Выбрать главу

La mancanza di peso e il decondizionamento al calcio decise… O forse è dovuto al fatto che qualcuno mi ama di nuovo. Mai, mai sottovalutare gli effetti d'un morale alto.

A quel punto aveva quasi smesso di chiamare Virginia. Ma naturalmente avrebbe avuto la sua possibilità di parlarle quando avesse raggiunto gli altri alla centrale elettrica. Lei sarebbe stata là, per lo meno in surrogato, controllando fino a una dozzina di mech, facendo il lavoro di dieci uomini.

Forse avrebbe avuto la possibilità di strizzare l'occhio a uno dei suoi pickup video e di farla sorridere.

Si era appena infilato la tuta e stava allungando la mano verso la sua cotta personale decorata con un'elica del DNA, quando delle voci che giungevano dai pressi dell'ingresso gli dissero che gli spaziali stavano arrivando.

Vidor e Ustinov entrarono sfrecciando dall'apertura, formando un grazioso tandem. Stanchi o no che fossero, l'orgoglio non avrebbe mai consentito loro di camminare rasente alle pareti o di trascinarsi lungo i cavi. I due uomini piroettarono a mezz'aria e atterrarono in perfetto sincronismo in posizione rannicchiata a non più di due metri davanti a Saul.

— Dov'è Ted? — chiese concisamente Joseph Ustinov. Il barbuto russo-canadese prese rapidamente nota della direzione che Saul gli indicava, e si avviò verso l'angolo buio dove la coperta elettrica dello spaziale Garner irradiava una sfera di calore, passando davanti ai mucchi di casse.

— Allora, ha quel caffè, dottore? — chiese Vidor sorridendo, rivolto a Saul. Quel giovanotto dell'Alabama pareva aver prosperato in mezzo alle avversità della passata settimana. I molti giorni di combattimenti nei corridoi l'avevano fatto uscire dalla depressione in cui era piombato per essere stato lui a trovare il capitano Cruz accasciato sul suo giaciglio a rete, quasi morto.

— Sicuro, Jim. — Saul gli porse una boccia di caffè nero, bollente, e cominciò a riempire un thermos per Carl e gli altri. — Ci sono panini freschi là in quel sacchetto. Vi darò una mano a trasportare le lampade e gli occhialoni, e farò vedere a Carl come…

Un acuto urlo di orrore parve coagulare l'aria.

Il caffè caldo si riversò fuori in spruzzi di palline sferiche quando Saul si girò di scatto. Dalla parte opposta della cavità fiocamente illuminata, lo spaziale Ustinov stava ruzzolando a mezz'aria, salendo verso il soffitto e singhiozzando, mentre scuoteva un oggetto simile a un randello con la mano.

Qualcosa o qualcuno l'aveva colto di sorpresa, inducendolo a balzare verso il soffitto con tutte le sue forze. Qualunque cosa fosse, l'aveva quasi spaventato a morte, giacché l'uomo continuava a farfugliare, fissando con gli occhi sbarrati la cosa che stringeva in mano.

Mentre Saul e Vidor guardavano, Ustinov urlò di nuovo e gettò via la cosa. L'oggetto descrisse un arco attraverso l'aria gelida, curvando la sua traiettoria sotto l'effetto della debole gravità di Halley, e colpì una cassa da imballaggio a pochi metri dal banco di lavoro di Joao Quiverian.

Lo scienziato brasiliano balzò indietro, dapprima esterrefatto e poi colto da un'improvvisa ripugnanza quando vide cos'era rimbalzato a poca distanza da lui. Una fragile lampada s'infranse nella sua mano sinistra, riducendosi in polvere.

Là, colante un liquido ocra sulla fibratessuto del pavimento color verde-tiglio, giaceva un braccio umano smembrato. In maniera impossibile, quel macabro resto pareva contorcersi ancora.

Saul si rese conto, afferrato dalla nausea, che delle creature stavano strisciando fuori da quel pezzo di carne e ossa. Creature purpuree.

Afferrò Vidor, che strabuzzava ancora gli occhi, e reggendolo stretto per il collare lo spinse verso la pila delle apparecchiature. — Infilati gli occhialoni e prendi una lampada! — ordinò concitato allo spaziale. — Qui sono le uniche armi che abbiamo. Joao! Porta una prolunga fino a quella spina… presto!

