Выбрать главу

— Allora — disse in tono seccato a Thengets del Prou — siete disposto a effettuare una ricognizione in quella zona per nostro conto?

Prou stese con indolenza le lunghe gambe verso il trono. — Sapete bene che la Corporazione non ama immischiarsi nelle dispute tra regni confinanti.

— Ma noi non sappiamo per certo che cosa Hugo abbia visto lassù — osservò Lagha.

— Giusto — ammise il Corporato. — Molto bene, Eccellenza. Assumo l’incarico. Il compenso per la Corporazione sarà di cento imperiali.

Moragha sobbalzò. La cifra era dieci volte superiore alla tariffa normale di sengaggio. - Procedete pure.

Prou annuì, chiuse gli occhi e parve rilassarsi ancora di più. Seguì un lungo silenzio, mentre il giovane dalla faccia scura spingeva i suoi poteri di sengaggio molto oltre la prefettura. Moragha chiuse gli occhi. Era sempre stato fiero del proprio Talento. Riusciva a percepire senza problemi la diversa densità della roccia e dell’aria oltre i muri dell’edificio. I suoi artigiani avevano sistemato le pietre portanti dell’edificio secondo abili schemi di densità variabile, e ogni particolare di quegli schemi gli era nota. Riusciva a sengare anche numerose polle di transito nella zona, ma le aree intermedie gli sembravano nebulose, e senza averle visitate di persona non sarebbe mai riuscito a localizzarle perfettamente nello spazio reale. Quella era l’unica vera differenza tra lui e i simili di Thengets dei Prou. Anche adesso il Corporato percepiva le diverse densità per molte miglia oltre le colline. Moragha cercò di immaginare quali sensazioni potesse dare il possesso di una tale onniscienza, ma, come al solito, non ci riuscì.

Finalmente il Corporato aprì gli occhi. Per un attimo parve disorientato. — Avete appena sprecato cento imperiali, mio Signore — disse poi al Prefetto. — Lassù non ho sengato niente oltre alla densità della neve e delle rocce.

C’era qualcosa di strano nella sua espressione che Moragha faticò a identificare. Alla fine capì. Gli occhi scuri di Prou non tradivano la minima allegria. Per la prima volta in due anni di reciproca conoscenza, il consueto lampo di ironia era scomparso. Il Corporato aveva sengato qualcosa. Qualcosa di così importante da indurlo a mentire, spezzando il patto della Corporazione. Moragha soppresse un sogghigno.

— Grazie, buon Thengets — replicò — ma credo che effettuerò altri controlli. La Reale Guarnigione Atsobi si trova solo una lega più a sud. Posso avere qui una compagnia di truppe da montagna in un’ora. Uomo libero Lagha, farai in modo che il tuo Hugo guidi i soldati imperiali sul posto. Ci sono domande o suggerimenti?

Moragha alzò la mano in segno di congedo. Lagha si ritirò con Hugo verso la polla di acqua salata nel centro della stanza e partì. Il Prefetto si alzò mentre anche il Corporato si preparava a scivolare nell’acqua dopo di loro. — Un attimo, buon Thengets.

— Sì? — Prou aveva ritrovato l’atteggiamento di sempre. Sul suo viso c’era persino l’abbozzo di un sorriso.

— Siete sicuro che non vi sia sfuggito nulla, durante la ricognizione?

— Assolutamente no, mio Signore. Sapete che è quasi impossibile localizzare individui umani separati. La densità di un singolo uomo non si distingue molto da quella dell’acqua. Ma vi assicuro che non ci sono gruppi numerosi, lassù.

— Molto bene. In ogni caso, sarà saggio che voi rimaniate in città, nelle prossime ore. Se le mie truppe dovessero trovarvi sulle colline potremmo concludere che avevate sengato qualcosa di strano e che stavate cercando di precederci sul posto. Non vorrei che sulla Corporazione pesasse il dubbio di aver mal ripagato la nostra fiducia.

Thengets del Prou rimase per un attimo perfettamente immobile, mentre il suo sorriso a poco a poco si allargava. — Come Vostra Eccellenza desidera — replicò infine.

