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Astolfo studia bene, dice: — Ah, sì: compresse Stappa! Un cartellone efficace! Ben trovato! Quell'omino lassù con quella sega significa l'emicrania che taglia in due la testa! L'ho subito capito! — E se ne riparte soddisfatto.

Tutto è silenzio e gelo. Marcovaldo da un sospiro di sollievo, si riassesta sullo scomodo trespolo e riprende il suo lavoro. Nel ciclo illuminato dalla luna si propaga lo smorzato gracchiare della sega contro il legno.

Primavera
9 L'aria buona

— Questi bambini, — disse il dottore della Mutua, — avrebbero bisogno di respirare un po' d'aria buona, a una certa altezza, di correre sui prati…

Era tra i letti del seminterrato dove abitava la famigliola, e premeva lo stetoscopio sulla schiena della piccola Teresa, tra le scapole fragili come le ali d'un uccelletto implume. I letti erano due e i quattro bambini, tutti ammalati, facevano capolino a testa e a piedi dei letti, con le gote accaldate e gli occhi lucidi.

— Sui prati come l'aiolà della piazza? — chiese Mi — chelino.

— Un'altezza come il grattacielo? — chiese Filip — petto.

— Aria buona da mangiare? — domandò Pietruccio.

Marcovaldo, lungo e affilato, e sua moglie Domi — tilla, bassa e tozza, erano appoggiati con un gomito ai due lati di uno sgangherato cassettone. Senza muovere il gomito, alzarono l'altro braccio e lo lasciarono ricadere sopra il fianco brontolando insieme: — E dove vuole che noi, otto bocche, carichi di debiti, come vuole che facciamo?

— Il posto più bello dove possiamo mandarli, — precisò Marcovaldo, — è per la strada.

— Aria buona la prenderemo, — concluse Domitil–

la, — quando saremo sfrattati e dovremo dormire allo stellato.

Il pomeriggio d'un sabato, appena furono guariti, Marcovaldo prese i bambini e li condusse a fare una passeggiata in collina. Abitavano il quartiere della città che dalle colline era il più distante. Per raggiungere le pendici fecero un lungo tragitto su un tram affollato e i bambini vedevano solo gambe di passeggeri attorno a loro. A poco a poco il tram si vuotò; ai finestrini finalmente sgombri apparve un viale che saliva. Così giunsero al capolinea e si misero in marcia.

Era appena primavera; gli alberi fiorivano a un tiepido sole. I bambini si guardavano intorno lievemente spaesati.

Marcovaldo li guidò per una stradina a scale, che saliva tra il verde.

— Perché c'è una scala senza casa sopra? — chiese Michelino.

— Non è una scala di casa: è come una via.

— Una via… E le macchine come fanno coi gradini?

Intorno c'erano muri di giardini e dentro gli alberi.

— Muri senza tetto… Ci hanno bombardato?

— Sono giardini… una specie di cortili… — spiegava il padre. — La casa è dentro, lì dietro quegli alberi.

Michelino scosse il capo, poco convinto: — Ma i cortili stanno dentro alle case, mica fuori.

Teresina domandò: — In queste case ci abitano gli alberi?

Man mano che saliva, a Marcovaldo pareva di staccarsi di dosso l'odore di muffa del magazzino in cui spostava pacchi per otto ore al giorno e le macchie d'iunido sui muri del suo alloggio, e la polvere che calava, dorata, nel cono di luce della finestrella, e i colpi di tosse nella notte. I figli ora gli parevano meno giallini e gracili, già quasi immedesimati di quella luce e di quel verde.

— Vi piace qui, sì?

— Sì.

— Perché?

— Non ci sono vigili. Si jJiiò scappare le piante, tirare pietre.

— E respirare, respirate?

— No.

— Qui l'aria è buona.

Masticarono: — Macché. Non sa di niente.