Questa volta il brasiliano non si fermò a discutere. Vidor armeggiò con i cordoni che tenevano legate le lampade mentre Saul dirigeva uno spruzzo di caffè bollente contro un purpureo che se la stava filando dietro una fila di loculi. Un fischio sfuggì alla creatura, mentre retrocedeva all'aperto.

— Maledizione, dottore! — imprecò Vidor. — Dovrò insegnarle come si fanno i nodi!

Saul fece per rispondere, quando lanciò un'occhiata alle proprie spalle. — Oh, dannazione — gemette. — Torno subito.

— Dove va? — urlò Vidor.

Ma ormai il dado era tratto. Saul si era rannicchiato ed era balzato via nello spazio aperto.

In effetti, sarebbe stato Vidor il più qualificato in questo genere di cose. Ma in quel momento era immerso in un groviglio di lampade e cordoni. Era stato Saul a vedere Ustinov che stava ricadendo, e a rendersi conto che l'uomo stava ancora singhiozzando, inconsapevole di dove era diretto. Neppure la gravità di Halley consentiva spiegazioni o ritardi.

La tuta di Ustinov era assai più sofisticata di quella di Saul. Ma lo spaziale, in stato confusionale, non sembrava sul punto di usare i suoi getti, o qualunque altra cosa, per evitare di cadere verso i brandelli della coperta elettrica del tecnico spaziale Garner, che adesso brulicava sopra e sotto di ondeggianti forme purpuree.

Ogni cosa stava accadendo al rallentatore, così almeno pareva a Saul, il quale parlò rapidamente nel suo comunicatore:

— Linzt a Osborn e Herbert. Allarme! Purpurei nel colombario Uno! Garner è morto. Allarme!

I due uomini fluttuanti si stavano avvicinando l'uno all'altro, uno innalzandosi e l'altro scendendo ad una lentissima ma costante accelerazione. Saul deviò lo sguardo altrove, dopo un'occhiata verso il basso in direzione di ciò che attendeva lo spaziale in caduta. Era più di quanto il suo stomaco potesse sopportare.

Oh, Dio, ti prego, fai che l'abbia fatta giusta!

Ma no. Saul si rese conto che la sua traiettoria era troppo bassa! Sarebbe passato sotto Ustinov. Pareva che non ci fosse niente al mondo che potesse impedire a quell'uomo di ricadere in mezzo alla massa polposa che si allargava.

D'un tratto, si trovò alla massima vicinanza possibile. — Ustinov, svegliati! — urlò. — Allungati!

Forse Ustinov aveva capito, o forse fu soltanto uno spasmo. Ma uno stivale scattò in avanti e colpì la mano protesa di Saul, un urto doloroso. Saul annaspò per afferrarsi a qualcosa, e quel cambio di velocità lo fece roteare su se stesso. La caverna turbinò intorno a lui, mentre per due, tre secondi si reggeva a Ustinov, per essere infine scalciato via dal successivo sussulto dell'uomo.

Basterà? Ho deviato la sua traiettoria? O forse sono io adesso che sto andando incontro a quel groviglio di purpurei?

Il pavimento veniva verso di lui. Ancora, tutto pareva avvenire al rallentatore; ma lui avrebbe dovuto toccar terra con un'energia pari a quella del suo decollo, ed era decollato in fretta. La sua spalla destra urtò con forza, facendogli mancare il fiato, con una fitta di dolore.

Si rotolò sulle mani e sulle ginocchia. Gli ci volle un attimo per allontanare quella sensazione di vertigine sbattendo le palpebre, e un altro attimo per recuperare il fiato. Poi vide Ustinov, il quale giaceva a soli due metri di distanza, gemendo, scrollando la testa, e a quanto pareva inconscio delle piccole creature striscianti che avanzavano controrcendosi verso il suo calore, ed erano ormai giunte a pochissima distanza.

Saul annaspò per respirare e impiegò ogni energia di cui disponeva per raggiungere Ustinov, aiutandosi con le braccia e le gambe per arrivare là per primo, di corsa. Si tuffò, afferrò le pieghe della tuta isolante di Ustinov, e lottò per ottenere una presa sufficiente a trascinarla indietro.