Le torce bruciavano ormai basse, quando Bjault ritornò finalmente sulla domanda iniziale della serata. — Ma non sei riuscita a convincere Pelio a farti vedere i nostri attrezzi?
— Be’… è successa una cosa strana. Ti ho già detto che il ragazzo è molto solo, e che non sa teletrasportarsi come tutti gli altri. Credo che sarebbe disposto a fare di tutto per me, e infatti ci stavamo appunto dirigendo in un’area di massima sicurezza in cui pare che la nostra roba sia custodita. A questo punto sono comparsi altri due tizi. Si trovano più in basso di Pelio nella scala gerarchica, e uno è suo fratello, ma chissà perché il loro incontro lo ha sconvolto. È come se fosse stato sorpreso a fare qualcosa che non doveva. Ha inventato una specie di bugia circa la mia provenienza, ma non sono riuscita a capire bene tutte le parole.
Per una volta, Bjault non fece domande. Oltre la soglia, la notte rinfrescava lentamente l’aria e nel silenzio anche i fiochi squittii dei minuscoli mammiferi della laguna risuonavano alti.
— Hai fatto un buon lavoro, Yoninne — dichiarò Ajao. — Scommetto che la mia lontananza è stata un vantaggio. Se solo riuscissi a rimanere nelle grazie di Pelio abbastanza a lungo da dare una botta a quel maser saremmo sicuri che verrebbero a tirarci fuori di qui. — Fece una pausa, e un sorrisetto malizioso spianò le rughe di tensione e di vecchiaia sul suo viso. — Sono veramente felice che la tua conoscenza della lingua Azhiri sia limitata.
— Ah, sì? E perché, diavolo?
— Perché non hai avuto la possibilità di imparare nessuna imprecazione. Il tuo vocabolario, e anche il mio del resto, conserva la purezza dell’infanzia. Per forza, visto che ci è capitato di ascoltare soltanto bambini.
Leg-Wot si rimangiò la risposta tagliente che aveva sulla punta della lingua. Non intendeva dargli la soddisfazione di vederla offesa. — Non preoccuparti, Bjault. Sto imparando. E con questo la commissione bipersonale aggiornò la seduta per la notte. Cercarono di trovare almeno una tenda per l’ingresso,:. ma alla fine dovettero accontentarsi di sistemare una delle poltrone più grandi di traverso sulla soglia. Non bastava a impedire il passaggio, ma sarebbe comunque stata d’intralcio a chiunque, o a qualunque cosa, cercasse di entrare. Bloccare la polla di transito era più complicato, dal momento che non trovarono niente di adatto per prosciugarla. Rinunciarono, Bjault spense le torce ormai agli sgoccioli e ognuno si sdraiò sul proprio giaciglio. Leg-Wot si tirò il copriletto sulla testa e si liberò in silenzio dall’ingombro della tuta di volo, per quanto rappresentasse una protezione.
Rimase sveglia a lungo dopo che il respiro del vecchio archeologo divenne forte e regolare. Con le torce spente, la terra oltre la soglia sembrava traboccante di luce. La prima luna era ancora ferma sopra il bordo ricurvo del cono vulcanico e ormai anche la seconda, più grande, l’aveva raggiunta e superata per brillare alta nel cielo. Il colore era il classico marrone grigiastro comune a tutte le lune basaltiche di migliaia di altri pianeti, ma la loro vicinanza ne rendeva più evidente la diversità delle sfumature. Erano all’ultimo quarto, ma la luce risultava così viva da creare una complessa rete di ombre doppie tra le ampie foglie degli alberi che si stendevano dalla capanna verso il basso. I fruscii e i richiami non accennavano a diminuire di intensità. Era una musica del tutto diversa da quella creata dai rettili notturni sul Mondo Natale o dagli insetti di Novamerika, eppure aveva un suo fascino.
