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“Una volta al polo imboccheremo questa strada — la indicò — e ci dirigeremo a sud facendo rotta per la Contea di Tsarang. In tutto, altri settantacinque salti.”

Il principe fece una smorfia. — Trentacinque in più di quelli che avevamo previsto. Quanto ci vorrà?

— Secondo il trattato sono tenuti a fornirci un solo pilota, dunque dubito che potremo fare più di sei salti all’ora… Diciamo, una ventina di ore in tutto.

— Molto bene. Ritorneremo sulla nave e ci prepareremo a partire. Nel frattempo… — Pelio si rivolse al console. — Desidero che voi facciate tutto quanto è in vostro potere per incoraggiare una pronta collaborazione da parte del Popolo delle Nevi. Abbiamo bisogno di quel lasciapassare per la Strada del Nord e di un pilota che conosca bene il percorso.

L’anziano diplomatico chinò il capo. — Come desiderate, Altezza.

Ci vollero circa tre ore prima che i rappresentanti del Popolo delle Nevi si decidessero a tirar fuori un pilota qualificato. In tutto quel tempo, Ajao e gli altri si ammucchiarono attorno alle piccole stufe della loro nave, cercando di tenersi caldi. Il cielo era ancora sereno e le due lune si fronteggiavano dalle estremità opposte della volta celeste, una piena e l’altra appena all’inizio della fase crescente. A occidente, oltre le asperità di un oceano di ghiaccio, le stelle scomparivano di colpo a pochi gradi di altezza sull’orizzonte. Lungo la riva, gli operai indigeni frantumavano alacremente le lastre ghiacciate e fumose che si formavano anche nell’acqua addizionata di sostanze antigelo e solo qualche nave, di tanto in tanto, compariva o scompariva sul lago.

Almeno cinquanta imbarcazioni, e più della metà di tipo locale, erano saldamente ormeggiate ai moli, tutte in attesa che la Strada Insulare ritornasse praticabile.

Verso mezzogiorno, una pallida luce rischiarò la parte di cielo verso sud mentre il sole compiva sforzi eroici per sbucare al di sopra dell’orizzonte. Ma Grechper si trovava oltre il circolo polare artico, e dunque ogni sforzo risultò vano.

A un certo punto, il navigatore inviò una palla-messaggio fino al primo lago di transito della Strada Insulare che, secondo i suoi sengaggi, risultava coperto di ghiaccio. Qualche minuto più tardi, la risposta piombò nell’acqua, vicino alla nave. La palla di legno, malamente ammaccata, venne ripescata e aperta. Il messaggio all’interno diceva che la tempesta era spaventosa, e in via di peggioramento.

Per tutta quella mattina, sul ponte gelido, Pelio e Leg-Wot non si scambiarono nemmeno una parola. L’unica volta che Ajao vide uno dei due guardare l’altro fu quando sorprese Yoninne a fissare con aria cupa la schiena del principe. Nessuno dei due si preoccupò di sapere qualcosa della sua salute. Erano tanto cambiati da sembrare addirittura due persone diverse. Che cosa poteva essere successo mentre lui dormiva? Cercò di spingere Yoninne a confidarsi, ma lei rifiutò di collaborare.

Finalmente, il nuovo pilota salì rumorosamente la passerella d’imbarco, scortato dai due indigeni che per primi avevano annunciato la tempesta. Una volta che lui fu arrivato a bordo, la situazione di stallo, se di questo si trattava, giunse al termine. Il navigatore capo accompagnò il collega in un breve giro di ispezione dello scafo, evidenziandone con cura le dimensioni e i punti deboli della struttura. Cinque minuti più tardi stavano già tranquillamente rengando in direzione nord. L’imbarcazione slittava lateralmente sull’acqua ogni volta che usciva da ciascun salto. La luce a sud si affievolì e le lune sorvegliarono il loro cammino da un cielo traboccante di stelle.

