— Eppure siete venuta a cercarmi, e non c’è niente sulla Terra… voglio dire sulla Luna, che possa convincermi che lo avete fatto perché sono giovane e bello.
— Anche se lo foste, sarebbe lo stesso. I Terrestri non m’interessano, come sanno tutti, eccetto Barron.
— Allora perché mi cercavate?
— Perché ci sono altri modi di essere interessanti e perché voi interessate a Barron.
— Chi è? Il vostro ragazzo? Un amico?
Selene rise: — Barron Neville. È molto più di un ragazzo e anche di un amico. Quando ne abbiamo voglia ce la spassiamo insieme.
— È quello che intendevo dire. Avete bambini?
— Un maschio di dieci anni. Vive quasi sempre nella sezione ragazzi. E, per risparmiarvi la prossima domanda, aggiungo che non è figlio di Barron. Può darsi che avrò un figlio anche da Barron, se saremo ancora insieme quando… se mi verrà dato il permesso di avere un secondo figlio. Ma sono sicura che me lo daranno.
— Siete molto franca.
— Riguardo ad argomenti che non considero segreti? Certo… Ma cosa vi piacerebbe fare adesso?
Stavano camminando lungo un corridoio dalle pareti di roccia color latte, nella cui superficie levigata erano incastonate schegge di “gemme lunari” che si trovavano facilmente in molte zone della superficie. Selene calzava sandali che sfioravano a malapena il terreno, mentre lui portava stivali dalla pesante suola di piombo che lo aiutavano a camminare con relativa facilità.
Il corridoio era a senso unico. Di tanto in tanto venivano sorpassati da un piccolo e silenzioso veicolo elettrico.
Il Terrestre rispose: — Che cosa avrei voglia di fare, dite? Be’, è un invito a raggio talmente ampio!… Non vorreste porvi qualche condizione limitativa in modo che io non possa offendervi, anche senza volerlo?
— Siete un fisico?
Il Terrestre esitò. — Perché me lo domandate?
— Per sentire cosa mi rispondete. Lo so che siete un fisico.
— Come fate a saperlo?
— Nessuno parla di “condizioni limitative”, se non lo è specialmente se la prima cosa che vuole vedere della Luna è il protosincrotrone.
— È per questo che mi cercavate? Perché sembro un fisico?
— È il motivo per cui Barron mi ha mandato a cercarvi. Perché lui è un fisico. Io sono venuta perché penso, che… siate fuori del comune, per un Terrestre.
— In che senso?
— Se andate in cerca di complimenti… non è un complimento. È solo che mi pare che i Terrestri non vi piacciano.
— Come fate a dirlo?
— Vi ho osservato mentre guardavate gli altri turisti. E poi io lo sento. Sono i Terragni a cui non piacciono gli altri Terragni quelli che tendono a rimanere sulla Luna. E questo mi riporta alla domanda di prima. Che cos’avete voglia di fare, adesso? E porrò le mie condizioni limitative… voglio dire, per quanto riguarda le cose che andremo a vedere.
— È strano, Selene — ribatté lui, lanciandole un’occhiata penetrante. — Avete un giorno di libertà e, dal momento che il vostro lavoro non vi dà nessuna soddisfazione, dovreste godervelo. Invece siete disposta a lavorare volontariamente per me… Solo perché v’interesso un pochino.
— Perché interessate a Barron. Lui ha da fare, adesso e non c’è niente di male se v’intrattengo io finché non sarà libero… E poi è diverso. Non lo capite? Il mio lavoro consiste nel guidare un branco di Terragni… Non vi offenderete se uso questo termine?
— Lo uso anch’io.
— Perché siete un Terrestre. Alcuni Terrestri lo considerano denigratorio e si offendono se lo usano i Lunariti.
— Volete dire se lo usano i lunatici?
Selene arrossì, poi disse: — Sì. Proprio così.
— Bene, allora non stiamo a scambiarci insulti. Su, continuate a parlarmi del vostro lavoro.
