— Non crederanno che se ne sia andato di sua spontanea volontà — replicò Anna. — Pensate chi è quest’uomo. Non lo lasceranno scomparire. Metteranno sottosopra la zona diplomatica.
Il maggiore scosse la testa, la luce che colpiva il cranio calvo e scuro. — Grazie a Sanders, i hwar sanno di noi più di quanto noi sappiamo di loro, ma noi abbiamo imparato alcune cose. Farebbero di tutto per proteggere o salvare donne e bambini. Ma per loro, tutti gli uomini sono sacrificabili. La nostra gente è sicurissima di questo. Credono… gli alieni, intendo… che sia nella natura degli uomini litigare e combattere. È destino degli uomini morire in modo violento. Quando accade, accade. Que sera sera. Così vuole la Dea. Il generale Ettin non rischierà di mettere fine ai negoziati a causa di un uomo.
— Nick? È vero?
Lui sollevò la testa, quella strana espressione vacua ancora negli occhi. — Sì — rispose dopo un momento.
— Non abbiamo tempo per continuare a discutere — disse il maggiore. — Ci aiuterà, signora Perez?
— Ho scelta?
— Nessuna, se vuole pubblicare la sua ricerca e se ci tiene a portare in salvo la barca senza danneggiare alcuno dei suoi animali. Noi andremo avanti, signora Perez, con o senza il suo aiuto.
La loro storia… il weekend romantico… richiedeva che lei sparisse. Anna ebbe l’improvvisa sensazione che se avesse rifiutato, sarebbe rimasta in quella stanza, prigioniera come Nicholas.
Perciò, ecco che scelta aveva. Da una parte, la sua libertà, la ricerca e la salvezza degli animali nella baia. Dall’altra, solo la sua integrità personale e la spiacevolezza di essere usata. Non era neppure il caso di prendere in considerazione Nicholas. Non poteva fare niente per lui. Se rifiutava di collaborare, il maggiore avrebbe trovato qualche altra strada per portarlo via dalla zona diplomatica.
Lo guardò. Anche lui la stava guardando, lo sguardo fermo, che prima non aveva avuto, e un’ovvia tensione nel corpo. Si teneva immobile per uno sforzo di volontà, servendosi dello sguardo per supplicarla. Per cosa?
Anna annuì al maggiore. — D’accordo.
Nicholas abbassò la testa.
— Bene — fece il maggiore. — Yoshi Nagamitsu adesso è sulla barca. Lo chiami e gli dica che arriverà in anticipo. Che può andare.
Anna fece un passo verso la scrivania.
— Non qui — l’avvertì il maggiore. — Gislason l’accompagnerà in un’altra stanza. Quando lascerà questo piano della zona diplomatica, faccia attenzione a ciò che dice. I hwar hanno dei congegni d’ascolto veramente sofisticati. Non per causa nostra. A quanto pare, si spiano l’un l’altro.
Huh, pensò Anna.
— Grazie per il suo aiuto, signora Perez. Ce ne ricorderemo.
Anna se ne andò con Gislason. Quando la porta si aprì, lanciò un’ultima occhiata a Nicholas. Lui fissava il pavimento, le spalle curve: la posa di un uomo che ha ricevuto… cosa? Una sentenza di morte?
La porta si chiuse. Gislason disse: — Da questa parte, signora. — E la scortò per il corridoio fino a una stanza simile alla prima: muri di cemento grigio chiaro, moquette grigia e una scrivania di metallo grigio con un’unità di comunicazione. Anna chiamò Yoshi.
Di solito, lui era meticoloso quanto al restare fino alla fine del turno ma, questa volta, era ansioso di andarsene. Anna non sapeva se fosse un bene o un male. Se Yoshi fosse stato riluttante a lasciare la barca, lei sarebbe forse sfuggita a quello stupido complotto. Ma forse no. Il maggiore sembrava deciso. Spense la Uc e guardò Gislason.
Non era poi così somigliante a Nicholas. L’altezza era la stessa e anche la costituzione e il colorito. Aveva la stessa pelle pallida e i capelli biondo-grigio. Gli occhi erano verdi, ma molto più chiari di quelli di Nick. Il viso, però, era diverso: dall’ossatura forte, nordico. Bello, anche se non del tipo che a lei piaceva in modo particolare.
