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Pelio si barcamenò tra una conversazione e l’altra, rimanendo sulle generali, senza sapere mai bene che cosa fare. Era stato diverso prima di incontrare Ionina. Allora, si era accontentato di tenersi in disparte senza nascondere il proprio malumore. Ma ora che conosceva il piacere di una vera conversazione, mettere il broncio non gli dava nessuna soddisfazione. Non che la cosa facesse differenza, pensò spingendo lo sguardo attraverso la terrazza fino ad Aleru e alla Regina Virizhiana. Chiunque avesse saccheggiato la sua sala di immagazzinaggio giocava una partita misteriosa e mortale. Finché non fosse riuscito a saperne di più era meglio recitare la parte del principe tranquillo e insignificante.

Si allontanò dalla folla e raggiunse un pergolato vicino al bordo della terrazza circondato dagli alberi. Lì il profumo dei fiori e delle foglie verdi era più penetrante, mentre i rumori della festa risultavano attutiti. A pochi pollici dal suo piede, il tappeto erboso finiva di colpo e il terreno scendeva in perpendicolare, mettendo a nudo il lucido letto di roccia rosa. Dal punto in cui si trovava, Pelio poteva vedere ognuno dei quindici livelli degradanti, fino a quello baronale, ma la vegetazione era così fitta da lasciar intravedere solo una minima parte degli invitati.

Da qualche parte, sotto gli alberi del nono livello, i musicisti della festa intonarono “Invito al Torneo”. Su tutte le terrazze la gente si spostò in avanti per guardare l’azione sul terreno di scontro posto a occidente. Il pergolato di Pelio fu preso d’assalto da un trio di giovani nobili, avidi di chiacchiere e di scommesse. Dall’azzurro dei gonnellini il principe capì che provenivano da qualche corte di campagna e che potevano appartenere al massimo al sesto livello. Ma la festa non era rigidamente formale e, se provvisto degli amici giusti, un nobile poteva andare praticamente dovunque nell’anfiteatro. Per la prima volta in molti anni, Pelio si ritrovò in incognito, e prima ancora di rendersene conto stava già scommettendo il suo anello più grande sulla vittoria in campo di Tseram Cherapfu. In realtà, di Cherapfu non sapeva proprio niente, ma aveva udito quel nome in una discussione fra esperti, poco prima.

I quattro si sedettero sull’erba soffice per godersi lo spettacolo e, qualche secondo più tardi, apparvero i due contendenti, uno al limite nord del terreno e l’altro a quello sud. La distanza era tale che i due sembravano macchioline minuscole, diverse solo per i colori accesi dei costumi da combattimento. Pelio capì dai discorsi degli altri che Cherapfu era quello a nord, vestito di rosso.

Sul terreno si udì una scarica di tuono e una nuvola di polvere si alzò dalle zolle erbose davanti al duellante vestito di blu: Tseram Cherapfu aveva scagliato il suo primo colpo. Uno dei giovani nobili osservò irritato che un attacco tanto prematuro rappresentava uno stupido spreco di energie e un altro gli rispose che non si poteva mai dire, tanto più che Cherapfu aveva in genere una mira eccellente. I due giostranti camminarono lentamente uno verso l’altro, finché non si trovarono appena a quattrocento iarde di distanza. Si udì di nuovo una scarica di tuono, che questa volta continuò con un aspro susseguirsi di colpi, mentre zaffate di aria venivano teletrasportate a velocità supersonica sulla radura.

La gara era amichevole, ma i contendenti lottavano come soldati allenati e valorosi in una battaglia vera. In combattimento era di fatto impossibile mettere sottosopra le viscere del nemico con un’applicazione diretta del Talento. A meno che l’avversario non fosse intontito o che si trattasse di un witling, le sue difese naturali lo avrebbero protetto contro un attacco di kengaggio. Per questo, era necessario aggredire in modo indiretto, teletrasportando aria e rocce da molte leghe di distanza, in modo che emergessero viaggiando a centinaia di piedi per secondo, in direzione dell’obiettivo.

