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«Come mai aspettano tanto?» chiese Holland.

«Forse a distanza di anni riescono meglio ad apprezzare lo sforzo delle famiglie affidatane. Da bambini, l’affido è più che altro un trauma.»

Thorne pensò a Mark e Sarah Foley. La loro vita di bambini in affido non poteva certo essere stata più traumatica dell’esperienza che avevano vissuto nella famiglia d’origine.

«E cosa dite alle persone che vengono qui a cercare quelle informazioni?»

«Auguriamo loro buona fortuna.» Joanne Lesser sollevò l’orlo della camicetta tra l’indice e il pollice e lo scosse, poi si soffiò un po’ d’aria nella scollatura. «I documenti esistono, ma chissà dove sono. Come ho detto, dovrebbero trovarsi a Chelmsford, ma riuscire a metterci le mani sopra è tutt’altra faccenda.»

La donna fece un sorriso che voleva dire “Non posso farci nulla” e Thorne ricordò un momento simile, quando lui e Holland erano seduti nell’ufficio di Tracy Lenahan, nella prigione di Derby, alcuni omicidi prima…

«So che parliamo di cose accadute molto tempo fa» disse. «E ho capito che il sistema di schedatura non funziona nel modo migliore. Ma deve pur esserci un archivio centrale…»

«Ah, mi scusi, credevo di avervelo detto. Il motivo per cui abbiamo solo i file degli affidatali attivi è che ogni volta che l’ufficio viene trasferito in una nuova sede, i vecchi file o i vecchi schedari vengono abbandonati. Ora, in teoria, qualcuno dovrebbe preoccuparsi di portarli a Chelmsford e di archiviarli da qualche parte. Ma la verità è che i documenti spesso restano chiusi per anni in qualche scatolone, vanno perduti…»

«E perché avvengono questi cambiamenti di sede?»

«Gli uffici municipali sono intercambiabili. Domani qualcuno potrebbe decidere che questo deve essere il nuovo quartier generale della Nettezza Urbana o di qualcos’altro. Oppure che non vale la pena di rinnovare il contratto d’affitto di questo edificio, che da qui a un paio d’anni potrebbe trasformarsi in un albergo.»

«Capisco. E il suo ufficio ha cambiato sede spesso?»

«Guardi, io faccio questo lavoro da dieci anni, e abbiamo già cambiato sede tre… no, quattro volte, da quando sono stata assunta.» Thorne dovette fare uno sforzo per non imprecare o per non sferrare un calcio alla scrivania. «Ma il peggio è,» continuò Joanne Lesser «che molti documenti sono andati distrutti un paio di anni fa, quando una parte dell’archivio ha subito una inondazione…»

Thorne e Holland si scambiarono un’occhiata. Stavano beccando tutti i semafori rossi.

«Avete fatto un controllo nelle scuole?» chiese Joanne Lesser. «Forse con i dati scolastici avrete maggior fortuna.»

Holland abbassò gli occhi sul suo taccuino. «I due bambini hanno frequentato le elementari e le medie, poi, dal 1984 in poi, non ci sono più dati che li riguardano.»

Joanne Lesser rimase un attimo pensierosa. «Siete sicuri che siano ancora vivi?»

«Non siamo sicuri di nulla» rispose Thorne. L’idea che Mark e Sarah Foley potessero essere morti era stata presa in considerazione, anche se solo incidentalmente. Qualcuno aveva perfino suggerito che la morte di Dennis Foley fosse in realtà un omicidio mascherato da suicidio. Ma una breve occhiata ai dossier del caso e al referto dell’autopsia di Dennis aveva fatto scartare quell’ipotesi.

«So che ormai ci stiamo arrampicando sugli specchi,» disse Holland «ma non è per caso rimasto qualche impiegato che era già in servizio nel 1976?»

«No, mi dispiace. Il personale viene trasferito più o meno con la stessa frequenza degli uffici.»

«Un po’ come i calciatori» commentò Holland.

«Con una certa differenza nella retribuzione…»

Thorne pensò che il sorriso che la donna rivolse a Holland era completamente diverso da quello che aveva riservato a lui.

