Dei sottilissimi readout erano sparpagliati sul tavolo grafico davanti a lui, salvo là dove una unità oloportatile proiettava uno spaccato dello sferoide allungato del diametro massimo di sei miglia che era il nucleo di Halley.
Soltanto in cima all'illustrazione, vicino al polo Nord, c'era un rado intreccio di gallerie simile a un piatto di spaghetti, dove gli esseri umani si erano aperti la strada.
Una tenuta troppo vasta per riuscire mai a conoscerla tutta. Eppure troppo piccola per riuscire a farne una casa.
L'uomo sul lato opposto al tavolo diede in un cortese colpetto di tosse.
— Scusa, Joao — disse Saul.
L'alto brasiliano, esperto di comete, riprese quello che stava dicendo prima di venire interrotto dal momento di stordimento di Saul.
— Sono queste caverne, Saul. — Inserì la mano nell'immagine generata dal computer ed eseguì un piccolo guizzo intricato con il pollice. Malgrado non ci fosse niente di solido in quello spazio, a mezz'aria, la macchina lesse le sue intenzioni come se stesse voltando pagina. Gli strati dello spaccato si sfogliarono, rivelando le tracce di nuove gallerie a nord e a est, che collegavano un certo numero di cavità oblunghe.
— Credo di aver capito come le cavità abbiano finito per trovarsi qui — annunciò Quiverian.
Saul spostò lo sguardo avanti e indietro dall'immagine ai lineamenti patrizi e olivastri di Quiverian. Il suo naso romano accentuava l'impressione di un uccello da preda. L'immagine gli andava a pennello, quell'uomo era così imprevedibile, eccitabile. Saul scelse le parole con cautela.
— Credevo che fosse già stato deciso, Joao. La cometa si è formata dalla nebulosa solare primordiale, mitragliata da una grande quantità di sostanze radioattive a vita breve piovute da una vicina supernova. Il decadimento beta ha riscaldato parte dell'interno, formando le cavità, mentre il guscio esterno, esposto allo spazio, è rimasto freddo, un manto protettivo intorno alle regioni fuse.
Quiverian agitò la mano con impazienza. — Sì, sì, quella vecchia teoria. L'alluminio 26 e quegli altri elementi a vita breve devono aver creato certamente dei canali fusi, per un certo tempo.
— Ho incominciato a sviluppare un modello di biogenesi basato su quell'idea. Ma adesso dici che non vale più?
Quiverian si spostò avanti con fervore. — Gli elementi radioattivi non possono aver fornito calore sufficiente per tutta la fusione che abbiamo osservato! E non spiegano neppure la vastità del frazionamento che abbiamo trovato!
— Frazionamento?
— Il grado secondo il quale gli elementi e i minerali sono stati separati gli uni dagli altri a causa di qualche processo dinamico, formando questi corpi che abbiamo trovato dappertutto. Saul, questo non può essere affatto spiegato dalla teoria radioattiva! Capisci? È per questo che ho cominciato a scavare nella documentazione disponibile per trovare un altro meccanismo, un altro sistema grazie al quale ciò può essere avvenuto.
Saul si avvicinò di più al tavolo. — Be', sicuro, sembra interessante, Joao. Stavo giusto dicendo a Nick Malenkov che non pareva fossero abbastanza…
— Aspetta un momento, Saul. — Quiverian sollevò una mano mentre scorreva una pila di dati. — C'è qualcosa che voglio mostrarti. Ce l'ho qui da qualche parte.
— Fai pure con calma, Joao. — Saul scrollò le spalle. Per ora era contento di godere d'una momentanea schiarita alla testa, una volta tanto l'aria aromatizzata alle mandorle appariva fresca alle sue narici. Osservò il computer che faceva ruotare lentamente la raffigurazione del nucleo della cometa.
Le analisi sismiche avevano riempito la maggior parte della mappa tridimensionale con vaghe tracce grigie e bianche, mostrando con contorni offuscati i luoghi dove si trovavano la maggior parte delle faglie e delle cavità. Comunque, escludendo soltanto una frazione minima, quasi tutto quel ruvido globo rimaneva misterioso, un regno da esplorare durante i lunghi e tranquilli turni di guardia che li attendevano. Meno del cinque per cento del volume, accentrato intorno al polo Nord, era ben conosciuto.