La battaglia sul terreno di gioco non era completamente realistica. I duellanti non potevano rengare proiettili solidi e le folate di aria emergevano alte sul terreno. Eppure, il duello era spettacolare. Le folate di aria sollevavano erba e polvere sul campo come se fossero state mazze e i due soldati comparivano ora qua ora là, cercando di schivare i colpi dell’avversario.

Pelio si ritrovò a urlare forte come tutti gli altri. Perbacco, erano in gamba, quei soldati! Lo capiva persino lui. Per poter rengare alla velocità del tuono entrambi dovevano aver compiuto il Grande Pellegrinaggio attraverso le terre artiche. Senza contare che solo pochissime persone estremamente allenate potevano teletrasportarsi senza polle di transito, e quei due lo facevano in continuazione.

Ma non poteva continuare così a lungo. Il soldato in rosso barcollò sotto una serie di colpi multipli che appiattirono l’erba intorno a lui. Si chinò con aria intontita, ormai privo di difese, mentre un’ennesima serie di tuoni gli convergeva addosso. I quattro ragazzi trattennero il fiato, mentre il colpo finale lo spediva all’indietro. Cherapfu compì un giro completo su se stesso prima di ricadere al suolo.

Un applauso scosse l’anfiteatro in tutta la sua lunghezza, e i tre ragazzi balzarono in piedi, discutendo animatamente dell’incontro. Pelio si ritrovò anche lui a parlare, ripetendo a pappagallo argomenti che aveva ascoltato in precedenza, quel pomeriggio. E la cosa strana era che si divertiva, anche se non capiva neanche la metà di quello che stava dicendo. Mentre Pelio si sfilava dal dito l’anello perso nella scommessa, alle loro spalle risuonò una seconda ondata di applausi. Tutti si girarono per guardare attraverso gli alberi e videro che il vincitore del combattimento era appena emerso dalla polla di transito principale, accolto da Aleru e Virizhiana, per ricevere la ghirlanda della vittoria. La folla si chiuse attorno a loro e…

Ionina! Era in piedi a circa venti iarde dalla polla, e appena dietro di lei spiccava la sagoma alta, bruna e sgraziata di Adgao. Com’era possibile che si trovassero lì? Chi li aveva trasportati fino all’anfiteatro? Lo sbigottimento si perse nel terrore di non potere più in alcun modo negare il proprio tradimento. Pelio, affranto, si girò verso gli altri tre e porse il suo anello a quello più vicino, poi uscì dal pergolato, con Samadhom che lo tallonava.

Dietro di lui si udì uno dei ragazzi lanciare un’esclamazione di sorpresa. — Jiru, guarda! C’è il sigillo del principe imperiale, su questo affare.

Devo portarli via di qui. Devo portarli via. Pelio attraversò la terrazza erbosa, diretto verso la ragazza e il suo grottesco compagno, senza riuscire a pensare ad altro. Dappertutto c’erano soldati di prima categoria, gente che poteva sengare senza nessuna fatica che quei due stranieri erano witling. Non doveva farsi vedere a parlare con Ionina.

All’improvviso capì che non aveva più importanza. La terrazza era ammutolita e persino i festeggiamenti vicino alla polla di transito si erano quietati. Tutta l’attenzione era concentrata su di lui, su Ionina e Adgao. Il principe si accorse solo in quel momento che i due alieni si trovavano sotto la custodia delle guardie. Non c’era più speranza. Raddrizzò la schiena e percorse senza fretta il tratto che lo separava dalla ragazza. Il silenzio era tale che lui sentiva il rumore dei suoi passi sull’erba e l’eco di qualche voce nella terrazza sottostante. Era assurdo che quella storia giungesse al termine in una giornata tanto radiosa e sotto un cielo così azzurro.