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16

Ero seduto sul bordo del letto di Gwarha e mi stavo mettendo le calze, dopo averle recuperate nell’angolo opposto del letto, dove non le avevo lasciate, secondo la mia memoria.

Lui ha allungato la mano e l’ha passata con molta gentilezza sul mio braccio. — Ho guardato gli umani, pensando a come dev’essere strano non avere peli, essere così poco protetti, così vulnerabili.

Non ricordavo neppure di aver girato le calze al rovescio.

— Non c’è da meravigliarsi che vi copriate di vestiti dalla testa ai piedi. Non c’è da meravigliarsi che vi muoviate così rigidamente, come se vi aspettaste sempre d’essere attaccati da qualcosa. Dev’essere terrificante essere così… — Ha esitato. — …aperti all’universo. È questo che voglio dire?

— Forse.

Mi guardava con gli occhi quasi chiusi. Non riuscivo a vedere le pupille orizzontali o il chiaro colore non umano delle iridi. C’era solo uno scintillio liquido tra le ciglia grigioscure. Anche così, il viso era alieno: i lineamenti grossi e smussati, le orecchie troppo larghe e troppo alte, e tutto troppo peloso. Noto sempre più le differenze, di questi giorni, molto probabilmente perché vedo regolarmente gli umani.

— Ma è anche interessante — ha continuato — avere tutto il corpo sensibile come le labbra e la bocca o i palmi delle mani.

— Ed è a questo che pensi durante i negoziati?

— Solo quando mi stai traducendo. So quello che ho detto e so che la tua traduzione sarà accurata. Guardo gli umani e penso. Com’è fare l’amore tra due persone così? Tutte e due non protette. Tutte e due sensibili. Con tutto esposto ed eroticamente accessibile. Niente… nessuna parte del corpo… al sicuro.

Gesù Cristo. Ho guardato il resto del mio vestiario, piegato sulla rastrelliera vicino a quella di Gwarha, e ho cercato di trovare il modo di uscire da quella conversazione.

— Chiedilo agli umani com’è. Sarà un cambiamento rispetto ai soliti argomenti di discussione. "Gente, cosa provate quando scopate?" Oppure chiedi loro del materiale pornografico. Solo pornografia decente, naturalmente. Potrebbe essere un genere di divertimento.

— Perché?

— Perché non prendano la prima cosa che capita e la mandino. Potrebbe essere veramente disgustoso, qualcosa che indurrebbe la tua gente a non aver niente a che fare con l’umanità.

— Perché non mi dici che cosa si prova a fare l’amore con un altro umano?

— Non me lo ricordo.

— Menti — ha detto, dopo un momento. — Non è il genere di cosa che una persona dimentica.

— Noi non apparteniamo alla stessa specie, Primo Difensore. Non abbiamo lo stesso tipo d’esperienza sessuale. Anche ora, non abbiamo lo stesso tipo di esperienza. Che cosa ti fa credere di sapere quello che ricordo e non ricordo? E ti ho già ripetutamente detto che gli umani hanno bisogno di maggiore privacy del Popolo.

Mi ha guardato fissamente, gli occhi ora spalancati. — Visto che parli tanto, credo che tu mi stia veramente dicendo ciò che hai in mente. Dovrei ricordarmi del tuo soprannome. Sotto il rumore è silenzio. Ti avvolgi in esso come in un indumento.

Non ho detto niente.

— Perché non hai alcuna protezione naturale. — Ha allungato la mano e mi ha toccato di nuovo il braccio. — A cosa pensava la Divinità?

Mi sono alzato e ho finito di vestirmi.

Dal diario di Sanders Nicholas,

addetto alle informazioni presso lo staff

del Primo Difensore Ettin Gwarha

CODIFICATO PER LA SOLA VISIONE DI ETTIN GWARHA

17

Fu Vaihar a farle da scorta, il giorno dopo. Quando raggiunsero la zona dei Colloqui-con-i-nemici, una delle guardie hwarhath gli parlò.

Vaihar disse: — Devo portarla nella sala d’osservazione e andare a unirmi alla squadra dei negoziati. Hah! È una fortuna che indossi l’uniforme da cadetto dello spazio.

