Un breve schiocco, poi il sibilo di un'onda portante.
— Lintz, Osborn. Cosa c'è, Saul?
La risposta al suo orecchio sinistro suonò tacitiana. Ma gli spaziali erano così. Una risposta così asciutta non significava niente di particolare.
— Carl, Joao Quiverian ed io abbiamo terminato di controllare il colombario Uno. Abbiamo distrutto ventitré infestazioni. Non possiamo essere certi di non averne saltata qualcuna di più piccola, ma i colombari non sembrano correre più nessun pericolo immediato.
Saul represse la minacciosa sensazione di prurito che anticipava uno sternuto. Parlò in fretta:
— Mi sono preso un'ora di tempo e sono salito in superficie a frugare in mezzo alle tende-deposito, per controllare se non ci fosse qualcosa che potevamo usare. C'erano un paio di dozzine di lampade idro-alogene per le segnalazioni spaziali che mi hanno dato un'idea. Ho pensato che potevamo piazzarne qualcuna nei punti critici, agli incroci dei corridoi, e regolarle perché inondassero l'intera area, a intervalli, d'intensa radiazione ultravioletta. Chi lo sa? Potrebbe far rallentare un po' quelle bestie.
Vi fu una pausa prima della risposta di Carl.
— Mi pare ragionevole. Ma non vogliamo accecare o bruciare nessuno.
Saul annuì. — Ci ho pensato. Ho portato giù occhialoni e pomate solari per le squadre nei corridoi. Inoltre ho smontato il quadro di comando di un mech inutilizzato e ne ho tirato fuori alcuni segnali d'allarme per guasti del tipo cinque… sai, quelli che fanno brrr-ap! brrr-ap!
L'onda portante ricomparve all'improvviso. Pareva tosse, fino a quando non si rese conto che era Carl, il quale stava ridendo per quella sua interpretazione sonora. Sorrise.
— Comunque, un segnale d'allarme entrerà in funzione un minuto prima che ognuna delle lampade sia attivata. Entrambi rimarranno attivi per cinque minuti ogni ora.
— D'accordo. Dove hai intenzione di piazzarli?
— All'ingresso di ogni colombario, appena fuori della Centrale e lungo il Pozzo Uno. Non sono sicuro se abbiamo abbastanza energia e lampadine per fare di più, così…
Carl lo interruppe. — Bene, Saul. Ma prima voglio provarle su qualcos'altro. Mando giù Vidor e Ustinov a prendere gli occhialoni e una mezza dozzina di lampade.
— Cosa succede?
Vi fu un'altra breve pausa. Poi Carl gli confidò;
— Stiamo per scatenare un attacco contro i purpurei che hanno circondato la centrale elettrica. Forse là la tua idea potrebbe esserci di aiuto.
— Spero proprio di sì.
— Già. Comunque, dài a Garner qualche altro minuto, poi sveglialo. Digli che deve tornare su con Vidor. Abbiamo bisogno di tutti per questa operazione. Osborn chiude.
L'onda portante si spense con un clic. Saul restò immobile per un momento, poi scosse la testa.
La centrale elettrica. Non ne sapevo niente.
Non c'era da stupirsi che Virginia fosse stata così concisa l'ultima volta che aveva chiamato. Si era sentito come un adolescente sciocco, nel chiedersi se lei lo amava sempre, perché gli aveva schioccato un bacio affrettato e l'aveva sollecitato a lasciar libera la linea.
Probabilmente in quel momento ne aveva fin sopra i capelli di preparare i mech perché potessero dare una mano a Carl. Se anche uno solo della dozzina di condotti che conducevano dentro o fuori dalla pila fosse stato intasato dalla materia organica, avrebbe potuto attivare una chiusura automatica. Questo, a sua volta, poteva significare la fine di loro tutti.
Avrebbe dovuto fare una piccola prova con le lampade pri ma di spedirne una serie a Carl. Non aveva senso appesantire quell'uomo con un ingombro di apparecchiature inutili, se quelle lampade non avessero potuto far niente di più che dare un'abbronzata alle halleyforme. Saul s'infilò un paio di occhialoni e si chinò ad attivare il timer.
