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— E ci proveranno di nuovo, se continueremo sulla traiettoria da noi progettata — aggiunse Carl, con calma. — Non tollereranno che usiamo l'incontro con Giove per infilarci stabilmente in un cappio dentro il sistema solare interno. Hanno anni a disposizione per spararci addosso, ricordatevelo. Quando torneremo verso l'interno, ci prenderanno di mira di nuovo. Anche quell'attacco potrà fallire. E quello successivo. Ma alla fine…

— Quegli assassini! — gridò Lani. — Eravamo disposti ad accettare la quarantena, ma questo a loro non è bastato! Soltanto per proteggersi da una qualsivoglia esposizione alle halleyforme, ci uccideranno tutti.

Carl sentì l'inevitabilità di ciò che doveva dire, la fine di tante speranze… — È giunto il momento di guardare in faccia i fatti. Non possiamo far ritorno dal freddo.

Lani corrugò la fronte. — Ma questo significa…

— Proprio così. Dobbiamo scegliere una traiettoria che ci porti verso l'esterno, dopo Giove. È l'unico modo di tenerci lontani dalla portata della Terra.

Virginia chiese: — Credi che sarà abbastanza per far smettere la Terra?

Carl scosse la testa. — Dovremo sperarlo. Tracceremo una traiettoria che ci porti lontano nel sistema solare esterno.

Lani lo fissò, mordendosi le labbra, in silenzio.

— Per qualche motivo — replicò Virginia, lentamente, — credo che non si accontenteranno di niente di meno di un'orbita di partenza.

Lani sgranò gli occhi. — Che cosa? Lasciare completamente il sistema solare?

— Sì, in modo completo e definitivo — ribadì Virginia, con calore. — Soltanto allora si convinceranno che le halleyforme non raggiungeranno mai la Terra.

Carl annuì. — Non varrà più la pena darci la caccia, allora. Troppo costoso, comunque.

— Cosa faremo là fuori? — domandò Lani, incredula.

— Vivremo. Moriremo. — Carl fissava, senza vederlo, lo schermo principale dove i numeri vorticavano. — Dentro la Nube di Oort… — aggiunse, con voce remota. — Dovrebbero esserci triliardi di mondi di ghiaccio, là fuori, grandi come asteroidi. Così era anche Halley, prima che qualche sgomitata, forse a causa di una stella di passaggio, la facesse ruzzolare dentro il sistema solare.

Lani chiese dubbiosa: — E una volta che saremo là? Potremo usarli come risorse?

Carl scrollò le spalle. — Forse. Avremo centinaia d'anni per pensarci, durante il viaggio.

Lani si sistemò su una ragnatela, il volto impassibile. — Saremo tutti morti prima di allora, perfino con la colombarizzazione.

Carl provò una strana, remota rassegnazione. In qualche modo, aveva sempre saputo che non avrebbe mai lasciato quel luogo. Stavano consegnando non soltanto se stessi, ma anche tutte le future generazioni di Halley, alla tenebra esterna, all'ignoto senza confini. Fuggivano dentro l'abisso.

Lani disse: — Suppongo che dobbiamo… progettare quello che possiamo fare, non quello che preferiremmo fare.

La vita è una serie di schiaccianti condanne, una per volta pensò Carl. Sapeva anche che avrebbero potuto farlo, se si fossero semplicemente rifiutati di cedere alla disperazione. Se abbiamo qualcosa per cui vivere.

SAUL

Anno 2141

Una buona metà di Stormfield Park era stata trasformata in asilo-nido. La vecchia ruota centrifuga era stata rinforzata per farla ruotare più in fretta, fornendo un buon decimo di gravità della Terra per aiutare le giovani ossa a crescere robuste. Ciò era duro per qualcuno della generazione più vecchia, ma comunque venivano spesso, finito il lavoro, ad ascoltare quelle voci acute e pigolanti che strillavano, giocavano e ridevano.

