— Saul — gli disse, mentre un pennacchio color ambra sgorgava dalla superficie, proiettando un ricamo di strisce luminose sulla familiare faccia rugosa. Era rimasto seduto accanto al display molto a lungo, la sua mente era molto lontana mentre rigirava tra le mani una piccola pietra, più e più volte. — Saul?
— Ah, oh, sì? — Saul sollevò il volto solcato da quel pezzetto di roccia.
— Sono sicura che potresti sorvegliare le cose da qualche altra parte.
Saul scrollò le spalle. — Stormfield è chiuso. In questo momento non c'è bisogno di me in infermeria. Non c'è nessun altro posto dove io voglia in particolare trovarmi.
— Sono certa che Carl e Lani ti darebbero il benvenuto. Sono svegli, vigilano…
Saul sollevò una mano. — No, li lascerò stare. Non voglio impormi là dove sarei soltanto una quinta ruota.
— Stai pensando parecchio a quella vecchia pietra — disse lei, per cambiar argomento. Erano ore che la rigirava tra le mani.
Saul fissò quel grumo grigio-scuro. — Proviene dalla bara di Suleiman. Sono settimane che me lo porto dietro, che lo studio. Ma… non è a questo che stavo pensando in questo momento.
Il suo sguardo si spostò sull'unità refrigerata che conteneva sedici litri di un processore organico supercongelato. Virginia ritenne di aver capito.
— Tu sei con me, non importa dove ti trovi su Halley, Saul.
Saul sbatté le palpebre e annuì. — Lo so… è soltanto che…
— Soltanto che qui la prossimità fisica della mia memoria organica è rassicurante?
Saul sorrise, il suo vecchio sorriso sardonico, con le labbra leggermente corrugate e gli occhi increspati, comunicando un'ironia che non era lontana dall'immagine che aveva di se stesso, Virginia lo sapeva. — Sono così ovvio?
— Per uno che ti ama, sì.
— Ci sono momenti quando vorrei…
— Sì?
— Avrei potuto trovare un modo per clonarti.
— Così da avere me, o qualcuno come me, in carne e ossa?
— I ricordi non fanno altro che rendere le cose ancora peggiori.
— Ci sono… — Non provò nessuna vera esitazione, e in ogni caso con la sua velocità l'indecisione sarebbe durata soltanto qualche millisecondo, ma doveva mantenere le sfumature di una persona vivente. — … ci sono le nostre registrazioni.
Saul ebbe un'asciutta risata. — Sai quante volte le ho fatte passare…
Un cenno di timidezza, sì. — Potrei… incrementarle.
— No! — Saul picchiò il pugno sulla sedia-ragnatela. — Io voglio una cosa vera, la vera… te.
— Lo sarebbe.
— Quando abbiamo registrato noi stessi è stato uno scherzo, come le coppie che scattano le fotografie di sé con la polaroid in camera da letto. Noi non abbiamo mai avuto l'intenzione che fosse uno solo di noi a ripassarle… — Scosse la testa. — In questo modo, senza di te, la vera te…
— Ma sono io. Più vera di qualunque immagine olografica! E se dovessi entrare nel collegamento sensoriale, è una Virginia più vecchia, e probabilmente più saggia, quella che incontreresti. Me.
Saul aveva resistito altre volte a quel suggerimento, per ragioni che lei non capiva del tutto. Ma adesso, forse, a causa della oppressiva solitudine che si accompagna al pericolo, sollevò la testa e fissò direttamente gli ottici di lei. — Io… sarebbe?
Lei sapeva che non avrebbe garantito che si sarebbe trattato di una Virginia genuina, fissata nell'ambra. Lei non era la personalità che era rifluita dentro l'affollata personalità di JonVon e l'aveva inondata. La lenta evoluzione e i progressi autoinnescati le avevano fatto percorrere un'immensa distanza da quegli anni. Ma non c'era bisogno che lui lo sapesse, né c'era qualcun altro che lo sapesse, e ciò sarebbe stato di conforto per lui.
— Vieni da me, Saul.
