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Dopo che se ne fu andato, Yoninne rimase a fissare a lungo la superficie sfregiata del tavolo. I dettagli dell’ambiente circostante si affollarono nella sua mente, come per cancellare quello che era appena successo. Il fuoco che scoppiettava nella stufa, le canzoni in sordina che provenivano dal piano inferiore, l’odore secco e fumoso che regnava in quel posto. Sentì gli occhi gonfiarsi di lacrime, e cercò di ricacciarle indietro. Non piangeva da quindici anni e avrebbe preferito andare all’inferno, piuttosto che riprovarci. Ma alla fine dovette cedere… Forse si trovava già all’inferno.

14

Bjault rimase per parecchi minuti a fissare il soffitto, prima di rendersi conto che era sveglio e che i dolori alle viscere non erano crampi ma morsi di fame. Lasciò scivolare via la trapunta e si rialzò a sedere. Il vento ululava nella cappa del minuscolo camino e la luce della torcia a parete ondeggiava di qua e di là. L’intontimento e la nausea della sera prima (o forse era passato più tempo?) erano scomparsi. Consultò l’orologio della tuta e vide che aveva dormito per più di dieci ore. Il dolore era svanito e lui si sentiva in grado di vivere felicemente per un altro secolo, sempre che non morisse di fame entro dieci minuti.

Si rimise in piedi e scostò la tenda sulla soglia. Lo specchio in silverplate sopra la bacinella per lavarsi gli restituì l’immagine di una faccia scarna e scarmigliata. Si avvicinò e mise a nudo le gengive. Per un lungo istante fissò la luminosa linea azzurra che correva lungo tutta la linea di attaccatura dei denti. Avvelenamento da piombo: la linea azzurra era uno dei pochi sintomi che ricordava. Dunque, la concentrazione di metallo pesante nell’alimentazione Azhiri doveva essere almeno cento volte maggiore di quello che aveva pensato. E la sua ripresa, nella migliore delle ipotesi, era solo temporanea. Quanto tempo ci rimane veramente? Settimane? O soltanto giorni?

E se si tratta solo di giorni, è meglio che smettiamo di mangiare? O la debolezza della fame non farà che accelerare gli effetti del veleno già ingerito?

Nel tempo necessario a vestirsi e ad attraversare l’anticamera per raggiungere la sala da pranzo, Bjault aveva già ritrovato parte del proprio ottimismo. Con un po’ di fortuna, sarebbero ritornati su Novamerika prima che lui avesse un altro “attacco”. Dopotutto, Yoninne non aveva ancora accusato il minimo malessere. Sotto molti aspetti, quel mondo aveva contribuito a migliorarla. La sera prima, per esempio, Leg-Wot si era mostrata gradevolmente premurosa.

Oltrepassò le tende per entrare in sala da pranzo e vide una serie di facce cupe attorno al tavolo. C’erano due indigeni, insieme agli uomini del Regno d’Estate. Si erano tolti la pelliccia, ed erano in piedi a torso nudo, con la pelle che scintillava alla luce delle torce. Uno dei due tolse un foglio di carta triangolare dai gambali rinforzati.

— È arrivato un altro bollettino dalla Strada Insulare, Signori — riferì. — Vi abbiamo già avvisato che è in atto una tempesta. Si sposta verso di noi, e anche se la via è ancora aperta per circa sette leghe, i laghi di transito gelano troppo in fretta perché i nostri operai riescano ancora a mantenerli agibili. È possibile che passi un novenale prima che il traffico ritorni alla normalità.

— Ma noi dobbiamo passare — replicò Pelio, irritato. — E il nostro diritto di passaggio è garantito dal trattato.

La faccia larga del rappresentante del Popolo delle Nevi si rabbuiò per un attimo prima di sciogliersi in una risata. — Voi avete stipulato un trattato con noi, non con il nostro clima. Siete liberissimi di percorrere la Strada Insulare. Al massimo, fra sei o sette salti andrete a schiantarvi contro uno strato di ghiaccio spesso più di tre piedi. — Il suo sorriso divenne vagamente malevolo. — Siete davvero così ansioso di mettere in pratica il vostro assurdo progetto? — A quanto sembrava, la storia dello scontro tra Pelio e suo padre alla Festa dell’Estate aveva oltrepassato i confini del Regno.

