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Spinse lo sguardo oltre il parapetto fino ai nobili riuniti nella terrazza sottostante. Nel corso di un’ora il gruppo si era ingrandito. A giudicare dagli abiti estremamente formali e dalle lunghe ombre esterne, il ricevimento si era concluso e i partecipanti se n’erano andati ciascuno per la propria strada. Forse si poteva raggiungere il Torrione senza dover parlare con troppa gente.

— Credo di poterti accontentare, Ionina… a patto che tu mi descriva la funzione degli oggetti che avevi con te.

La ragazza chinò la testa in modo quasi impercettibile, senza guardarlo negli occhi. — Lo farò, per quanto mi è possibile.

Dovettero compiere parecchi salti intermedi per adattarsi all’aria sempre più rarefatta, prima di emergere finalmente nel grande gelo della Sala Alta. La stanza si trovava a diecimila piedi sul livello del mare ed era il posto più sicuro di tutto il palazzo, a parte lo stesso Torrione. Sotto le finestre a fessura, uno strapiombo di roccia ricadeva verso il basso per migliaia e migliaia di piedi. Solo un Corporato sarebbe riuscito a teletrasportarsi fino a quella stanza senza aver prima scalato quelle altezze come pellegrino. Cinque secoli prima, quando gli antenati di Pelio avevano dominato solo il Regno Interno, limitato alle dimensioni di un moderno ducato, si erano rivolti alla Corporazione per cercare un luogo dove potersi mettere ragionevolmente al sicuro in caso di attacco. La Corporazione aveva sengato quella nicchia nella parete di roccia e aveva teletrasportato una squadra di minatori sul posto. La nicchia era stata ampliata per ricavare un’immensa sala e per raggiungerla era stata costruita una scala di pietra larga una iarda che scendeva per tremila piedi nella roccia. Chiunque si avventurasse lungo quella scala era completamente indifeso nei confronti di un attacco dall’alto, e i primi re non avevano avuto problemi nell’escludere pellegrini indesiderati. Era stato necessario più di un secolo per saldare alla Corporazione il debito contratto in quella occasione, ma la spesa si era dimostrata un ottimo investimento perché in quel modo il Regno Interno si era aggiudicato la fortezza più inattaccabile di tutto il continente. Senza quella fortezza, la dinastia di cui Pelio era l’ultimo erede e che ora si trovava a governare su un continente pressoché per intero e su buona parte di un altro, non sarebbe mai sopravvissuta. Alla fine, naturalmente, l’espediente delle stanze nascoste si era sparso anche negli stati più piccoli e il modo di assediarli e di espugnarli era diventato ampiamente risaputo. Ecco perché, in tempi più moderni, la Sala Alta aveva incominciato a essere usata solo come entrata per un ambiente molto più sicuro, il Torrione del Regno d’Estate.

Lassù l’aria era fredda. La sala era vicina all’equatore, ma il fatto non influiva sugli effetti dell’altitudine e una corrente gelida turbinava attraverso le strette fessure delle pareti. La stanza era stata suddivisa in quattro ambienti minori, anche loro grandi abbastanza da ospitare parecchie centinaia di persone e abbondanti provviste. Naturalmente, il posto non veniva usato come nascondiglio da secoli e dunque in quel momento era vuoto e cavernoso, con il silenzio rotto soltanto dal vento circostante. Tre soldati, vestiti con abiti adeguatamente pesanti, si trovavano in piedi vicino alle finestre. Pelio li guardò e vide che nessuno di loro indossava la fascia del capo sorvegliante. Si allontanò rapidamente dalla polla e andò a dare un’occhiata alle sale minori. Bvepfesh, dov’era il capo sorvegliante?

Alla fine ritornò verso i soldati. — Dov’è? — chiese, sforzandosi di non far trasparire l’irritazione.

L’uomo scattò sull’attenti. — Dov’è chi? Oh, volete dire il capo sorvegliante di transito, Altezza? Si è dovuto assentare. — Fece una pausa e il principe riuscì quasi a leggergli negli occhi ciò che pensava. Se tu fossi un degno erede della corona non saresti obbligato a ricorrere all’aiuto dei servi per entrare e uscire dal Torrione. — Sarà di ritorno da un momento all’altro, Altezza.