Saul mise da parte la pietra e allungò la mano verso il connettore neurale. Con sua viva sorpresa, Virginia si sentiva nervosa.
Forse sarebbe stato un ritorno anche per lei.
Poco prima del perielio il Sole cessò la sua ritirata verso sud e tornò ad avanzare. A mano a mano che il disco cresceva, si spostava verso l'equatore. C'era un mezzogiorno perpetuo, mentre la cometa vibrava ed eruttava sotto quell'interminabile vampa. L'emisfero meridionale, sventrato e sgorbiato per mesi, adesso si stava raffreddando mentre l'emisfero nord veniva esposto a sua volta alla feroce aggressione.
L'acqua e l'anidride carbonica sublimando portavano via calore da quella particella che orbitava velocissima. La sua superficie si crepò in molti punti, seguendo le tracce sempre più deboli che l'uomo vi aveva impresso sopra per sette decenni. Sostanze volatili fresche sublimavano ed esplodevano. Frammenti aguzzi venivano ridotti a monconi nel giro di pochi minuti, come se fossero stati erosi da nugoli di particelle di sabbia. I sassi emergevano in superficie formando coltri che si libravano rimanendo temporaneamente sospese e schermando il ghiaccio sottostante, per poi venir soffiate via e congiungersi alla coda di polvere che si andava addensando.
Al polo Nord, al quale finora era stato risparmiato il peggio, il Sole artigliante mordeva in profondità. Sin dai tempi delle grandi pestilenze alcune fazioni avevano sepolto i loro membri irreparabilmente morti nelle profondità del ghiaccio vicino al polo. Adesso il Caldo li aveva trovati.
Per puro caso lo spettacolo era visibile attraverso una fibra ottica che emergeva in un angolo riparato nel punto esatto del polo Nord. I gas che esplodevano di sotto sollevavano le mummie avvolte nel ghiaccio scagliandole verso il cielo. Un calore ustionante liberava dal ghiaccio l'ossigeno ionizzato, e i corpi esplodevano in fiamme, illuminando il paesaggio di momentanee pire arancione. Quelle torce venivano lanciate, vorticanti e fiammeggianti, in alto e fuori contro le immense forze inconsapevoli. Rimanevano sospese nel cielo per lunghi momenti, come lontani e sgocciolanti castelli, e poi si spegnevano piombando per sempre nel fiume che si srotolava fuori dal Sole.
— Dannazione! L'abbiamo passato!
Il volto stupito di Carl s'intromise in un disegno a 3 D che lei stava modificando. Aveva usato il comando a scavalcamene per irrompere dentro il flusso principale della sua persona.
— Sì. Puoi gioire — replicò lei, con calore.
— Come ci sei riuscita?
— Meccanica dei vettori. Niente di così arduo.
— Sei stata meravigliosa! — Lani sedeva accanto a Carl, aveva gli occhi spalancati per la meraviglia, per il fatto di essere ancora viva. Virginia si rese remotamente conto che si erano davvero aspettati di morire.
— Vi avevo detto quali erano le probabilità — disse loro. — Certamente voi…
— Avevamo pensato che stessi solo cercando di farci coraggio! — rise Carl.
— Ho reso i calcoli accessibili, Carl, grande sciocco. — Virginia trasmise un'aerea risatina al seguito di quella frase, riflettendo che se qualcuno avesse effettivamente controllato i calcoli, avrebbe scoperto che lei in realtà aveva dichiarato una probabilità di sopravvivenza di tre contro uno, quando in verità era stata soltanto del cinquantadue per cento. Ma si era sentita sicura che nessuno avrebbe fatto tutti quei calcoli complicati. In trent'anni si erano tutti abituati a fidarsi di lei, proprio come facevano affidamento sui bio-miracoli di Saul.
Lani aveva gli occhi sfavillanti, speranzosi. — Quand'è che possiamo uscir fuori? Voglio coltivare di nuovo qualcosa fuori al Sole.
— Quasi mezz'anno — rispose Virginia, in tono serio. Aveva scoperto che la gente prendeva più seriamente le dichiarazioni se erano venate di vocali più sonore e di qualche tono basso.