Ajao non vide più nessuna nave con lo stemma del Regno d’Estate. Il traffico lungo quella strada apparteneva al Popolo delle Nevi e le loro navi, di forma quasi perfettamente sferoidale, erano inconfondibili. Gli edifici vicino alla riva divennero più piccoli e quasi mai spalleggiati da città. Sembravano poco più che capanne, costruite con spessi blocchi di ghiaccio. A quella latitudine, la temperatura del terreno non si alzava sopra lo zero nemmeno in piena estate, e il ghiaccio era un materiale da costruzione come un altro. Inoltre, la roccia si trovava sepolta a parecchie centinaia di metri di profondità, sotto una coltre biancastra praticamente invalicabile. Una lega dopo l’altra, il panorama restò sempre quello di un deserto gelido e sterile. Anche al Popolo delle Nevi risultava impossibile vivere al di sopra del quindicesimo parallelo, rifletté Ajao. Senza dubbio, gli unici ad abitare nei dintorni erano gli operai addetti alla frantumazione del ghiaccio, indispensabili per mantenere aperta la via.

A un certo punto, il vento svanì. Forse si trovavano al riparo di qualche catena montuosa resa invisibile dall’oscurità. Mentre il pilota del Popolo delle Nevi si concedeva un riposo, l’equipaggio ispezionò lo scafo e cercò di liberare la parte inferiore dei pannelli di cristallo dal ghiaccio verdastro che li ricopriva. In quella calma relativa, le stufe continuarono a scoppiettare e a sputare scintille mentre l’assenza di vento permise finalmente al calore di fermarsi sul ponte e gli uomini ne approfittarono per riunirsi tutt’intorno. Ajao si chiese se quell’insperato tepore non avrebbe convinto anche Samadhom a uscire dal buco che Pelio doveva avergli trovato nella stiva.

Dai vetri incrostati di ghiaccio, l’archeologo scorse un’altra nave sul lago. La osservò meglio e vide che le stava succedendo qualcosa di curioso. L’imbarcazione si capovolse, come una balena che si metteva per gioco a pancia in su, accennò a tornare nella posizione originale e all’improvviso scomparve dalla vista. Ora, in nome del cielo, perché gli uomini del Popolo delle Nevi mettevano sottosopra le loro navi, prima di teletrasportarle? Andò a chiederlo a Pelio, che si trovava dall’altra parte del ponte a riscaldarsi vicino a una stufa. Il principe non alzò lo sguardo e per un attimo diede l’impressione di non volergli neppure rispondere. Alla fine, si strinse nelle spalle.

— Credevo che tu e Ionina conosceste già tutte le risposte — commentò poi in tono controllato. — Io sono solo uno zotico ignorante da manovrare secondo le necessità, ricordi?

Ajao finalmente capì. Lanciò un’occhiata verso il lato opposto del ponte, dove Yoninne fissava con ostentazione la riva, ben decisa a ignorarli. Ebbene, sospirò lui tra sé, immagino che nessuno di noi abbia una grande predisposizione per gli intrighi. Si sentì quasi sollevato che il ragazzo fosse al corrente della situazione.

— Invece ci sono molte cose che non sappiamo, Altezza — dichiarò. — Forse è per questo che vi abbiamo in qualche modo ingannato… Se vi trovaste perso a centinaia di leghe da casa vostra, circondato da persone che possono rivelarsi ostili, non sareste tentato anche voi di agire in modo un po’… ambiguo, anche nei confronti di quelle perone che vi sembrano amiche?

Il principe posò lo sguardo sul fuoco che scintillava oltre la mica trasparente che schermava la stufa. — Forse sì. Da te avrei anche potuto accettarlo, ma credevo che lo… — Si interruppe e cambiò bruscamente discorso. — La nave che hai visto si è girata per prepararsi a saltare in una strada dell’emisfero meridionale.

C’era qualcosa di buffo nel fatto che, in determinate condizioni, gli Azhiri potessero teletrasportarsi senza problemi addirittura nell’altro emisfero e che incontrassero invece così tante difficoltà per percorrere solo poche centinaia di chilometri. Se la destinazione si trovava a una latitudine sud equidistante dall’equatore rispetto a quella in cui ci si trovava a nord, era possibile teletrasportarsi senza il minimo pericolo di schiantarsi sulla superficie dell’acqua a un velocità troppo alta. In questo modo, il Regno delle Nevi poteva occupare le estremità opposte del pianeta rimanendo comunque, a tutti gli effetti, un unico dominio perfettamente collegato.