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Allora Paul ritornò a Ghazikhan e a mezzanotte si arrampicò in cima all’idolo (che era alto centocinquanta metri, e scivoloso come un blocco di ghiaccio); gli cavò l’occhio di smeraldo e mise al suo posto il rene verde. S’incastrò alla perfezione. — Ero sicuro che sarebbe andato a pennello — disse Paul. Poi ridiscese (un’impresa che nessun altro, al mondo, avrebbe osato) e ritornò a bordo con lo smeraldo. Lo rivendette a Karachi per undici milioni di dollari, e per un certo periodo visse nel lusso. Ma poiché aveva un solo rene, Paul non poteva bere neppure una goccia d’acqua.

Tre anni più tardi Paul (Johnny Aceto) ritornò a Ghazikhan. Gli dissero che l’occhio centrale dell’idolo aveva acquistato un valore ancora più grande. Era cambiato, per un miracolo (così diceva la gente), aveva assunto nuove sfumature di colore, una grana assai più fine, e dei riflessi meravigliosi; in più, esalava un nuovo, delicato aroma. Il suo valore era salito a tredici milioni di dollari. — E così in questo affare ci ho rimesso due milioni di dollari! — esclamò Paul, svegliandosi.

Novanta secondi? Com’era possibile? Soltanto per scalare l’idolo aveva impiegato due ore… Qualcuno si sta forse chiedendo chi sia veramente Paul, quest’uomo dall’eterno sogghigno? Ebbene, era proprio il tipo d’uomo che avrebbe sognato di possedere un rene di vetro verde.

Ventimila di questi sogni! Ehi, eccone un altro!

Paul si precipitava a fantastica velocità verso un punto del cielo dove le due stelle gemelle Rhium e Antirhium ruotavano l’una intorno all’altra. — Agire con estrema rapidità — dicevano le istruzioni. — Non sembrano importanti, ma queste due stelle danno il tempo all’universo intero. Qualcuno sta tramando contro di esse. — Paul prosegui il suo impossibile volo e raggiunse le due stelle. E vide una cosa che nessuno aveva mai visto prima, anche perché nessuno, prima di lui, si era avvicinato a tal punto. Le due piccole stelle ruotavano l’una intorno all’altra perché erano unite da una lunga catena d’acciaio, che le costringeva a mantenere un’orbita così stretta e veloce, ed era appunto questo che permetteva loro di dare il tempo all’universo. Paul localizzò immediatamente la fonte di disturbo: c’era una piccola creatura verde, dal corpo di scimmia e la testa simile a quella dei diavoli d’una cattedrale gotica, che stava tagliando la catena con una sega circolare, e l’aveva quasi troncata in due. — Dio voglia che non sia troppo tardi! — pregò Paul, e credette di avercela fatta quando alla scimmia si spezzò la lama della sega. Ma la sostituì fulmineamente con un’altra, fece uno sberleffo a Paul con la sua orribile lingua verde, vibrò ancora tre colpi e la catena si spezzò. Allora Rhium e Antirhium schizzarono via dalle loro orbite e l’intero universo piombò nel caos. Cinquanta miliardi di miliardi di stelle si trasformarono in novae, e poi vi fu soltanto il buio e il nulla. L’intero universo aveva inghiottito se stesso ed era sparito per sempre. — Che cosa ti avevo ordinato? — urlò furiosamente il capitano spaziale a Paul, che rientrava con passo rigido. Poi il volto del capitano spaziale si sciolse come cera, e sparì. — Ho corso più che ho potuto — disse Paul; poi anche il suo volto si sciolse come cera e sparì.

— E finito? — Era la voce di Fabian Foreman, il Falco. — Se davvero è finito, allora, forse, possiamo incominciare a costruire un altro universo. Va tutto bene. Tutto ha funzionato alla perfezione. Volevo, appunto, che tu arrivassi tardi.

Novanta secondi di tempo! Ventimila sogni, uno diverso dall’altro!