Salirono fin quasi sulla cresta della collina. A una svolta, la città apparve, laggiù in fondo, distesa senza contorni sulla grigia ragnatela delle vie. I bambini rotolavano su un prato come non avessero fatto altro in vita loro. Venne un filo di vento; era già sera. In città qualche luce s'accendeva in un confuso brillio. Marcovaldo risentì un'ondata del sentimento di quand'era arrivato giovane alla città, e da quelle vie, da quelle luci era attratto come se ne aspettasse chissà cosa. Le rondini si gettavano nell'aria a capofitto sulla città.

Allora lo prese la tristezza di dover tornare laggiù, e decifrò nell'aggrumato paesaggio l'ombra del suo quartiere: e gli parve una landa plumbea, stagnante, ricoperta dalle fitte scaglie dei tetti e dai brandelli di fumo sventolanti sugli stecchi dei fu — maioli.

S'era messo fresco: forse bisognava richiamare i bambini. Ma vedendoli dondolarsi tranquilli ai rami più bassi d'un albero, scacciò quel pensiero. Michelino gli venne d'appresso e chiese: — Papa, perché non veniamo a stare qui?

— Eh, stupido, qui non ci sono case, non ci sta mica nessuno! — fece Marcovaldo con stizza, perché stava proprio fantasticando di poter vivere lassù.

E Michelino: — Nessuno? E quei signori? Guarda!

L'aria diventava grigia e giù dai prati veniva una compagnia d'uomini, di varie età, tutti vestiti d'un pesante abito grigio, chiuso come un pigiama, tutti col berretto e il bastone. Se ne venivano a gruppi, alcuni parlando ad alta voce o ridendo, puntando nell'erba quei bastoni o trascinandoli appesi al braccio per il manico ricurvo.

— Chi sono? Dove vanno? — chiese al padre Michelino, ma Marcovaldo li guardava zitto.

Uno passò vicino; era un grosso uomo sui qua — rant'anni. — Buona sera! — disse. — Allora, che novità ci portate, d'in città?

— Buona sera, — disse Marcovaldo, — ma di che^ novità parlate?

— Niente, si dice per dire, — fece l'uomo fermandosi; aveva una larga faccia bianca, con solo uno sprazzo rosa, o rosso, come un'ombra, proprio in cima alle guance. — Dico sempre così, a chi viene di città. Sono da tre mesi quassù, capirete.

— E non scendete mai?

— Mah, quando piacerà ai medici! — e fece una breve risata. — E a questi qui! — e si battè con le dita sul petto, e ancora fece quella breve risata, un po' ansante. — Già due volte m'hanno dimesso per guarito, e appena tornato in fabbrica, tàcchete, da capo! E mi rispediscono quassù. Mah, allegria!

— E anche loro?… — fece Marcovaldo accennando agli altri uomini che s'erano sparsi intorno, e nello stesso tempo cercava con lo sguardo Filippetto e Teresa e Pietruccio che aveva perso di vista.

— Tutti compagni di villeggiatura, — fece l'uomo, e strizzò l'occhio, — questa è l'ora della libera uscita, prima della ritirata… Noi si va a letto presto… Si capisce, non possiamo allontanarci dai confini…

— Che confini?

— Qui è ancora terreno del sanatorio, non lo sa? Marcovaldo prese per mano Michelino che era stato a sentire un po' intimidito. La sera risaliva le ripe; là in basso il quartiere non si distingueva più e non pareva esser stato inghiottito dall'ombra ma avere dilatato la sua ombra dovunque. Era tempo di tornare. — Teresa!

Filippetto! — chiamò Marcovaldo e si mosse per cercarli. — Scusi, sa, — disse all'uomo, — non vedo più gli altri bambini.

L'uomo si fece su un ciglio. — Sono là, — disse, — colgono ciliege.

Marcovaldo in una fossa vide un ciliegio e intorno stavano gli uomini vestiti di grigio che coi loro bastoni ricurvi avvicinavano i rami e coglievano i frutti. E Teresa e i due bambini insieme a loro, tutti contenti, coglievano ciliege e ne prendevano dalle mani degli uomini, e ridevano con loro.

– È tardi, — disse Marcovaldo. — Fa freddo. Andiamo a casa…

L'uomo grosso muoveva la punta del bastone verso le file di luci che s'accendevano là in fondo.