che avete ricevuto. Di solito arriva qualcuno. Se non si vede nessuno ci domandiamo se non stiamo perdendo il nostro tempo. Voi siete stati molto abili.»

Javelin si spostò sulla sedia, con un’espressione amara sul volto.

«Sì, ma cosa vi aspettate che faccia la gente una volta visto il film?»

«Prego?» William le puntò gli occhi addosso.

«Quello che intendo dire è che voi volete qualcosa in cambio delle informazioni che ci avete mandato. D’accordo, questo lo capirebbero tutti. Però volete la nostra cultura. Ho paura di non aver afferrato com’è che intendereste prenderla.»

«Credevo che il film lo spiegasse chiaramente.»

«Per me no,» intervenne Cathay. «Non l’ho capito, e neppure ho capito quali sono le alternative se la razza umana non è disposta a collaborare.»

«Ah.» William si inumidì le labbra. «Forse dovremo apportare dei cambiamenti al finale prima di trasmetterlo, Vedete quanto ci siete utili? Ora vi lascio al nostro Ministro per l’Assimilazione. Alicia?»

Se William sembrava ampolloso e leggermente irreale nei suoi manierismi, Alicia era poco più che un manichino. Lilo riusciva a immaginare tanti fili che le andavano alle braccia e alle gambe. Si domandò come fossero effettivamente fatti questi Mercanti. Alicia le rispose subito.

«Come spero abbiate capito dal film,» attaccò, «quello che vedete davanti a voi non è il risultato della cultura dei Mercanti né dei loro geni. Questa stanza e i nostri corpi sono stati approntati per questo incontro. Sono circa ottocento anni che vi studiamo, che ascoltiamo le vostre trasmissioni radiofoniche e televisive. È molto più tempo che siamo qui. La prima volta che visitammo la Terra fu ventimila anni fa. Da allora abbiamo aspettato che voi veniste da noi. Abbiamo imparato a essere umani.» Allargò le braccia. «È un compito impossibile da svolgere a distanza, ma questa stazione è un laboratorio sperimentale per l’assimilazione delle culture umane. Sotto di noi ci sono duecento celle ambientali che riproducono le condizioni di varie società umane del presente e del passato. Inoltre siamo pronti a compiere esperimenti di incrocio, a fondere culture già in nostro possesso con quanto apprendiamo della cultura umana. Come vedete, finora abbiamo solo una comprensione limitata delle opinioni e degli atteggiamenti mentali che rendono umano un essere.»

«Sì, capisco,» disse Lilo. «O almeno credo. Sta dicendo che non avete una vostra cultura, che l’avete perduta o che si è così completamente fusa con altre che non riuscite più a separarla.»

«Giusto,» annuì Alicia. «Grosso modo. Ma non è stato un fatto casuale. Abbiamo osservato nelle altre razze che un popolo tende a perdere la propria vitalità se costretto a vivere per un milione d’anni un’esistenza transitoria e nomadica. La scintilla che ogni razza possiede — e ognuna di esse è diversa — si spegne e la razza scompare. È capitato a molte razze. Così noi compiamo lo sforzo di cambiarci in tutte le possibili occasioni. Gli individui continuano a esistere. Personalmente io ho più di due milioni di anni come coscienza di gruppo. Penso che sarebbe inutile tentare di spiegarvi cosa significhi.»

«Sì, l’avete detto nel film,» intervenne Javelin, spazientita. «Quello che ancora non mi avete detto è cosa volete fare. Con noi. Con la razza umana.»

«Semplicissimo. Desideriamo coesistere per qualche tempo con alcuni di voi. Il solo modo di apprendere una cultura è dall’interno. Esistono tecniche — molto simili alla registrazione mnemonica che avete scoperto autonomamente e che noi vi abbiamo aiutato a perfezionare — per la sovrapposizione di una mente su un’altra. Desideriamo che le vostre menti ci diano un passaggio per alcuni anni. Dopo di che saremo umani come voi, non le costruzioni imperfette che vedete adesso.»

«Pensate che questa idea verrà accolta?» chiese William.

«Intendete dire se penso che la gente accetterà?» Javelin sospirò. «Ci sono cose più facili da vendere. A cosa assomiglierà? A un simb?»

«No, no, niente di così drastico. Saremo osservatori inosservati. Dopo qualche anno vi lasceremo ai vostri strumenti. Ma non avete molto tempo. Gli Invasori non vi concederanno più di un secolo prima di sterminarvi tutti dagli Otto Mondi.»

«E quanti… ah, e quanti ospiti vi occorrerebbero?»

«Poche migliaia. Per avere un campione significativo. Dopo potremmo imparare a essere umani gli uni dagli altri.» Fece una pausa. «Sappiamo che è una richiesta strana. Ma è la sola cosa che la vostra razza possa offrirci. È il solo motivo per il quale vi abbiamo trasmesso le nostre scoperte di sette milioni di anni. Non abbiamo bisogno né del vostro oro né del vostro argento, e nemmeno delle vostre cosiddette ricchezze. Conosciamo tutta la vostra tecnologia. Non ci servite come schiavi, né come fonte di cibo, né come nuovo anello nella catena del nostro impero. E non siamo filantropi interstellari. In effetti siamo invasori. La vostra razza ha subito una seconda invasione, e questa volta l’ha accettata con piacere.»