2

Nel tardo pomeriggio l’archeologo e il pilota spaziale incominciarono a preparare l’attrezzatura prima della partenza. Avevano lavorato per venti giorni nella tenda a cupola nascosta tra gli strani sempreverdi a tre corone distesi a nordest del villaggio alieno. Avevano sondato l’insediamento con i teleobiettivi fotografici e i microfoni ultrasensibili. L’archeologo aveva registrato tutto e inserito i dati a voce nel proprio computer e ora il pilota spaziale pensava di aver compreso il linguaggio.

— Ma certo che l’abbiamo capito, Bjault! — esclamò Yoninne Leg-Wot, dalla sua voce traspariva una punta di irritazione. Lasciò cadere sulla slitta il pacco da venti chili con la tenda ripiegata e si girò a guardare con occhio torvo l’esile archeologo. — Lo so, lo so. Ci sono “sottigliezze che non riusciamo ancora a cogliere”. Le uniche persone che siamo stati in grado di spiare con successo erano donne o bambini. Ma ormai possediamo un vocabolario abbastanza ampio, oltre a buone basi grammaticali, e con le nuove tecniche di fissaggio non lo dimenticheremo facilmente. Diavolo, parlo già il gergo Azhiri meglio dell’inglese, anche se me l’hanno fatto studiare per ben tre anni ai tempi dell’Accademia!

Ajao Bjault distolse lo sguardo dalla donna, più robusta di lui, e si sforzò di non digrignare i denti. Aveva dovuto viverle accanto per venti giorni. Con qualunque altra donna, un’intimità così prolungata avrebbe fatalmente generato ogni sorta di commenti scandalosi, anche se Bjault era bene addentro alla mezza età, con o senza trattamenti pro-longevità. Ma Yoninne Leg-Wot combinava un corpo tozzo e apparentemente scolpito nella pietra con una mente acuta e una personalità ostile. Nell’ambito dell’equipaggio e forse dell’intera moltitudine di colonizzatori sarebbe stata la vincitrice a pollice verso di qualunque gara di impopolarità. E sebbene Bjault capisse i suoi problemi e si sforzasse di mostrarsi cortese, con lei continuava a sentirsi sciocco e diffidente.

— Non lo so, Yoninne. Ho la sensazione che alcune delle cose che non riusciamo a capire possano essere di straordinaria importanza. C’è un’intera classe di parole, come rengare, sengare, kengare, dgengare, che vengono usate con estrema frequenza senza che noi riusciamo a collegarle a nessuna particolare azione.

Leg-Wot si strinse nelle spalle, lanciò sulla slitta l’ultimo attrezzo rimasto in sospeso, che per la cronaca era un videoregistratore, e tirò la chiusura lampo del telo di copertura. Poi afferrò il telecomando e schiacciò il bottone di avvio. Le celle a combustibile ossidrico della slitta ripresero vita, i motori emisero un sibilo lieve e il minuscolo veicolo incominciò a risalire la collina a passo d’uomo. Per continuare la conversazione Bjault fu costretto a seguirla.

— E poi, perché abbiamo visto così pochi uomini all’aperto? Che cosa fanno? Di che cosa vivono?

— Ne abbiamo già parlato, Bjault. I tizi che abitano da queste parti sono minatori e passano la maggior parte del loro tempo sottoterra. Le colline sono gonfie di rame da far schifo. E scommetto che tutta quella classe di parole in -engare hanno qualcosa a che vedere con le operazioni di scavo. Ed è per questo che non siamo riusciti a osservare le attività a cui si riferiscono.

— Ma come spostano i minerali grezzi o i prodotti già raffinati via di qui? Le strade… — Sì, le strade. Prima di lasciare lo spazio orbitale, Ajao aveva visto le fotografie scattate da Draere. Le strade c’erano, anche se avevano l’aria di semplicissimi sentieri che collegavano un lago all’altro, nella rete di minuscoli bacini artificiali che avvolgeva tutti i continenti abitati del pianeta. In alcuni casi, quelle “strade” si inarcavano con precisione geometrica lungo centinaia e centinaia di chilometri, ma non seguivano cerchi massimi. Era stato Draere a fargli notare che le curve seguite erano intersezioni della superficie del pianeta con piani paralleli al suo asse di rotazione. Com’era possibile che la razza Azhiri fosse capace di una simile precisione e che non avesse ancora capito come la più breve distanza tra due punti, su una sfera, è un cerchio massimo?