Crediamo che la questione vada: trattata con la massima segretezza e ai più alti livelli. Ogni fuga di. notizie riguardanti la cattura sarebbe fonte di grave pericolo per l’equilibrio di Tutt’Estate.
L’implicita minaccia di un’accusa per alto tradimento avrebbe convinto ancora di più Ngatheru a tenere la bocca chiusa.
Pelio concluse la lettera con assicurazioni di immutato affetto e di grandissima stima e firmò con il proprio nome. Nel complesso, a guardarla meglio, la missiva non era poi congegnata tanto male. Il principe piegò più volte la pergamena triangolare finché non si ridusse a una palla con meno di due pollici di diametro. La tuffò in un serbatoio di linfa tiepida all’angolo della scrivania e infine impresse il sigillo reale sulla resina bluastra.
Samadhom dormiva ai suoi piedi, un ammasso dorato sul pavimento riscaldato dal sole. L’orso da guardia non si mosse di un millimetro quando il principe attraversò la stanza e tirò un cordone che pendeva da un buco nella parete. Nell’aria tiepida del mattino si udì il limpido suono di un campanello che squillava nella stanza della servitù, più in basso lungo il fianco della collina. Era stato Pelio in persona a inventare quel congegno, ma non se ne sentiva particolarmente orgoglioso, dato che erano in pochi ad averlo mai usato. Ma senza quel campanello e quel cordone, lui sarebbe stato costretto a circondarsi di servi a ogni minuto.
Samadhom alzò la testa di scatto e fissò la polla di transito incassata nel pavimento in mezzo alla stanza. Meep, grugnì in tono interrogativo. Non passò nemmeno un secondo e un servo uscì agilmente dall’acqua, solo per mettersi sull’attenti sul bordo della polla.
— Due cose — disse Pelio, con il tono spiccio di chi è abituato a essere obbedito. — Primo, fai recapitare questo messaggio al Generale Barone Ngatheru ad Atsobi. — Tese all’uomo la palla di pergamena, con l’involucro di resina ormai completamente asciutto. — Secondo. Desidero interrogare la… — Attento!, pensò tra sé. Con noncuranza. - …la prigioniera femmina portata qui ieri.
— Come volete, Altezza. — L’uomo svanì nell’aria, senza neppure preoccuparsi di usare la polla di transito. Impertinente.
Nell’arco di pochi minuti, la lettera sarebbe stata infilata in un minuscolo contenitore in legno dolce per i messaggi urgenti, e con un solo salto sarebbe stata catapultata sei leghe più a nord, fino al quartier generale di Ngatheru, sprofondato sottoterra all’interno della guarnigione Atsobi. Lì, i resti del contenitore sarebbero stati frantumati per recuperare il messaggio.
E con questo il barone era sistemato. Niente più di quella lettera avrebbe potuto tenerlo tranquillo. Ma un pericolo anche maggiore per i progetti di Pelio era rappresentato dai pettegolezzi della servitù. Fortunatamente, poteva sempre predisporre una rotazione dei servi di casa. Quelli al suo servizio in quel momento provenivano dal padiglione reale di Pferadgru, molto a sud del Grande Deserto.
Naturalmente sapevano che era un witling, ma non avevano ancora idea di quanto fosse scarso il suo potere a corte. Sarebbero occorsi parecchi novenali prima che si rendessero conto che lui si comprometteva frequentando una witling di basso rango, e altro tempo ancora prima che incominciassero a malignarne con chi non faceva parte della loro cerchia. Prima che questo accadesse, lui avrebbe fatto in modo di rispedirli ai confini del Regno d’Estate.
Tuttavia, comunque rigirasse la cosa, Pelio era perfettamente conscio di correre un gravissimo rischio. Era sempre un imbarazzo per la famiglia reale quando un, principe si trastullava con fanciulle comuni. Se poi la fanciulla in questione era una witling, l’imbarazzo si sarebbe trasformato in scandalo, e se per di più anche il principe era un witling, lo scandalo sarebbe diventato una macchia indelebile sulla storia della dinastia. Qualora il tradimento fosse stato scoperto, lui non sarebbe mai diventato re.
