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Past Master è molte cose. Con le parole del protagonista, potrebbe essere «tutto per tutti» (e a volte le affermazioni che More fa su se stesso sembrano trasferibili al rapporto tra l’autore e quel suo alter ego che è il romanzo che sta scrivendo). È una riflessione di metafisica della Storia; è un’allegoria della società moderna; è un romanzo cattolico «conservatore»; è la ripresa di un’idea di Luciano che poneva Platone come unico abitante della sua Repubblica; è una difesa della forza dell’irrazionale contro la ragione esclusiva. Ed è anche una personalissima interpretazione della figura storica di Thomas More: il personaggio di Lafferty non è certo quel Thomas More, Cavaliere e prigioniero, che fu decapitato il 6 luglio 15 35 in base a una testimonianza falsa di Richard Rich, Procuratore generale di Enrico VIII… e in parte lo è.

Volendo definire questo romanzo, le parole migliori sono forse quelle che scriveva Alexei Panshin su un’altra opera di Lafferty, Fourth Mansions: «è un libro scatenato, ed è pieno di bugie prodigiose. Probabilmente lo rileggerò molte volte».

Riccardo Valla