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— E questo tizio che è venuto sulla Luna ci crede?

— Credo di sì — ammise Gottstein con un ampio sorriso. — Diavolo, di notte, quando non riesco a dormire — fra l’altro continuo a cadere dal letto — arrivo a crederci anch’io. Forse lui pensa di poter esperimentare la sua teoria, qui.

— E allora?

— E allora lasciatelo fare. Gli ho fatto capire che lo avremmo aiutato.

— È rischioso — commentò Montez scuotendo la testa. — Non mi piace dare un sostegno ufficiale alle teorie cervellotiche.

— Sapete, esiste una sia pur minima possibilità che non sia poi tanto cervellotica. Il fatto importante è che se possiamo farlo restare qui sulla Luna, tramite suo possiamo arrivare a scoprire cosa sta succedendo qui. Non vede l’ora di essere riabilitato e io gli ho suggerito che poteva raggiungere lo scopo dandoci una mano… Farò in modo che siate tenuto al corrente, in via amichevole.

— Grazie — rispose Montez. — E addio.

9

Con espressione ingrugnita, Neville dichiarò: — No, non mi piace.

— Perché è un Terragno? — Selene si tolse un peluzzo dal seno e lo esaminò attentamente tenendolo fra due dita. — Non è della mia camicetta. L’ho sempre detto io, che il sistema di depurazione dell’aria funziona male.

— Quel Denison non vale una cicca. Non è un para-fisico. Ha qualche nozione dilettantesca in materia — a quanto racconta — e, per dimostrare la sua competenza, tira fuori delle idee assurde.

— Quali, per esempio?

— Dice che la Pompa potrebbe far esplodere l’universo.

— Davvero?

— Proprio così… Oh, sono obiezioni che ho già sentito non so quante volte! Ma non si tratta solo di questo… E poi sono tutte assurdità.

— Forse la pensi così perché vorresti che non fossero vere.

— Non cominciare!

— Be’, cosa vuoi farne, di lui? — tornò alla carica lei dopo una breve pausa.

— Lo sistemerò in qualche laboratorio. Non varrà niente come scienziato, ma potrebbe esserci ugualmente utile. Deve essere abbastanza conosciuto, se il Commissario ha già conferito con lui.

— Lo so.

— Mi ha raccontato una romantica storia, secondo cui gli hanno rovinato la carriera, e ora vorrebbe riabilitarsi.

— Sul serio?

— Certo. Sono sicuro che ti piacerà, e del resto, se lo metti sull’argomento, sarà felice di raccontartela. Anche questo è un bene. Il Terrestre romantico che lavora sulla Luna a un progetto pazzesco costituirà un magnifico motivo di preoccupazione per il Commissario, e ci servirà da paravento. E chissà che, tramite suo, non si riesca a sapere qualche cosa di più di quello che succede sulla Terra… Perciò sarà meglio che tu continui a mostrarti cordiale con lui, Selene.

10

La risata di Selene risuonò stridula negli auricolari di Denison. La tuta spaziale in cui era infagottata nascondeva la sua figuretta.

— Avanti, Ben, venite — incitò. — Non c’è da aver paura. Oramai siete un veterano. È un mese che vivete sulla Luna.

— Ventotto giorni — borbottò Denison che si sentiva soffocare nella tuta.

— Un mese — insisté Selene. — C’era la mezzaterra quando siete arrivato, e adesso c’è di nuovo mezzaterra — e così dicendo indicò la curva luminosa della Terra nel cielo meridionale.

— D’accordo, ma aspettate. Qui in superficie non sono così bravo a cavarmela come di sotto… E se casco?

— Non succede proprio niente. La forza di gravità è minima, il pendio dolce e la tuta robusta. Se doveste perdere l’equilibrio, lasciatevi cadere e rotolare. Fra l’altro, è molto più divertente scendere a questo modo.

Ma Denison non era per niente tranquillo. La superficie della Luna si stendeva bellissima alla fredda luce della Terra, tutta una sinfonia di bianchi e di neri. Un bianco tenue e delicato in confronto a quello delle zone illuminate dal Sole che aveva visto una settimana prima durante una gita fatta allo scopo di visitare le batterie solari installate nel Mare Imbrium. Anche il nero era più tenue e morbido non essendovi il contrasto della cruda luce del giorno. Le stelle avevano uno splendore incomparabile, e la Terra era così invitante, con le sue pennellate di bianco e di azzurro, fra cui comparivano qua e là tratti marrone.

— Bene — disse Denison — vi secca se mi aggrappo a voi?

— No di certo. Del resto, non risaliremo fino alla sommità, ma percorreremo solo un tratto del pendio adatto ai principianti: cercate di stare al passo con me. Camminerò lentamente.

I passi di Selene erano lenti, lunghi e ondeggianti, e lui cercava di imitarne il ritmo. Il pendio che stavano risalendo era coperto di polvere, e ad ogni passo Denison ne scalciava una nuvoletta che ricadeva subito nel vuoto. Riusciva a star al passo con Selene, ma a fatica.

— Bene — commentò lei tenendolo sottobraccio. — Vi comportate proprio benino, per essere un Terragno… scusate, un Immi.

— Grazie.

— Be’, non è che ci sia molta differenza. Immi, per Immigrante, è un epiteto spregiativo come Terragno per Terrestre. Devo ammettere che avete un buon carattere, per la vostra età.

— No! Questo è peggio ancora. — Denison ansimava e aveva la fronte sudata.

— Ogni volta che state per posare un piede, date una leggera spinta con l’altro — consigliò Selene. — Così i passi si allungano e camminare diventa più facile. No, non così… guardate me.

Denison fu ben lieto di fermarsi un momento, e guardò Selene, che, nonostante fosse impacciata dalla tuta, procedeva a passi aggraziati. Poi lei tornò indietro e gli si inginocchiò accanto.

— Su, adesso provate a muovere un passo… lentamente, e io vi batterò sul piede quando sarà il momento di calcare per darvi una spinta.

Dopo parecchi tentativi, Denison commentò: — È peggio che correre sulla Terra. Sarà meglio che riposi un po’.

— Va bene. La colpa è dei muscoli che non sono avvezzi ai movimenti coordinati. Fate fatica non per colpa della forza di gravità, ma per mancanza di coordinamento muscolare… D’accordo, mettetevi a sedere e riprendete fiato. Non ho intenzione di farvi salire molto più in alto.

— Se mi sdraio comprometto il funzionamento delle bombole?

— No, ma è meglio che non vi sdraiate. Mancano solo 120° allo zero assoluto, cioè siamo a 150° sottozero, e più piccola è la zona di contatto con il terreno, tanto meglio è. Io, se fossi in voi, mi limiterei a star seduto.

— Va bene. — Denison si mise a sedere col viso rivolto verso il nord.

— Guardate quelle stelle! — esclamò.

Selene si era messa anche lei a sedere, ad angolo retto rispetto a Denison, che, di tanto in tanto, quando la luce della Terra colpiva il visore a un’angolazione giusta, riusciva a vederla in faccia.

— Sulla Terra si vedono le stelle? — domandò lei.

— Non così. Anche quando non ci sono nuvole, l’atmosfera terrestre assorbe parte della loro luce. Le differenze di temperature nei diversi strati atmosferici le fanno sembrare tremule, e le luci delle città, anche se lontane, le offuscano.

— Dev’essere disgustoso!

— Vi piace stare qui in superficie, Selene?

— Non in modo folle, però non ho niente in contrario a venirci, qualche volta. Fa parte del mio lavoro accompagnare i turisti.

— E adesso l’avete fatto per me.