L'improvviso brrr-ap! del minuscolo segnale di allarme lo fece trasalire, malgrado fosse preparato. Poi arrivò un debole pop quando la lampada riempì di colpo la galleria color ambra d'una vivida luce attinica. Perfino sotto gli occhialoni, Saul sbatté gli occhi e dovette girare la testa.
Quando tornò a guardare, si rese conto che stava accadendo qualcosa di strano. Tutt'a un tratto ogni superficie pareva rivestita di un alone luminoso. Le stesse pareti parvero incresparsi e strisciare, come la peluria sul dorso di un bruco. Dapprima pensò a una illusione ottica, un effetto della bizzarra colorazione e del bagliore. Poi capì.
La vita di Halley è dappertutto! Ha impregnato il fibratessuto e adesso sta fuggendo via dalla luce della lampada.
Quelle confuse increspature arretrarono a ondate. Lì accanto Saul vide l'aria che cominciava a riempirsi d'una nebbia di polvere sottile, organismi uccisi, suppose, che si staccavano dalle pareti galleggiando nell'aria e adagiandosi con glaciale lentezza sul pavimento. Cercando di non inspirarne neanche un po', ne sospinse dei pezzetti dentro un sacchetto per campioni e sigillò il contenitore.
Poi, con la stessa repentinità con cui era esplosa in tutto il suo splendore, la lampada si spense. Quel rumoroso segnale d'allarme cessò senza una sola eco, e d'un tratto tutto fu silenzio e quiete. Saul si sfilò gli occhialoni, sbattendo gli occhi mentre aspettava che le macchie si dissolvessero.
Il fonosseo si animò crepitando:
— Lintz, Vidor. Abbiamo visto il suo bagliore giù fino al fondo del Pozzo 3, dottore. Non c'è pericolo se veniamo adesso? Carl vuole subito Garner e quelle lampade… come ieri.
— Uh, sì. — Scosse la testa. — Lintz a spaziale Vidor. Abbiamo lampade, occhialoni e caffè fresco per voi, ragazzi. Venite pure avanti, gente.
Si girò e riproiettò se stesso dentro la cavità irregolare dal soffitto a volta. Attraverso i lati ghiacciati dei colombari, i dormienti erano ancora vaghe sagome. Le luci di controllo su ogni bara facevano luccicare il centro della sala in penombra come un albero di Natale fosforescente, oppure una gigantesca stella marina in fondo all'oceano.
Novanta pacchi che aspettano di venir aperti. Un giorno. Se ci riusciremo…
Adesso la decolombarizzazione dei rimpiazzi di emergenza, rinviata già parecchie volte, stava raggiungendo in infermeria, dove Nick Malenkov era rimasto tutto solo, uno stadio critico. Uno dei tecnici medici era morto a causa del morso ricevuto da un purpureo, e l'altra, Peltier, era perita proprio il giorno prima a causa di un'infezione diffusa e fulminante. Con quel ritmo, era bene chiedersi se l'equipaggio da scongelare avrebbe trovato qualcuno vivo pronto ad accoglierli quando si fossero svegliati.
No. Ce la faremo. Dobbiamo farcela.
Passò davanti al banco di lavoro dove Joao Quiverian stava ancora borbottando fra sé, mettendo insieme le lampade con deliberata lentezza da lumaca. Saul sapeva che dopo avrebbe dovuto controllare tutte le lampade lui stesso.
Si assicurò che la caffettiera fosse piena, poi raccolse la propria tuta spaziale.
Avranno bisogno di tutto l'aiuto disponibile, anche se Malenkov mi ha dichiarato invalido. Potrò anche non essere capace di lottare a lungo e duramente come questi giovani, ma perfino un alter kocker di mezza età come me è in grado di tenere in alto una lampada e di usare uno spruzzatore in una lotta come questa. Lì avveniva una cosa strana. Malgrado fosse affaticato e perpetuamente stordito dai farmaci che tenevano liberi i suoi seni nasali, sotto certi aspetti Saul non si era mai sentito meglio. La sua digestione, per esempio: non avvertiva più quelle deboli fitte, e le articolazioni delle ginocchia non raschiavano e vibravano più quando si muoveva.