è strano, ma soltanto i disadattati riescono a sopportare il passaggio. I cittadini piloti, persone ben adattate, non resistono a questo viaggio solitario. Ecco il motivo per cui chi è capace di pilotare una nave attraverso lo spazio di Hopp appartiene a una razza tutta speciale.

Paul sapeva che alcuni dei mostri da lui incontrati nei sogni del passaggio erano reali. Erano le incredibili creature che abitavano l’equazione di Hopp. Alcuni li aveva visti soltanto Paul, altri si erano fatti conoscere da un pilota dopo l’altro, sempre nell’identico sogno e nello stesso punto dello spazio. Era il delirio. Quasi cinque anni di esperienze psichiche, concentrati in un mese! La quantità complessiva non diminuiva affatto.

Dalla Dorata Astrobia all’Azzurra Terra. La Terra è sempre azzurra per chi viene da Astrobia, e Astrobia è sempre dorata per chi viene dalla Terra. Il bianco dei rispettivi soli non è identico. Il bianco non è un assoluto, è la combinazione dei colori in cui viviamo.

Paul si avvicinò alla Terra lungo la linea dell’alba, un’esperienza meravigliosa, sempre nuova.

Discese allo spazioporto di Londra e parcheggiò l’astronave. Prelevò un piccolo ma pesante strumento e si recò all’ufficio londinese di Cosmos Kingmaker. Il più ricco uomo di Astrobia aveva grandi interessi anche sulla Terra, e Paul sapeva come cavarsela su entrambi i mondi.

Brooks, l’incaricato di Kingmaker a Londra, fu tutto eccitato all’idea di un uomo giunto a fargli visita da Astrobia. La maggior parte dei terrestri si eccitano, per un complesso d’inferiorità nei confronti di Astrobia: si sentono meno importanti, o addirittura trascurabili. Quando, cinquecento anni prima, la piccola ma vivace élite della Terra si era trasferita in blocco su Astrobia, questo abbandono aveva lasciato una traccia permanente, e la Terra era diventata, fatalmente, un pianeta inferiore.

Paul presentò a Brooks le sue credenziali e le istruzioni ricevute da Kingmaker, e Brooks le accettò. Paul le aveva falsificate durante il passaggio, anche se avrebbe potuto avere i documenti autentici dallo stesso Kingmaker o da Foreman. Ma preferiva fare le cose in proprio.

— Lei non mi dà molte informazioni, né, d’altra parte, io ne chiedo — disse Brooks. — Ho sentito parlare vagamente di lei. So che ha avuto dei guai su entrambi i pianeti. Bene, io ho il massimo rispetto per un uomo, anche se in lui si cela un filibustiere: se ne è persa la razza. Kingmaker si è già servito di uomini come lei, e non sta a me discuterlo. Ecco, questa è la macchina. Posso calibrare una sonda per qualsiasi periodo lei desideri… ma vedo che ha portato una sonda con lei.

— Oh, non è poi un gran segreto, Brooks. Sono venuto per un uomo, ed e probabile che ripartirò con lui domani stesso. Non è necessario che lei conosca la calibrazione esatta, ma anche se lei l’indovinasse, non farebbe male a nessuno.

— Ecco, qui ci sono le monete dei periodo in questione, come da istruzioni ricevute. Vorrei proprio che non ne avesse richieste così tante. Mi ha quasi rovinato… Il cambio è di cinquanta a uno!

Paul stava esaminando le antiche monete d’oro ammucchiate su un tavolino: — Ecco, posso usarne si e no una su quattro — disse. — Le restituirò le altre, Brooks. Sono state coniate dopo gli anni che ci interessano, potrei trovarmi imbarazzato… Gli uomini che incontrerò, dove sto andando, potrebbero insospettirsi davanti a queste monete di domani. Conosco il cambio, il valore di ieri e quello di oggi. Quanto rimane mi basterà.

— Intende uscire a Chelsea, Inviato Paul?

— Chelsea? Un’osservazione acuta per un terrestre. No, entrerò e uscirò di qui.

— Chelsea a quell’epoca non faceva parte di Londra; si trovava a qualche miglio di distanza in campagna.