Senza una parola, Pelio distolse lo sguardo e guidò la ragazza in una ritirata strategica verso un margine della stanza. Per un attimo si guardò attorno con occhio torvo.

— Che cosa c’è? — chiese Ionina con dolcezza. Tremava e aveva le braccia incrociate sotto il seno alto.

Pelio rimirò il suo incantevole viso scuro e sentì l’ira svanire a poco a poco. — In questo momento non c’è nessuno che ci possa rengare all’interno del Torrione.

Ionina corrugò la fronte. — Ma mi avevi detto che… voglio dire, non sei il figlio primogenito del re? Dovresti conoscere la strada meglio di chiunque altro, no?

Lui restò sbalordito. Come osa rinfacciarmi… Poi si rese conto con orrore che la ragazza non immaginava di certo che il principe ereditario fosse menomato quasi quanto lei. Abbassò la testa.

— Io sono come te, Ionina — confessò a bassa voce. — Non sono in grado di teletrasportarmi da solo. E nemmeno di uccidere a distanza. — Era la prima volta che una simile ammissione non gli causava dolore.

Ionina guardò verso l’altro lato della stanza, dove i soldati e le due guardie del corpo parlavano con indifferenza tra loro. Avevano l’aria di annoiarsi. Allungò distrattamente una mano per accarezzare la pelliccia umida di Samadhom.

— A proposito di quello che hai detto prima, avevi indovinato — dichiarò. — Nel posto da cui vengo, tutti noi siamo… witling.

Con quale naturalezza aveva pronunciato quelle parole! Per lui, l’asserzione era stata solo il modo di dare voce ai propri sogni, una folle speranza in cui non osava nemmeno credere. Ora, all’improvviso, scopriva che i suoi sogni erano realtà. Per di più, Ionina e Adgao sembravano così civilizzati… dovevano conoscere qualche magia. Che cosa, se non la magia, poteva sollevare un uomo al di sopra degli animali, se non possedeva Talento? Schiuse le labbra, ma le domande e gli interrogativi erano tanti e così in conflitto da ridurlo per un attimo al silenzio. Dov’era la terra magica di Ionina? Poteva rifugiarvisi anche lui?

Dalla polla di transito giunsero degli spruzzi, mentre due nuove persone arrivavano nella stanza e scattavano subito sull’attenti. Chiunque li seguisse doveva essere importante. Ci furono altri spruzzi, e finalmente due sagome emersero dall’acqua. Aleru! Anche nella penombra, Pelio riconobbe all’istante il fratello minore. Il secondo individuo, pesante, massiccio e dalla pelle chiara, era Thredegar Bre’en. Per quanto lui potesse ricordare, Bre’en era stato da sempre il rappresentante in seconda del Re delle Nevi al palazzo. Gli ambasciatori si susseguivano, ma Bre’en rimaneva. Shozeru e i suoi consiglieri si rendevano perfettamente conto che quell’uomo era tutto tranne lo sciocco integrale che sembrava. L’astuto esponente del Popolo delle Nevi era l’unico legame sicuro che il Regno d’Estate aveva con le innumerevoli vie di comunicazione delle terre artiche. Non importava quale banda fosse al potere ai poli, Bre’en riusciva sempre a rimanere a galla nelle alte sfere.

Aleru stava parlando con il suo compagno ancora prima che uscissero dall’acqua. — Te lo dico ancora, Bre’en, è una cosa seria. Siamo stanchi del continuo incoraggiamento che assicurate alla immigrazione illegale verso il Grande Deserto. L’attacco del Popolo della Sabbia all’oasi di Marecharu ci è costato molte vite. — Dopo di loro, altri quattro uomini, tutti vestiti con i pesanti stivali del Popolo delle Nevi, arrancarono per uscire dalla polla. Erano i servi personali di Bre’en.

Bastarono poche frasi perché Pelio capisse che Aleru parlava direttamente in nome del loro comune padre, il re. Per tradizione, il compito di portavoce diretto avrebbe dovuto spettare al primogenito, non appena fosse stato considerato abbastanza maturo e responsabile. Pelio deglutì a fatica e si ritirò il più possibile nell’ombra, augurandosi di diventare invisibile.