— Che cos’è successo?

— Non lo so. Non voglio farle premura, Anna, ma…

Si affrettarono verso la sala d’osservazione. Lui la lasciò alla porta. Dentro, l’ologramma era acceso e mostrava la sala delle riunioni con le due file di sedie. Anna si sedette e rimase a guardare. Entrarono gli umani secondo il solito rituale; ma l’ingresso dei hwarhath fu diverso. Prima di tutto, il Popolo sembrava imbarazzato. Dopo un momento, ne capì la ragione. C’era una persona nuova, robusta e con il pelo grigio scuro, l’uniforme leggermente stretta. Lui e il generale entrarono insieme, girando attorno alle estremità opposte della fila di sedie e cercando (così sembrò ad Anna) di misurare i movimenti in modo da raggiungere il centro della fila insieme.

Quando l’ebbero fatto, si girarono contemporaneamente e si fermarono, di fronte agli umani. L’uomo robusto sovrastava Ettin Gwarha, più alto di lui di mezza testa e molto più massiccio. Gli altri hwarhath presero posto lateralmente, muovendosi con riluttanza, o così almeno parve ad Anna, e tenendosi il più vicino possibile alle sedie. Persino Vaihar appariva a disagio e quasi goffo.

Il generale si guardò attorno. L’uomo robusto annuì. Tutti si sedettero. Il generale, colto di sorpresa, fu un po’ lento e si sedette un attimo dopo gli altri.

Era rigido. Arrabbiato, pensò Anna. Furibondo. Poi si rilassò e si sporse verso l’uomo robusto, parlando sottovoce. L’altro sorrise. Aveva denti larghi, squadrati e bianchissimi.

— Voglio presentare il Frontista Lugala Tsu — disse Vaihar. — L’uomo che gli sta accanto è Min Mahata, che gli farà da traduttore.

Haxu presentò la squadra degli umani.

Interessante, pensò Anna. Ma cosa significava?

Guai, si rese conto alla fine della riunione. Lugala Tsu aveva una certa difficoltà a mantenersi calmo. Il problema non era veramente visibile… non si arrivava all’aperta scortesia… ma esisteva: piccoli cambiamenti di posizione, soprattutto quando parlava Ettin Gwarha, espressioni arcigne, smorfie. A volte, si chinava leggermente verso il traduttore, come se fosse sul punto di mormorargli qualcosa, ma non lo faceva mai. Il generale gli lanciò diverse volte delle occhiate oblique, specialmente all’inizio della riunione. Alla fine si rivolse all’altro frontista.

Vaihar disse: — Ettin Gwarha ha chiesto: «Hai qualcosa da aggiungere, Frontista Lugala? Cosa ne pensi?»,

No, rispose l’uomo robusto. Non aveva niente da aggiungere. Ero nuovo ai negoziati. Per il momento, s’accontentava di ascoltare. Avrebbe parlato in seguito.

Il generale mosse leggermente la testa. Uno dei traduttori umani aveva detto ad Anna che quel movimento poteva significare che era d’accordo, che capiva o che stava mostrando considerazione, dipendeva dal momento. Poi il generale si appoggiò allo schienale della sedia. Era giunto a una qualche decisione, pensò Anna, anche se non avrebbe saputo dire quale.

Da quel momento in poi, il generale non lanciò più occhiate all’altro frontista.

L’umore nella sala stava cambiando. Qualcosa, la sensazione di agio e di sicurezza, che era andata a mano a mano crescendo nelle settimane passate, cominciò a diminuire; e, proprio perché diminuiva, Anna cominciò ad avvertirla per la prima volta. Era avvenuto in modo così graduale! Anche se fin dall’inizio il generale e Charlie si erano mostrati cortesi e rispettosi. Tuttavia, c’era stata una certa rigidità, che era sparita… che stava sparendo… e che ora ritornava.

Comprese come i colloqui fossero stati razionali e, relativamente parlando, chiari quando a capo della situazione c’erano stati Charlie e il generale. Lenti, sì, e forse eccessivamente cauti, sebbene lei non sapesse molto di diplomazia. Forse i diplomatici avevano bisogno di girare attorno agli argomenti a quel modo.