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— Non ti credo. — Fluttuando, Dua si era mossa lentamente. Odeen l’aveva seguita. Ed erano rimasti soli, con il Sole rosso che li illuminava dall’alto.

Dua si era girata verso di lui. — Mi permetti di farti una domanda, Odeen? Perché hai voluto insegnarmi?

Le aveva risposto: — Perché lo volevo. Perché a me piace molto insegnare e perché io preferisco insegnare che fare qualunque altra cosa… tranne imparare.

— E fonderti, naturalmente… Non badarci — aveva aggiunto subito lei, per evitare che lui la interrompesse. — Non stare a dire che parlavi di ragione e non di istinto. Senti, se parli seriamente e se davvero ti piace insegnare e se io posso davvero crederti, allora forse potrai capire quello che adesso ti dirò. Ho imparato moltissime cose da quando ti ho lasciato, Odeen. Non importa come, adesso. Le ho imparate e non sono più un’Emotiva, tranne che fisiologicamente. Dentro di me, dov’è quello che più conta, io sono tutta Razionale, tranne che spero di avere più comprensione per gli altri di quanta ne hanno i Razionali. E una delle cose che ho imparato, Odeen, è che cosa siamo noi in realtà. Tu, io e Tritt e tutte le altre triadi di questo pianeta… quello che siamo realmente e siamo sempre stati.

— Che cosa? — aveva chiesto. Era pronto ad ascoltarla per tutto il tempo che fosse stato necessario, e in silenzio, se solo lei fosse tornata a casa insieme a lui dopo aver detto quello che aveva da dire. Avrebbe eseguito qualunque penitenza, fatto qualunque cosa. Bastava che lei tornasse… Eppure, in un angolo triste e oscuro dentro di sé, sapeva anche che lei avrebbe dovuto tornare di sua volontà.

— Che cosa siamo? Niente, in realtà, Odeen — aveva risposto lei, in tono leggero, quasi ridendo. — Non è strano? I Duri sono l’unica specie vivente sulla faccia del pianeta. Non te l’hanno insegnato questo? Esiste una sola specie di esseri perché tu e io, i Morbidi cioè, non siamo vivi, in realtà. Noi siamo macchine, Odeen. Dobbiamo esserlo, perché solo i Duri sono vivi. Non te l’hanno insegnato questo, Odeen?

— Dua, questa è un’assurdità! — aveva esclamato lui, sconcertato.

La voce di Dua era diventata aspra. — Macchine, Odeen! Costruite dai Duri! Distrutte dai Duri! Loro sono vivi. Solo loro, i Duri. Non ne parlano molto. Non ne hanno bisogno, perché tutti loro lo sanno. Ma io ho imparato a pensare, Odeen, e l’ho ricavato dai pochi indizi che avevo. I Duri hanno una vita terribilmente lunga, ma alla fine muoiono. E non hanno più nascite, perché il Sole fornisce ormai troppo poca energia. E, dato che muoiono raramente ma non hanno più nascite, il loro numero cala molto, molto lentamente. E non hanno giovani che gli forniscano sangue nuovo e nuovi pensieri, perciò i vecchi Duri dalla vita lunghissima si annoiano tremendamente. E allora che cosa pensi che facciano, Odeen?

— Che cosa fanno? — Quello che Dua diceva era affascinante. Affascinante in modo repellente.

— Fabbricano bambini meccanici ai quali insegnare. L’hai detto tu, Odeen. Preferisci insegnare che fare qualunque altra cosa, tranne imparare… e fonderti, naturalmente. I Razionali sono fatti a immagine mentale dei Duri, e i Duri non si fondono, e imparare è molto difficile, per loro, perché sanno già tantissime cose. Non gli resta altro divertimento che l’insegnare. Perciò hanno creato i Razionali al solo scopo d’insegnargli. Le Emotive e i Paterni sono stati creati perché erano necessari per perpetuare automaticamente il meccanismo che fabbrica i nuovi Razionali. E i Duri hanno costantemente bisogno di nuovi Razionali, perché quelli vecchi non servono più dopo che hanno imparato tutto quello che possono imparare. Infatti, quando i vecchi Razionali hanno assorbito tutto quello che possono, vengono distrutti, ma in precedenza gli hanno insegnato a chiamare il procedimento di distruzione “trapasso”, per non ferire i loro sentimenti. E naturalmente Emotive e Paterni trapassano insieme a loro. È logico! Dopo che hanno aiutato a formare una nuova triade non servono più a niente!