Che cosa avrebbe fatto l’indomani? Yoninne pensò al minuscolo indumento verde di cui si era liberata. Poteva riutilizzarlo, a meno che non si fosse rotta la chiusura. Ma che le venisse un colpo se era disposta ad accettare di rendersi ridicola un’altra volta! Quel ragazzino viziato avrebbe dovuto abituarsi alla sua tuta. Leg-Wot sentì la mascella irrigidirsi e cercò di rilassarsi. Conosceva la posta in gioco, e sapeva bene come fosse importante continuare a incoraggiare Pelio. Senza di lui non avrebbero avuto alcuna protezione e, particolare ancora più importante, non sarebbero mai riusciti a rientrare in possesso della loro attrezzatura. Se Novamerika non avesse ricevuto messaggi, sarebbe passato forse più di un secolo prima che un’altra colonia rischiasse le proprie risorse per tentare un nuovo atterraggio sul pianeta. Più di un secolo prima che venisse scoperto il grande segreto di quel mondo.
Yoninne fissò il paesaggio rischiarato dal chiaro di luna. Non c’era scampo. Dopotutto, indossare quel costume non l’aveva uccisa. Era anche evidente che Pelio non la considerava affatto ridicola, ed era lui la persona da lusingare. Se il prezzo per mettere le mani su quel maser era solo un altro giorno di umiliazione, lei non si sarebbe tirata indietro.
9
Questa volta non ci furono contrattempi. Tornarono nel posto che Pelio chiamava la Sala Alta e trovarono quel servo speciale in grado di teletrasportarli all’interno del Torrione. Dalla polla di transito emersero in un ambiente vuoto, immenso e scarsamente illuminato. La luce, molto pallida, proveniva da macchie verdastre che sembravano galleggiare nel buio. A Yoninne furono necessari parecchi secondi per capire che quelle macchie erano della stessa sostanza cancrenosa e fungiforme che aveva già visto attaccata alle pareti della loro prigione di Bogdaru. Se non altro, il nuovo posto non puzzava e la fanghiglia non rendeva sdrucciolevole il pavimento, peraltro perfettamente asciutto.
La stanza era una caverna di forma elissoidale così lunga che le macchie luminose sulla parete più lontana sembravano poco più che piccole stelle nel buio. La polla di transito era sistemata su una sporgenza larga circa cinquanta metri che si protendeva in fuori nel punto in cui la parete laterale della caverna incominciava a curvarsi verso il soffitto. Yoninne si rese conto all’improvviso che quasi la metà delle lucine verdi in realtà erano immagini riflesse in un lago ovale che riempiva gran parte del pavimento della caverna. L’acqua era così immobile che lei non si sarebbe nemmeno accorta che c’era, se non avesse intravisto il debole riflesso dello scafo di una barca ancorato contro la riva più vicina.
Incominciarono a percorrere i gradini che scendevano dalla sporgenza. Come al solito, i servi di Pelio li seguivano a distanza.
— Questo è il Torrione della mia famiglia — annunciò il principe con evidente orgoglio. — Probabilmente rappresenta il miglior angeng del mondo. — Lei faticò a seguire il resto della descrizione, infarcito da troppe parole che non conosceva. Fu comunque in grado di comprenderne la storia generale. In origine, il Torrione era stato una caverna naturale con un’unica minuscola entrata, vicino alla Sala Alta. La Corporazione aveva sengato (sentito? visto? percepito?) la posizione esatta della caverna e aveva venduto l’informazione al Regno d’Estate. Gli antenati di Pelio vi erano entrati e l’avevano ampliata fino alle dimensioni attuali. L’unica via d’accesso era stata bloccata e da quel momento in poi mantenere la sicurezza era stata una questione relativamente semplice. Gli Azhiri non erano in grado di teletrasportarsi in un posto che non riuscissero a sengare, e a meno che non fossero Corporati l’unica possibilità che avevano di sengare una località era quella di raggiungere prima le sue immediate vicinanze, si parlava di metri, con un mezzo che non fosse il teletrasporto. Dopodiché, a quanto sembrava, il punto poteva essere sengato da qualsiasi distanza.
Una volta nell’arco di ciascuna generazione, il passaggio dalla Sala Alta al Torrione veniva sbloccato. I nuovi membri della famiglia reale salivano le ripide scale che si inerpicavano all’interno della parete di roccia fino alla Sala Alta e da lì attraversavano a piedi lo stretto pertugio che collegava la Sala Alta al Torrione. I pochissimi servi fidati destinati a diventare i sorveglianti della Sala Alta li accompagnavano solo nella seconda parte del pellegrinaggio. In pratica, gli esponenti di sangue reale erano gli unici a compiere il viaggio per intero.