Ci fu un attimo di silenzio imbarazzato in cui le guardie del principe e gli ufficiali finsero di non aver sentito l’ultima osservazione dell’indigeno. Il vento era appena udibile, oltre le pareti di pietra.

Pelio non raccolse la provocazione. — Non è questo che intendevo. Il trattato dice che gli appartenenti al Popolo dell’Estate hanno il diritto di passare a nord, anche se si tratta di usare un’altra delle vostre strade.

— Uhm… se proprio insistete, immagino che dovremo permettervi di usare la Strada del Nord. Eppure, ho la sensazione che il resto della vostra truppa preferirebbe rimanere a Grechper, in attesa che la tempesta si plachi.

— Insisto — ribadì Pelio.

— E va bene. — L’altro si strinse nelle spalle. — Vi farò avere un lasciapassare. — I due rappresentanti del Popolo delle Nevi infilarono la pelliccia e l’allacciarono, prima di avviarsi giù per le scale senza il minimo cenno di saluto.

Per un attimo nessuno parlò. Ajao fiancheggiò il tavolo fino al punto in cui era sistemato un vassoio di legno, carico di panini imbottiti di carne. Era così affamato che anche il momento di crisi in cui si trovavano passò in seconda piano. Prese un panino, poi un altro e li mangiò senza che nessuno spezzasse il silenzio. Allora si guardò intorno e incominciò a chiedersi se per caso gli fosse sfuggito qualcosa. Pelio e Leg-Wot erano seduti ai bordi opposti del tavolo, con espressione cupa, ed evitavano di guardarsi.

Alla fine, il principe si rivolse al pilota-navigatore. — Ebbene?

Il militare si mise brevemente sull’attenti, prima di rispondere. — Sono arroganti come al solito, Altezza, ma temo che abbiano detto la verità. Sengo delle superfici ghiacciate in corrispondenza dei laghi di transito lungo la strada. Se attendiamo la fine del maltempo rischiamo di rimanere bloccati qui per tre o quattro giorni.

— Capitano, sapete che abbiamo solo diciotto ore di margine. Un ritardo di tre giorni ci costerebbe molto caro. — I consiglieri di Shozheru erano stati irremovibili. I witling avevano nove giorni esatti per portare a termine il loro progetto. Di quei nove giorni ormai rimaneva ben poco. — Che cosa ne pensate della Strada del Nord? Quell’uomo ha detto che ci farà avere un lasciapassare.

Il navigatore annuì e fece cenno a uno dei subalterni. Il soldato aprì subito una custodia di cuoio e srotolò un planisfero sul tavolo.

— Noi siamo qui a Grechper. — Il pilota puntò il dito su un puntino a mezza strada in direzione del polo. — Ora, se potessimo continuare il nostro viaggio lungo la Strada Insulare — e tracciò una linea retta sul disco fino al margine più lontano — ci ritroveremmo nella Contea di Tsarang tra un’ottantina di leghe, circa dieci ore, a mettercela tutta. Ma se quella via è chiusa, ci rimane comunque l’alternativa della Strada del Nord. — Indicò una linea sottile di puntini rossi che si spingeva nel centro della mappa, verso il polo. — Dovremo assumere un pilota locale, però, perché io non sono in grado di sengarne il tracciato. A nessun pellegrino del Popolo dell’Estate è consentito spingersi molto più a nord di Grechper. Ci vorranno circa quaranta salti per raggiungere il Polo Nord. Sono più di quelli necessari in condizioni normali, ma non possiamo permetterci impatti violenti come quelli delle strade di Tutt’Estate. I laghi settentrionali del Regno delle Nevi sono molto piccoli e spesso ricoperti di ghiaccio. Con una caduta troppo veloce rischieremmo di danneggiare lo scafo.