— Nel mio lavoro ci sono questi Terragni che devo sorvegliare perché non finiscano con l’ammazzarsi e a cui devo dire come muoversi e camminare, e devo badare che mangino e bevano secondo il manuale. E loro vedono le loro cosette, fanno le loro cosette, e io devo essere tremendamente materna e gentile.
— Orribile — commentò il Terrestre.
— Ma voi e io possiamo fare quello che preferiamo spero! Voi forse dovrete affidarvi alla sorte, ma io non dovrò soppesare ogni parola!
— Vi ho già detto che siete liberissima di chiamarmi Terragno.
— D’accordo. Allora, cosa vogliamo fare?
— Sapete già la risposta. Voglio visitare il protosincrotrone.
— Questo no. Forse Barron riuscirà a farvi ottenere un permesso in seguito.
— Be’, se non posso visitare il protosincrotrone, non so cos’altro ci sia da vedere. So che il radiotelescopio è sull’altra faccia della Luna, e poi non è una novità. Ditemi voi. I turisti-tipo cosa visitano?
— Un mucchio di cose. Ci sono le colture di alghe, per esempio, ma l’odore è tale che un Terragno… un Terrestre non lo apprezzerebbe molto. I turisti fanno già i difficili con i nostri cibi!
— Vi sorprende? Non avete mai assaggiato cibi terrestri?
— No, ma credo che non mi piacerebbero. Dipende da cosa si è abituati a mangiare.
— Già — convenne il Terrestre con un sospiro. — Se mangiaste una vera bistecca forse vi darebbero fastidio i nervi e il grasso.
— Potremmo andare in periferia dove stanno aprendo nuovi corridoi, ma dovreste indossare una tuta protettiva. Poi ci sono le fabbriche…
— Selene, lascio a voi la scelta.
— D’accordo, se prima risponderete sinceramente a una mia domanda.
— Non posso promettere prima di averla sentita.
— Dicevo che i Terragni a cui non piacciono i Terragni tendono a restare sulla Luna. Voi non avete negato. Avete intenzione di fermarvi sulla Luna?
Il Terrestre fissava le punte dei suoi goffi stivali. Poi disse: — Selene, ho faticato a ottenere il visto. Dicevano che ero troppo vecchio per affrontare il viaggio e che, se fossi rimasto qui troppo a lungo forse non sarei più riuscito a riadattarmi alla Terra. Così ho detto che avevo intenzione di restare per sempre sulla Luna.
— Eravate sincero?
— Allora ero incerto, ma adesso penso che rimarrò.
— È strano che vi abbiano concesso il visto, date le circostanze.
— Perché?
— In genere le autorità terrestri non hanno piacere che un fisico si trasferisca definitivamente sulla Luna.
— Quanto a questo, non ho avuto difficoltà — dichiarò il Terrestre, con una smorfia.
— Be’, allora, se volete diventare uno di noi, penso che dovreste visitare la palestra. I Terragni lo chiedono spesso, ma noi non li incoraggiamo, di solito, anche se non è vietato. Con gli immigranti è diverso.
— Perché?
— Be’, tanto per cominciare, noi facciamo ginnastica nudi o quasi. E perché non dovremmo? — si affrettò ad aggiungere in tono difensivo come per prevenire delle obiezioni. — La temperatura è controllata e l’ambiente pulito. Solo i Terrestri reagiscono in modo esagerato al nudo: o si eccitano o lo trovano indecente, o tutt’e due le cose insieme. Be’, noi non abbiamo voglia di vestirci in palestra per amor loro, e così, per evitare fastidi, facciamo a meno di portarceli.
— Ma gli immigranti?…
— Loro ci si devono abituare. Prima o poi dovranno spogliarsi anche loro, e hanno più bisogno di fare ginnastica dei Lunariti indigeni.
— Voglio essere onesto con voi, Selene: se vedo un nudo femminile mi ecciterò. Non sono così decrepito!
— Be’, eccitatevi pure — disse lei, con indifferenza. — Ma per conto vostro. D’accordo?
— Dobbiamo spogliarci anche noi? — domandò lui, guardandola con divertito interesse.