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— Il punto di rottura non è stabile, vedete? — disse.

— Non su piccola scala — corresse Denison — ma se consideriamo che uno spostamento di un anno luce equivale teoricamente a uno spostamento di cento metri, uno di cento metri soltanto è miracolosamente stabile.

— Non abbastanza miracolosamente — disse Selene con voce incolore.

— Lasciate che indovini di cosa state parlando — si intromise Gottstein. — Volete dire che la materia può traboccare qui, o là, o altrove, a caso, nel nostro universo.

— Non proprio a caso, Commissario — spiegò Denison. — La probabilità di rottura si attenua allontanandosi dal Pionizzatore, e anche piuttosto bruscamente, direi. La precisione dipende da vari fattori, ma direi che ormai abbiamo delimitato con sufficiente precisione il campo. Anche cosi, però, uno spostamento di qualche centinaio di metri è possibile, come avete potuto constatare con i vostri occhi.

— E il fenomeno avrebbe potuto verificarsi ovunque, nell’interno della città o anche dentro ai nostri caschi, immagino.

— No, no — disse con impazienza Denison. — Il punto di rottura, almeno con le tecniche che usiamo noi, dipende strettamente dalla densità della materia già presente in questo universo. Non esiste praticamente la possibilità che la posizione di passaggio si sposti da un punto dove c’è il vuoto a un altro ove esiste atmosfera anche cento volte meno densa di quella esistente in città o nell’interno del nostro casco. Sarebbe stato poco pratico cercare di creare il passaggio in qualunque posto, oltre che nel vuoto. Per questo abbiamo fatto i nostri tentativi in superficie.

— Allora questa non è come la Pompa Elettronica?

— Per niente — rispose Denison. — Nella Pompa Elettronica, il passaggio di materia avviene nei due sensi, qui in uno solo. E gli universi interessati non sono gli stessi.

— Verreste a cena da me stasera, dottor Denison? — propose Gottstein.

— Io solo?

Gottstein abbozzò un inchino che risultò una grottesca parodia, all’indirizzo di Selene.

— Sarò felicissimo di godere della compagnia della signorina Lindstrom in una prossima occasione — disse. — Ma questa volta devo parlare a tu per tu con il dottor Denison.

— Avanti, accettate — disse bruscamente Selene a Denison vedendo che costui esitava. — Tanto, domani avrò una giornata molto faticosa, e voi avete bisogno di tempo per pensare alla stabilità del punto di passaggio.

— Be’ — rispose incerto Denison — allora fatemi sapere quando avrete un altro giorno libero, d’accordo?

— Non l’ho sempre fatto? E poi ci vedremo anche prima… Perché non ve ne andate, voi due? Penso io a sistemare gli apparecchi.

15

Barron Neville si bilanciava prima su un tallone e poi sull’altro costretto a questo dall’ambiente angusto, mentre se fosse stato sulla Terra avrebbe passeggiato avanti e indietro.

— Sei sicura che funzioni? Proprio sicura?

— Sicurissima — affermò Selene. — È la quinta volta che te lo ripeto.

Neville non l’ascoltava. A bassa voce, in fretta, disse: — Allora non importa anche se era presente Gottstein? Non ha cercato di interrompere l’esperimento?

— Ma no!

— Non hai avuto l’impressione che volesse valersi della sua autorità…?

— Senti, Barron, quale autorità avrebbe potuto far valere? Poteva inviare un corpo di polizia terrestre? E poi… oh, sai bene che, tanto, non potrebbero fermarci.

Neville smise di agitarsi e domandò: — Non lo sanno? Non lo sanno ancora?

— No, naturalmente. Ben stava guardando le stelle, e poi è arrivato Gottstein. Ho approfittato della situazione per cercar di provocare la rottura del campo, e ci sono riuscita, come era già riuscita l’altra. Le apparecchiature di Ben…

— Non dir così. È stata un’idea tua.

— Io ho dato solo dei vaghi suggerimenti — precisò Selene scuotendo la testa. — I particolari sono opera di Ben.

