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— Dov’è Cullen adesso? — le chiese, fissandola negli occhi duri e lucidi.

La sua espressione si incupì. — A nord. Nel paese delle nebbie.

— Cosa ci fa?

— Perché non vai a chiederglielo? — suggerì lei.

— È proprio quello che vorrei fare — disse Gundersen. — In effetti, sto andando nel paese delle nebbie, e questa è solo una fermata sentimentale, lungo la strada. Viaggio con cinque nildor, in cammino per la rinascita. Sono accampati nella macchia, da qualche parte.

Lei aprì una bottiglia di vino muschiato, grigio-verde, e gliene versò un poco. — Perché vuoi andare nel paese delle nebbie? — chiese rigidamente.

— Curiosità. Lo stesso motivo che ha spinto Cullen, immagino.

— Non credo che il suo motivo fosse la curiosità.

— Spiegati meglio.

— Preferisco di no — disse lei.

La conversazione languì. Parlare con lei era come girare in cerchio, pensò Gundersen. Quella sua nuova serenità poteva essere insopportabile. Gli diceva solo quello che voleva dirgli, giocando con lui, godendosi apparentemente il suono della sua dolce voce da contralto nell’aria notturna, senza comunicare alcuna informazione. Quella non era la Seena che aveva conosciuto. La ragazza che aveva amato era stata elastica e forte, ma non astuta o reticente; c’era stata una innocenza in lei che adesso sembrava completamente svanita. Forse Kurtz non era l’unico angelo caduto, su quel pianeta. D’improvviso Gundersen disse: — È sorta la quarta luna!

— Sì. Naturalmente. Cosa c’è di tanto strano?

— Raramente se ne vedono quattro, anche a questa latitudine.

— Succede almeno quattro volte all’anno. Perché sprecare la tua meraviglia? Fra poco sorgerà anche la quinta, e…

Gundersen spalancò la bocca. — È questa la notte, dunque?

— La Notte delle Cinque Lune? Sì.

— Nessuno me l’aveva detto!

— Forse non l’hai chiesto.

— Due volte l’ho persa perché ero alla Punta del Fuoco. Un anno ero sul mare, e una volta ero nella zona delle nebbie settentrionale, quando c’è stato l’incidente con l’elicottero. E così via. Sono riuscito a vederla solo una volta, Seena, proprio qui, dieci anni fa, con te. Quando le cose andavano per il meglio, fra noi. E adesso, capitare qui per caso, e rivederla!

— Credevo che avessi fatto in maniera di essere qui di proposito. Per commemorare quella volta.

— No, no. Pura coincidenza.

— Felice coincidenza, dunque.

— Quando sorge?

— Fra un’ora circa.

Osservò i cinque punti luminosi che galleggiavano nel cielo. Era stato tanto tempo fa, che si era dimenticato da dove doveva spuntare la quinta luna. La sua orbita era retrograda, gli pareva. Era anche la più brillante delle cinque, con una superficie di ghiaccio liscia come uno specchio.

Seena tornò a riempirgli il bicchiere. Avevano finito di mangiare. — Scusami — disse. — Torno subito.

Da solo, studiò il cielo cercando di comprendere quella Seena stranamente mutata, questa donna misteriosa il cui corpo si era fatto più voluttuoso e la cui anima, sembrava, si era cambiata in pietra. Vedeva adesso che la pietra era stata sempre in lei: alla loro separazione, per esempio, quando lui aveva chiesto il trasferimento sulla Terra, e lei si era assolutamente rifiutata di lasciare il Mondo di Holman. Ti amo, aveva detto, e ti amerò sempre, ma è qui che rimarrò. Perché? Perché? Perché voglio rimanere, gli aveva detto. Ed era rimasta; e lui era stato altrettanto ostinato, e se n’era andato senza di lei; e avevano dormito insieme sulla spiaggia sotto l’hotel l’ultima notte, così che il calore del corpo di lei era ancora sulla sua pelle quando era salito a bordo della nave che l’aveva portato via. Lei l’amava e lui l’amava, ma si erano separati, perché lui non vedeva alcun futuro su quel mondo, e lei vedeva tutto il suo futuro in esso. E lei aveva sposato Kurtz. E aveva esplorato l’altopiano sconosciuto. E adesso parlava con voce nuova, più profonda, e lasciava che amebe aliene le avvolgessero i lombi, e alzava le spalle alla notizia che due terrestri avevano trovato una morte orribile. Era ancora Seena, o qualche abile contraffazione?