— Che cosa gli accadrà? — domandò Anna.
— A Sanders? Dovrebbe chiederlo al maggiore. — Gislason aveva un leggerissimo accento scandinavo.
— Era terrorizzato.
Lui scrollò le spalle. — Si aspetta del coraggio da un uomo simile? Abbiamo un programma intenso, signora. Dobbiamo andare.
12
Risalirono al pianterreno senza incontrare nessuno né sulle scale né in ascensore. A causa del party? Del ricevimento diplomatico? Erano tutti lì? Oppure quella gente smetteva presto di lavorare?
Non rifecero la strada che Anna aveva fatto con il capitano Van. Gislason la condusse invece per un altro corridoio e a una porta con l’indicazione SOLO USCITA D’EMERGENZA, ALLARME ATTIVATO. Aprì e non accadde nulla, fatta eccezione per la raffica di vento freddo e pioggia che irruppe dentro.
Le fece un gesto. Anna si allacciò la giacca, si tirò su il cappuccio e uscì. Il cielo cominciava a imbrunire e la temperatura stava calando. E pioveva. Una brutta sera.
Lui la seguì fuori, chiudendosi la porta alle spalle.
— In realtà, con questo tempo, non dovremmo uscire con la barca — osservò Anna.
Lui si portò un dito alle labbra. Girarono attorno alla zona diplomatica, seguendo un sentiero tracciato nella folta e spugnosa vegetazione simile a muschio. Davanti all’ingresso principale, il loro sentiero incontrava quello che scendeva giù per la collina. Quest’ultimo era meglio disegnato: fatto con macchine e pavimentato di ghiaia presa da una delle spiagge. Le pietre erano tonde e scivolose, l’appoggio per i piedi incerto. Anna s’avviò lentamente, Gislason dietro.
Più ci pensava, più era colta da incertezza su quel piano. Nicholas sapeva molto più di lei sulla Mi. Non pensava che il comportamento che gli aveva visto assumere fosse dovuto a codardia. Nicholas sapeva quello che stavano per fare e ne aveva semplicemente paura. Anna non aveva mai visto nessuno più spaventato di lui.
Pensò ai servizi segreti della storia moderna: le Ss, la Cia, il Kgb e altri con nomi che non ricordava più per averli sentiti soltanto a scuola per le atrocità commesse. In teoria, le cose erano andate migliorando. Ma poteva darlo per certo?
Le venne in mente, mentre scivolava giù dalla collina verso le luci gialle della stazione di ricerca, che non aveva alcuna prova che qualcuno dei diplomatici fosse coinvolto in quel rapimento. Se le cose stavano così, se il maggiore stava operando di sua iniziativa, allora lei… Anna… stava tradendo il suo governo, come pure Nicholas e se stessa.
Era una situazione di merda.
Quando arrivarono ai piedi della collina, procedere fu più agevole. Il sentiero passava tra gli edifici dell’insediamento, davanti a finestre con le luci accese. Anna poteva vedere gente, dentro, in laboratori e uffici. Da una delle finestre più grandi vide una sala con gente che prendeva aperitivi prima di cenare. Anna vide i bicchieri e immaginò cosa contenessero: sherry, vino, qualche tipo di acqua speciale. Dio, com’era confortevole quell’interno!
Fuori, invece, la pioggia cadeva attorno ai lampioni e brillava come argento. Creature simili a vermi azzurri e pelosi si contorcevano sul sentiero tra i ciottoli neri e lucenti.
— Che cosa sono quelle cose orribili? — domandò Gislason.
— Essenzialmente vermi. E il pelo non è pelo e non serve loro per proteggersi. Lo usano per cibarsi.
— Che cosa?
— Yasmin… la donna che li studia… li ha chiamati provvisoriamente "cigliati pelosi". I cigliati producono enzimi che digeriscono il cibo e lo assorbono quando è già stato digerito. Hanno un intestino, ma non la bocca. Soltanto un orifizio anale. Il cibo passa attraverso le ciglia ed esce dall’orifizio.