— Però sei in grado di riprodurre da sola gli esperimenti, no? Per amor del cielo, non dovremo ricorrere al Terragno, spero!

— Credo di esserne capace. Poi, al resto, penseranno gli altri.

— Bene. Allora incominciamo.

— Non ancora, Barron. Accidenti, non ancora.

— Perché?

— Abbiamo anche bisogno di energia.

— Quella l’abbiamo.

— No. Il punto di rottura è ancora troppo instabile.

— Hai detto che è possibile stabilizzarlo.

— Ho detto che lo credo possibile.

— Fa lo stesso.

— Comunque, è meglio che ci pensi Ben a trovare il modo di stabilizzarlo.

Seguì un breve silenzio, e infine Barron, con espressione seccata, quasi ostile, domandò: — Non starai pensando che potrei farlo io, vero?

— Vuoi salire con me in superficie e provvedere al necessario?

Seguì un altro silenzio, e poi Barron disse con voce incerta: — Non apprezzo il tuo sarcasmo, e non voglio aspettare troppo.

— Non posso comandare alle leggi naturali, però credo che non ci vorrà molto… E adesso, se non ti spiace, avrei bisogno di dormire. Domani ho i turisti.

Per un attimo, sembrò che Neville stesse per indicare il suo letto come per offrire ospitalità, ma il gesto, posto che volesse esser tale, restò allo stato d’intenzione, e Selene non dimostrò di aver capito, né di averlo anticipato. Salutato Barron con un cenno, se ne andò.

16

— Per esser sinceri — disse Gottstein sorridendo al di sopra del pasticcio dolce e colloso che fungeva da dessert — avevo sperato che ci saremmo visti più spesso.

— È molto gentile da parte vostra interessarvi tanto al mio lavoro — disse Denison. — Se l’instabilità del punto di rottura potrà esser superata, credo che il risultato ottenuto da me e dalla signorina Lindstrom sarà molto significativo.

— Vi esprimete con molta cautela, Denison, da vero scienziato… Non v’insulterò offrendovi l’equivalente lunare di un liquore. È l’unica imitazione di prodotti alimentari terrestri che ho fermamente deciso di non tollerare… Potete dirmi in parole povere che cosa rende significativo il risultato da voi ottenuto?

— Mi ci proverò — incominciò Denison soppesando le parole. — Partiamo dal para-universo, dove l’interazione nucleare forte è più intensa che nel nostro, cosicché le masse relativamente piccole di protoni, laggiù, sono in grado di tollerare una reazione di fusione capace di formare una stella. Masse equivalenti alle nostre stelle esploderebbero violentemente nel para-universo, che ha più stelle del nostro, però molto più piccole.

“Immaginiamo adesso di avere una interazione nucleare forte meno intensa di quella che esiste nel nostro universo. In questo caso, per formare una stella occorrerebbe una massa immensa di idrogeno, in quanto grandi masse di protoni avrebbero pochissima tendenza a fondersi. Un simile antipara-universo (cioè un universo che, in altre parole, fosse il contrario del para-universo) sarebbe formato da meno stelle del nostro, però molto più grandi. Infatti, se l’interazione nucleare forte venisse indebolita in modo sufficiente, ne deriverebbe un universo composto da un’unica stella contenente tutta la massa di questo universo. Sarebbe una stella estremamente densa, ma relativamente non reattiva e forse non emetterebbe più radiazioni del nostro sole.

— Sbaglio — lo interruppe Gottstein — o non è questa la situazione in cui si trovava il nostro universo prima della grande scissione… una sola, enorme massa stellare?

— Sì — rispose Denison — in realtà, l’anti-para-universo che sto descrivendo è quello che alcuni definiscono un uovo cosmico (cosmic egg), o più brevemente “cosmeg”. Un universo cosmeg è quello di cui abbiamo bisogno per un passaggio di materia in una sola direzione. Il para-universo con cui siamo attualmente collegati, con le sue piccole stelle, virtualmente non è che spazio vuoto. Si può continuare a sondare, a sondare, senza arrivare a toccar niente.