— Ma queste tue idee sono tutte sbagliate, Dua! — era riuscito a dire Odeen, con fatica. Non aveva argomentazioni da contrapporre a quella teoria da incubo, ma sapeva con una certezza indiscutibile che Dua aveva torto. (Eppure, dentro di lui, una punta di dubbio non gli diceva forse che quella certezza avrebbe potuto essergli stata instillata, tanto per cominciare?… No, certamente no, perché allora anche in Dua, sicuramente, sarebbe stata instillata la certezza di avere torto… Oppure, dato che lei era un’Emotiva fuori del comune, magari era un’Emotiva imperfetta, priva di quelle adeguate nozioni preventivamente instillate e mancante anche… Ah, cos’andava mai a pensare! Era pazzo quanto lei!)

Dua stava dicendo: — Mi sembri sconvolto, Odeen. Sei proprio sicuro che io mi sbagli? Ovviamente, adesso loro hanno la Pompa Positronica e quindi tutta l’energia di cui hanno bisogno, oppure l’avranno tra poco. E presto saranno in grado di dare inizio a nuovi piccoli Duri. Forse ne sono già in grado. E così non avranno più bisogno delle macchine che sono i Morbidi, e noi verremo tutti distrutti… scusa, volevo dire: noi trapasseremo tutti.

— No, Dua — aveva detto lui, coraggiosamente e con forza, tanto per se stesso che per lei. — Io non so da dove tu abbia ricavato queste idee, ma i Duri non sono come dici tu. Noi non veniamo distrutti.

— Non mentire a te stesso, Odeen! I Duri sono proprio così. Sono pronti a distruggere un intero mondo di esseri-altri per il loro personale vantaggio, o addirittura un intero universo! Credi che si tratterranno dal distruggere pochi Morbidi, se non gli faranno più comodo?… Ma hanno commesso un errore. Qualcosa è andato storto nelle loro macchine e la mente di un Razionale è finita nel corpo di un’Emotiva. Io sono un’Emo-Sin, lo sai? Mi chiamavano così quando ero piccola, e dicevano giusto. Io ragiono come un Razionale e sento come un’Emotiva. E, grazie a questa combinazione, combatterò ì Duri.

Odeen si era sentito la mente in subbuglio. Dua era impazzita di sicuro, ma lui non aveva il coraggio di dirglielo. Anzi, doveva blandirla per riportarla a casa. Le aveva detto, con sincera convinzione: — Dua, quando trapassiamo noi non veniamo distrutti.

— No? Cosa ci succede allora?

— Io… io non lo so. Penso che entriamo in un altro mondo, un mondo migliore e più felice, e diventiamo… diventiamo come… be’, molto migliori di quello che siamo.

Dua aveva riso. — Dove hai sentito una storia del genere? Te l’hanno raccontata i Duri?

— No, Dua. Sono sicuro che dev’essere così, l’ho ricavato dal mio ragionamento. Ho pensato molto anche a questo dopo che tu te ne sei andata.

Dua aveva ribattuto: — Allora pensa di meno, così sarai meno stupido! Povero Odeen! Ciao, ciao! — Ed era fluttuata via un’altra volta, rarefatta, evanescente. Pareva stanchissima.

Odeen aveva gridato: — Aspetta, Dua! Non vuoi essere presente quando arriverà la tua nuova piccola mediana?

Lei non aveva risposto.

Lui aveva gridato ancora: — Quando tornerai a casa?

Lei non aveva risposto.

E lui non l’aveva seguita più, ma era rimasto a guardarla, disperato e infelice, mentre rimpiccioliva in lontananza.

Non aveva raccontato a Tritt di avere visto Dua. A cosa sarebbe servito? E dopo quella volta non l’aveva rivista più, anche se aveva continuato a frequentare i posti di ritrovo al sole preferiti delle Emotive della zona. Lo faceva ormai tanto spesso che di tanto in tanto qualche Paterno emergeva in superficie per osservarlo con sospetto. (Tritt era mentalmente un gigante a paragone di tutti gli altri Paterni!)

L’assenza di Dua divenne sempre più dolorosa da sopportare, con il trascorrere dei giorni. E, con il trascorrere dei giorni, Odeen si rese conto che, insieme al dolore, stava crescendo in lui una grande paura per quell’assenza. Ma perché?