L'asse di rotazione all'estremità nord era trafitto da una stretta linea arancione contrassegnata POZZO 1, che scendeva giù dritta per un chilometro fino a un formicaio di camere contrassegnato COMPLESSO DEL COMANDO CENTRALE, compresa quella stessa sala e la maggior parte dei laboratori scientifici. Quel pozzo continuava verso l'interno per un altro chilometro circa, terminando infine quasi a metà strada dal centro del nucleo di Halley.
Lungo il percorso il Pozzo 1 incontrava una serie di gallerie orizzontali, a partire da quella in color rosso, «A», vicino alla superficie, passando accanto alla verde «F» in cui si trovavano adesso, e terminando con la gialla «N».
Altrove, il disegno era molto meno preciso. Parecchie gallerie sbucavano dentro grandi caverne che gli spaziali avevano scoperto alla maniera dura. Adesso tre gigantesche cavità contenevano le sezioni prodiere delle chiatte Sekanina, Whipple e Delsemme, e la maggioranza dei coloni addormentati. Un'altra, accanto alla superficie, conteneva adesso al ruota gravitazionale della Edmund Halley quasi completamente rimontata.
Il grafico generato dal computer era eccellente, mostrando perfino il campo di tende-magazzino sparpagliate fra le gibbosità del terreno su al polo Nord. Un modello finemente dettagliato d'una nave-razzo in parte smantellata era appeso in miniatura accanto alla minuscola e scintillante camera di equilibrio del Pozzo 1, legato a tre torri d'ormeggio.
Saul si spostò in avanti e vide che due minuscoli punti si muovavano vicino alla Edmund Halley, forme umane infinitesime… il capitano Cruz e il tecnico spaziale Vidor stavano facendo l'inventario redigendo un elenco d'incarichi per i turni dei prossimi dodici anni e mezzo. Il computer li mostrava intenti al loro lavoro, mentre esaminavano la nave nei dettagli.
Immaginò che se fosse salito sopra il tavolo e avesse sbirciato più da vicino, sarebbe stato in grado di distinguere il marchio col nome sulle cotte delle tute dei due spaziali, e forse li avrebbe visti gesticolare fra loro.
Saul nel suo lavoro era abituato alle raffigurazioni computerizzate. Si «tuffava» abitualmente dentro le forme di vita cellulari che studiava. Comunque, trovava ugualmente meraviglioso quel display. Dovunque si trovasse l'analizzatore principale del computer, era possibile fare una zoomata e vedere versioni animate di una dozzina di membri dell'equipaggio in attività… ridotti a stereotipi dal censore automatico. Allo stesso modo gli alloggi privati erano cubi neri disposti in fila lungo le Gallerie E, F e G, impenetrabili a quella perfetta simulazione.
Gli spaziali erano abituati a vivere fra quattro pareti. In effetti, per loro tutto quello spazio doveva sembrare meraviglioso. Ma per i civili, come Saul, la colonia assomigliava più a un formicaio.
Bel mucchio di trogloditi, siamo diventati. Coboldi fatti e finiti.
Eppure non riesco a trovare niente di sbagliato nelle disposizioni di Miguel. Ogni cosa procede secondo i piani.
Tocca ferro. Saul si batté leggermente le dita sul lato della testa, e sorrise.
Perfino il prevedibile entusiasmo suscitato dalla sua scoperta gli aveva causato meno fastidi del previsto. L'intervallo necessario per le comunicazioni dalla Terra gli aveva permesso di ammucchiare insieme le interviste dei media. Le domande più ostili o sensazionaliste potevano semplicemente venir «perse in trasmissione». Saul vedeva dei vantaggi ben definiti nel poter fare importanti scoperte molto lontano dalla pazza folla.
Adesso, se soltanto fosse riuscito a capire com'era successo che dei primitivi organismi procariotici fossero stati trovati congelati sotto la superficie d'una palla di ghiaccio! Nessuno aveva la più pallida idea di come quelle minuscole creature fossero arrivate fin là, per non parlare di come avevano fatto a vivere…