Leg-Wot parve pensierosa, meno depressa. Bjault sapeva da tempo che l’unione dell’umanità era una delle poche cose in cui credeva davvero. — Capisco quello che vuoi dire — la sentì replicare. — È nostro dovere inviare l’informazione, indipendentemente dalle possibilità che abbiamo di sopravvivere. E dobbiamo imparare il più possibile da questa gente. — Il viso di Yoninne si illuminò di un entusiasmo improvviso e spontaneo. — Perché per teletrasportarsi usano sempre le polle d’acqua? Scommetto che dietro a tutte le loro mascherature questi ragazzi nascondono una tecnologia molto avanzata. Forse le polle sono dei dispositivi di trasmissione.
Dentro di sé Ajao tirò un sospiro di sollievo per essere riuscito a distogliere la ragazza dall’apatia in cui era precipitata. Era già abbastanza duro combattere contro il proprio scoraggiamento.
— Non credo che questo popolo sia più evoluto di come pensavamo, Yoninne — disse comunque scrollando la testa. — Ho l’impressione che il teletrasporto sia una loro capacità mentale congenita.
— E perché, allora, usano sempre delle polle di acqua?
La risposta di Bjault si perse nel fischio stridulo che uscì all’improvviso da uno dei ponti superiori della barca. Assomigliava al sibilo di una macchina a vapore, ma Ajao non riuscì a vedere da dove provenisse. Qualunque ne fosse la fonte, il sibilo ovviamente segnalava qualcosa di importante. Le due guardie che un attimo prima ammazzavano il tempo giocando a dadi o a qualcosa di molto simile, anche se in realtà di trattava di dodecaedri, scattarono in piedi. Uno di loro infilò in fretta i dadi in una custodia di pelle. Si sistemarono ciascuno nella propria nicchia imbottita e allacciarono le cinture di sicurezza. Non appena le aveva viste, Ajao aveva indovinato subito che quelle strane cuccette con le cinghie, tutte uguali, venivano usate solo casualmente per ospitare dei prigionieri. Quella era solo una dimostrazione secondaria della sua teoria. Nel giro di qualche minuto sperava di averne una conferma molto più esplicita.
Il sibilo continuò a lacerare l’aria per quasi un minuto, mentre i soldati e i membri dell’equipaggio raggiungevano i loro posti. Quando il suono terminò, di colpo come era iniziato, l’archeologo udì i cittadini lanciare grida di saluto dalla banchina, che evidentemente si trovava alle loro spalle. Si erano doverosamente riuniti, o erano stati invitati a farlo, per assistere alla partenza dei loro governanti. Concordava con l’immagine culturale che lui si era formato della società Azhiri.
Bjault si contorse nella cuccetta, per osservare ogni dettaglio del veicolo in cui si trovavano. Era la nave più strana che avesse mai visto in centonovantatré anni di vita. Come forma di base assomigliava a uno sferoide schiacciato ai poli. O, almeno, lo scafo rispecchiava tale descrizione, mentre la struttura a tre ordini di ponti rispettava solo in modo approssimativo il profilo di uno sferoide. L’imbarcazione pescava a fondo nell’acqua e nel complesso sembrava molto più solida di quanto non richiedesse là gravità del pianeta. Dovunque erano visibili pesanti travi di legno e tavolati spessi, e sebbene l’ambiente fosse ricco di decorazioni, pitture, arazzi, intarsi di metalli preziosi, non c’erano ornamenti mobili o pendenti. Non c’erano nemmeno mezzi visibili di propulsione: né alberi, né scalmiere.
Ajao si ritrovò a registrare tutti questi particolari con una rapidità e un interesse che non aveva più provato da quando… da quando aveva finito l’esumazione dei resti della biblioteca di Ajeuribad, sul Mondo Natale, più di un secolo prima. La sua ricostruzione della teoria della relatività sulla base di registrazioni su microfilm semicarbonizzati aveva messo finalmente il Mondo Nuovo in grado di entrare in contatto con le stelle, dopo un Interregno durato duemila anni. Ma quello che abbiamo scoperto qui può essere ancora più importante, pensò Ajao. Si sentì quasi ringiovanito di colpo.
L’equipaggio e le guardie attorno a loro parvero irrigidirsi. Di qualunque cosa si trattasse, ormai poteva succedere da un attimo all’altro, anche se per il momento lui non percepiva nulla. Guardò Leg-Wot e lei scrollò la testa con espressione incerta. Lanciò un’occhiata oltre l’acqua, verso la riva lontana duecento metri in direzione est. La terra al di là era brulla. La tripla corona dei pini verde-azzurri era appena impolverata di neve.