Suoni di nildor gli giunsero dal buio. Gundersen avvertì anche un altro suono, più vicino, una specie di grugnito soffocato che gli era del tutto nuovo. Sembrava un grido di dolore, anche se forse era solo la sua immaginazione. Probabilmente era uno degli animali dell’altopiano portati da Seena, che frugava nel giardino alla ricerca di radici di suo gusto. Lo sentì altre due volte, poi basta.

Il tempo passò, e Seena non tornava.

Poi vide la quinta luna salire placidamente in cielo, le dimensioni di una grossa moneta d’argento, così luminosa da abbagliare. Attorno a essa danzavano le altre quattro, due soltanto piccoli puntini luminosi, due più grandi, e le ombre delle loro luci si frantumavano, mentre i piani di luce si intersecavano. I cieli versavano luce sulla terra in cascate di ghiaccio.

Afferrò la balaustra e pregò silenziosamente le lune di conservare la loro disposizione; come Faust, desiderava gridare al momento fuggevole: resta, resta per sempre, resta, sei stupendo! Ma le lune si spostarono, guidate dall’invisibile macchina newtoniana; sapeva che entro un’ora due sarebbero tramontate, e la magia sarebbe svanita. Dov’era Seena?

— Edmund? — disse lei, alle sue spalle.

Era di nuovo nuda, e di nuovo lo sdrucciolo era sul suo corpo, coprendole i lombi, allungando sottili pseudopodi che circondavano solo il capezzolo di ciascun seno. La luce delle cinque lune faceva scintillare e brillare la sua pelle bruna. Questa volta non gli sembrò troppo esplicita, né aggressiva; era perfetta nella sua nudità, e il momento era perfetto, e senza esitare andò da lei. Lasciò rapidamente cadere i suoi vestiti. Le appoggiò le mani sulle anche, toccando lo sdrucciolo, e la strana creatura comprese, scivolando obbediente dal corpo di lei, una cintura di castità infedele al suo compito. Seena si chinò verso di lui, i seni che dondolavano come campane di carne, e lui la baciò dappertutto, e si lasciarono cadere sul pavimento della veranda, sulla fredda pietra liscia.

Gli occhi di lei rimasero aperti, e più freddi del pavimento, più freddi della luce mutevole delle lune, anche nel momento in cui lui la penetrò.

Ma non c’era nulla di freddo nel suo abbraccio. I loro corpi si dibatterono e si avvinghiarono, e la sua pelle era morbida, i suoi baci affamati, e gli anni rotolarono via, finché non furono ancora i vecchi tempi, i tempi felici. Nel momento più alto avvertì ancora una volta, confusamente, il suono simile a un grugnito. La strinse con forza e chiuse gli occhi.

Dopo, giacquero fianco a fianco nella luce della luna, senza parlare, finché la brillante quinta luna non ebbe compiuto il suo viaggio attraverso il cielo e la Notte delle Cinque Lune fu come ogni altra notte.

10

Dormì da solo in una delle stanze degli ospiti all’ultimo piano della stazione. Svegliandosi più presto di quanto avesse previsto, osservò il sole sorgere sopra la gola, poi scese a passeggiare nel giardino, ancora luccicante di rugiada. Arrivò fino alla riva del fiume, cercando i suoi compagni nildor, ma non li vide. A lungo rimase accanto al fiume, guardando l’irresistibile precipitare dell’immensa massa di acqua. C’erano pesci in quel tratto di fiume? si chiese. Come evitavano di finire oltre l’orlo? Senza dubbio qualsiasi cosa venisse catturata da quella corrente immensa non poteva avere altra scelta che lasciarsi trasportare nella direzione voluta da essa, verso la terribile caduta.

Finalmente tornò alla stazione. Alla luce del mattino il giardino di Seena gli parve meno sinistro. Perfino le piante e gli animali dell’altopiano sembravano soltanto strani, non minacciosi; ciascuna zona geografica di quel mondo possedeva la sua fauna e flora tipiche, ecco tutto, e non era colpa delle creature dell’altopiano se l’uomo non si sentiva a suo agio fra di loro.