E c’era un solo modo mediante il quale suo padre poteva rimuoverlo dalla linea di successione…
6
Si udì uno scroscio d’acqua e tre guardie trascinarono Ionina fuori dalla polla. Pelio fece una smorfia. Non aveva neppure sengato l’imminenza del loro arrivo. Di solito, il suo Talento arrivava almeno a questo.
I quattro erano fermi sull’attenti.
— Lasciatemi solo con la prigioniera. Voglio interrogarla — disse Pelio alle guardie. Uno degli uomini incominciò a protestate, ma lui lo interruppe. — Lasciateci soli, ho detto. Si tratta di una faccenda di stato, e in ogni caso c’è l’orso da guardia.
Gli uomini si ritirarono e Pelio rimase a fissare la ragazza. Indossava lo stesso indumento nero e aderente con cui era stata trovata, solo che adesso era bagnato. L’acqua gocciolava lentamente verso il basso e si perdeva in una pozzanghera attorno ai suoi stivali. Che cosa le avrebbe detto? Il silenzio si prolungò, spezzato solo dai ronzii degli insetti e dalle cantilene degli uccelli sugli alberi attorno allo studio. Il principe sapeva come impartire ordini ai servi, come lusingare suo padre e persino come manovrare i nobili minori del rango di Ngatheru… ma come ci si rivolgeva a una futura possibile amica?
— Prego, siediti — disse alla fine. — Sei stata trattata bene?
— Sì. — La giovane donna parlava in tono rispettoso e tranquillo, come se non riconoscesse alcuna differenza di rango tra di loro.
— Dici davvero?
— Be’, preferiremmo vivere in una casa con le porte. Vedi, non sappiamo… qual è la parola che usate voi?
— Rengare?
— Ecco, non sappiamo rengare. Per noi, una stanza senza porte è una gabbia. Del resto, Ajao e io siamo prigionieri, no?
Pelio la fissò negli occhi color nocciola. Era prigioniera? Aveva stabilito che cosa raccontare a Ngatheru e alla corte, per accontentarli, ma non aveva pensato a quello che avrebbe detto a lei.
— Tu e Adgao siete miei ospiti rispose, cercando di imitare la pronuncia della ragazza. — Per il momento dovete rimanere a palazzo, ma alla fine spero che… — Che desidererai restare… — Spero che sarete rimessi in libertà. In ogni caso, non vi sarà fatto alcun male. Se all’inizio siete stati trattati in modo un po’ rude è solo, perché vi eravate introdotti abusivamente nel nostro regno.
— Non volevamo fare nulla di male. Non sappiamo che cosa è giusto e che cosa è sbagliato per la tua gente.
— Ti credo, Ionina. Davvero. — Cercò ancora una volta di identificare il suo accento. Aveva visitato quasi tutti i paesi su quel versante del Grande Oceano, ma non aveva mai incontrato nessuno con una pronuncia così corretta, anche se vagamente nordica, e con una sintassi così elementare. — Comunque, ci incuriosiscono i viaggiatori che vengono tanto da lontano da non conoscere nemmeno i nostri usi e costumi. E le ragioni per essere curiosi aumentano, considerando le circostanze quasi soprannaturali della vostra cattura. Per questo io, cioè il principe imperiale d’Estate, voglio sapere il più possibile in proposito. Non ti sembra naturale?
— Sì.
— Allora risponderai alle mie domande?
Attimo di pausa. — Farò del mio meglio.
— Bene. — Pelio capì di avere scelto la linea di condotta più giusta. Era importante saperne di più su Ionina e Adgao. Sarebbe stato importante anche se lei fosse stata brutta come il suo compagno. Aveva esaminato gli strani aggeggi recuperati dagli uomini di Ngatheru, e aveva udito la descrizione del mostro volante. Quelle due strane creature erano apparentemente associate a poteri tali da far apparire ridicoli persino il Talento dei Corporati. Per un attimo la sua mente venne trafitta da un pensiero doloroso. Adgao e Ionina potevano rappresentare una minaccia per il regno di Tutt’Estate. Pelio si sforzò di ignorare l’angoscia. Dopotutto, era nella posizione di condurre un vero interrogatorio. — Per prima cosa, Ionina, vogliamo sapere da dove venite.