Non ci fu alcun tremolio. Il paesaggio svanì, semplicemente, e fu rimpiazzato da un altro molto più verde e più scuro. Simultaneamente Ajao sentì le orecchie che si tappavano e lo stomaco finiva in fondo ai piedi. La barca batté di nuovo contro la superficie dell’acqua e lui ebbe la sensazione che la schiena venisse schiacciata contro la cuccetta. Le acque del lago si alzarono ad anello, in un muro compatto tutt’intorno a loro, e insieme al suono dell’impatto violento contro l’acqua si udirono gli scricchiolii della struttura della nave, che assorbiva l’improvvisa accelerazione.
L’imbarcazione riprese a dondolarsi sul lago. Un lago lo era, in ogni caso, anche se non proprio quello in cui si erano trovati solo un momento prima.
Il cielo era buio, l’aria umida e tiepida. All’inizio Ajao pensò che fosse notte poi, quando gli occhi si abituarono al cambiamento, capì che si trattava solo di una normale giornata nuvolosa. Il fragore del loro arrivo si quietò e lasciò il posto al ticchettio costante della pioggia sullo scafo ricurvo. Sulla superficie del lago le gocce creavano una miriade di minuscoli crateri, che subito scomparivano.
Su quella stessa superficie, altre navi andavano e venivano dal nulla, provocando grandi onde che si disperdevano in tutte le direzioni. Delle navi mimetiche, forse militari, erano ancorate in file regolari lungo la riva, come imbarcazioni da diporto in un qualsiasi porto del Mondo Natale. Sulla terraferma, oscurata dalla pioggia e dagli alberi, c’era un’ampia schiera di edifici bassi e tozzi, con le finestre a fessura, del tutto simili alle fortificazioni di confine usate sul Mondo Natale verso la fine dell’Interregno. Sembrava di nuovo la prova che gli Azhiri possedevano qualcosa di simile alle armi automatiche e all’artiglieria. Una prova difficile da combinare con il resto della teoria che in qualche modo incominciava a formarsi nella mente dell’archeologo.
Ajao si girò verso Yoninne, che si era ripresa molto più in fretta di lui dal brusco arrivo e dall’improvviso cambio di panorama. — Hai sentito quel colpo al momento dell’impatto? — le chiese. — Ecco una buona ragione per cui questa gente preferisce il teletrasporto via acqua.
Leg-Wot sgranò gli occhi, alla luce di un’improvvisa intuizione. — La velocità gravitazionale del pianeta — replicò.
Lui annuì. — A prima vista, il teletrasporto sembra una faccenda semplice, anche se soprannaturale. Scompari in un punto e riappari in un altro, senza nemmeno l’inconveniente di un tempo intermedio. Ma basta un esame più attento per capire come la natura imponga certe restrizioni anche al soprannaturale. Se ci si sposta in relazione al punto di destinazione, è naturale che ci sia una collisione al momento dell’arrivo, e più in fretta si arriva, più forte sarà l’impatto. Questo mondo compie una rotazione completa in venticinque ore, sicché tutti i punti lungo l’equatore si muovono verso est a più di cinquecento metri al secondo, mentre i punti a nord e a sud ruotano a velocità proporzionalmente minori. Teletrasportarsi lungo la superficie del pianeta è come…
— Come giocare a “mondo” su una giostra in movimento — concluse Yoninne. — E così si servono dell’acqua per attutire l’impatto al momento dell’arrivo. Adesso è chiaro! Scommetto che la cosa riguarda anche quella catena di laghi che abbiamo visto quando eravamo ancora in orbita. Questa gente deve teletrasportarsi con salti brevi da una pozza all’altra. — Ajao annuì. Anche con il sistema ammortizzante offerto dall’acqua, le navi sarebbero andate in mille pezzi se fossero giunte a destinazione a più di qualche metro al secondo. Per questo era più sicuro effettuare teletrasporti di poche centinaia di chilometri per volta. Non era tutto. Da un punto dato dell’emisfero nord era possibile teletrasportarsi nell’opposto emisfero sud, e viceversa, a patto che la latitudine fosse la stessa, perché le coppie di punti con latitudine uguale avevano la stessa velocità di rotazione. Ma questo era un cavillo. A viaggi di lunga distanza corrispondeva inevitabilmente una lunga serie di salti, e quindi una lunga serie di laghi di trasporto.