Era quello che provava Saul mentre camminava con cautela lungo il sentiero ricurvo rivestito d'erba ai margini del parco-della-ruota, dove gli ologrammi davano l'illusione d'una bassa siepe, con i cieli chiazzati di nubi calde e umide. Lì vicino le mamme e gli addetti all'asilo-nido accudivano la loro folla di rumorosi protetti, osservando i loro giochi, ammirando la bellezza dei loro corpi slanciati e lo sguardo limpido dei loro occhi.

I bambini avevano salvato la colonia di Halley… se non altro per aver rischiarato gli animi di coloro che adesso sapevano che non avrebbero mai più rivisto la Terra, Marte, gli asteroidi, o qualunque altro volto umano che non fosse loro familiare.

Siamo la prima nave stellare si era reso conto Saul, due o tre secoli prima del previsto.

Oh, Halley era ancora legata alla cordicelle del grembiule del vecchio Sole, ma la loro nave-casa era irreversibilmente in rotta verso la nube esterna, dove triliardi di palle di ghiaccio andavano alla deriva nella distesa non tanto vuota fra le stelle. Terreno alieno. Sarebbero vissuti, o morti, a seconda del loro ingegno, e grazie a qualunque cosa avessero portato con loro.

Su quell'argomento Saul aveva appena completato uno studio importante, un inventario del patrimonio genetico disponibile per le prossime generazioni. La questione era importante, giacché poteva significare la differenza fra la sopravvivenza della colonia oppure un lungo, lento declino nella degenerazione e nella morte.

C'è un'abbondante eterozigoticità aveva concluso. Un ampio spaccato dei tipi che popolano la vecchia Terra. Dovrebbe fornire una varietà sufficiente. Specialmente con il tasso di mutazioni che possiamo aspettarci. Il problema più grosso sarà quello di mantenere una popolazione abbastanza numerosa.

In quel momento Halley aveva abbastanza risorse da permettere alla colonia di continuare per un indefinito futuro. Il deuterio estratto dal ghiaccio avrebbe tenuto attive le pile a fusione, adesso ritrasferite fuori in superficie per minimizzare la perdita di calore… fino a quando non fossero riusciti a impadronirsi della capacità tecnica di mettere insieme un generatore alimentato a protoni sulla base di uno dei progetti ricevuti da Phobos. La loro capacità di riciclaggio e di gestione ecologica era già ragguardevole, e sarebbe aumentata.

Se dosati con cautela, i molti triliardi di tonnellate di ghiaccio e d'idrocarburi avrebbero potuto tenere in vita un paio di centinaia di umani per volta, insieme alle loro piante e agli animali, per un centinaio di generazioni e più.

Appena il tempo sufficiente. Giacché, fra un paio di migliaia di anni, la folle velocità della cometa sarebbe enormemente diminuita, quando si fossero avvicinati al nuovo afelio, là fuori dove il Caldo era soltanto la stella più luminosa. E là fuori, che si muovevano lentamente alla deriva, c'erano centinaia di milioni di altri gruppi di materia primordiale rimasta inalterata dai giorni della nascita del sistema solare. Una volta che la loro attuale velocità quasi iperbolica si fosse ridotta a pochi metri al secondo soltanto, avrebbero dovuto esserci abbondanti possibilità di ghermire altre teste di cometa.

Saul si fermò nel punto in cui la siepe che fungeva da guardrail si apriva dando accesso al bordo ricurvo della ruota. Stava ancora pensando alle immagini che Virginia gli aveva mostrato, soltanto pochi minuti prima, nella piccola radura sotto la sua casa da tè… una simulazione di quei giorni, così lontani nel tempo, quando gli uomini e i mech di Halley avrebbero sgomitato la loro stanca, vecchia casa depauperata, scivolando accanto a nuovi, intatti frammenti di ghiaccio nella grande tenebra. Forse ne avrebbero catturati due, tre, o anche di più, per poi separarsi e andare di nuovo alla deriva sulle loro nuove colonie.

E da lì? La simulazione di Virginia non prevedeva limiti. La nube di Oort era immensa, e gli esseri umani erano notoriamente dei colonizzatori.