Si spostò sulla sedia, facendo sì che lo sguardo di Holland si staccasse da Joanne Lesser per indirizzarsi su di lui.

Era ora di andare.

«Va bene, allora. Grazie di tutto…»

«Perché vi state dando tanta pena per trovarli?»

Holland ripose il taccuino. «Mi dispiace, non possiamo…»

«Sono stati dati in affido dopo la morte dei genitori» intervenne Thorne. Tanto, che importanza aveva ormai? «Il padre ha ucciso la madre e poi si è suicidato. Sono stati i bambini a trovare i cadaveri.» La donna lo fissava a bocca aperta. «E pensiamo che quegli eventi siano connessi con una serie di delitti su cui stiamo indagando ora.»

«Una serie?» disse Joanne Lesser, come se si trattasse di una parola magica.

«Già.»

«E Mark e Sarah Foley c’entrano qualcosa?»

Thorne si accorse dal rossore alla base del collo e dalla voce più acuta di Joanne Lesser che la storia l’aveva eccitata.

Allora si alzò e si infilò la giacca di pelle. «Ascolti, Joanne, manderemo qualcuno a Chelmsford in cerca di quei documenti. Le saremmo davvero grati se potesse dare a quella persona tutto l’aiuto possibile.»

Lei spinse indietro la sedia e si alzò a propria volta. «Non c’è bisogno che mandiate nessuno. Me ne occuperò io. È vero, ho parecchio da fare qui, ma troverò il tempo.» Il rossore cominciava a salire lungo il collo. «E credo che farò prima da sola. Voglio dire, senza nessuno tra i piedi…»

Thorne rifletté un attimo su quella proposta. L’impresa sembrava così disperata che forse non valeva la pena di sprecare un agente. «Grazie» disse, alla fine.

Sulla porta, mentre Holland dava un biglietto da visita a Joanne Lesser e si annotava il suo numero di telefono, Thorne fissò i poster alla parete. Un’immagine catturò la sua attenzione: una bambina e un bambino, mano nella mano, con lo sguardo supplichevole. Erano più piccoli di Mark e Sarah Foley all’epoca del fatto ed erano quasi certamente due modelli, ma Thorne non riusciva a staccare lo sguardo dai loro volti…

Si irrigidì sentendo sul braccio la mano della donna.

«È strano,» disse lei «come alcune persone possano sfuggirci così, vero?»

Thorne annuì, pensando che alcune persone erano molto più sfuggenti di altre.

Mentre tornavano in macchina verso il centro della cittadina, Holland non fece che parlare di Joanne Lesser. Secondo lui era il tipo di donna dall’apparenza tranquilla, che poi, una volta a casa, si infilava nella vasca da bagno e, mentre in una mano teneva un libro giallo pieno di dettagli raccapriccianti, con l’altra mano…

Thorne non gli prestava molta attenzione. Era come se avesse le orecchie imbottite di ovatta.

«Forse cercare di rintracciarli tramite le famiglie che li hanno avuti in affido è una perdita di tempo» disse Holland, a un certo punto. «Li troveremo in un altro modo.»

Thorne rispose con un grugnito. Probabilmente Holland aveva ragione, ma lui aveva contato su un risultato migliore.

Holland si diresse verso l’autostrada, uscendo dalla cittadina lungo la strada che seguiva il tracciato delle mura romane.

Passarono davanti all’antica porta della città, attraverso la quale un giorno era entrato l’imperatore Claudio, in groppa a un elefante.

«Scommetto che Miss Marple Lesser sta già frugando tra quei documenti» disse Holland. «Che ne pensa, capo?»

Thorne gli rivolse un sorriso tirato. Pensava solo che un’altra pista in apparenza promettente stava per sparire nel nulla.

La fetta di pane nella mano di Peter Foley era macchiata di salsa. Foley si guardò le dita ancora un po’ sporche e graffiate, dopo una mattinata passata a sistemare la moto.

Ripulì il piatto e sollevò la tazza di tè, appoggiandosi al tavolo di plastica.

Guardando fuori dalla vetrata della caffetteria, ripensò alla sua famiglia. Ai morti e agli scomparsi.

Vagabondavo qua e là…