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Si fermò. Il cuore le batteva con violenza.

STRUTTURA SINTATTICA…

— Chiudi il becco!

Virginia si slegò dalla branda, buttò da parte il collegamento accoppiato e si lanciò verso la porta.

DEVO IMMAGAZZINARE L'ORDINE?

— Buttalo… per quello che me ne frega!

Si mosse in fretta lungo i corridoi, le lunghe planate fra una scalciata e l'altra parevano durare per sempre. Ci sarebbero voluti soltanto pochi minuti per raggiungere il laboratorio di Saul, un tragitto impossibilmente breve, considerato quanto era parso irraggiungibile, quanto aveva sentito la sua mancanza.

Subito prima di curvare dentro il Pozzo Uno, che l'avrebbe condotta da lui, s'imbatté in Carl Osborn e Jim Vidor, i quali procedevano lungo il corridoio senza i caschi in testa. Entrambe le loro tute erano graffiate e macchiate di chiazze di sostanze chimiche. Il volto di Vidor era gonfio, trascurato, e i suoi occhi parevano vagare molto lontano. Stavano rimorchiando un corpo avvolto in un sudario…

— Chi…

— Quiverian — l'informò Carl. — Si è sentito male. E dobbiamo far presto, altrimenti morirà.

— Hi ho, hi ho — fece Vidor, in un penoso tentativo di umorismo. — Ai colombari andiam…

Virginia si aggrappò al passamano. — Dovremo… dovremo scongelare qualcuno.

— Giusto — annuì Carl, preoccupato. — Ne abbiamo quasi scongelati sei. Vuoi decidere chi sarà il prossimo?

— No, io… — Sapeva che avrebbe dovuto aiutarli, ma… — Vado a trovare Saul.

— È ancora off limits, salvo per le emergenze più gravi — l'avvertì Carl, rigido. Abbandonò il suo ritmo a lente scalciate e lasciò che il corpo esanime si fermasse. Vidor, che appariva sempre più stanco, compensò con una certa goffaggine il movimento sul suo lato.

— Ma voi ragazzi lo vedete spesso… Lavora al fianco di voi tutti!

— Sicuro, ma noi non siamo intimi con lui. Tu ed io lo sappiamo tutti e due quello che farete…

— Bada ai tuoi maledetti affari, Carl! — Sentì che stava diventando rossa in viso.

Carl si voltò… Era fin troppo ovvio che cercava di controllarsi. — Malenkov ha ribadito che Saul deve rimanere almeno in semiquarantena…

— Non credo che questo abbia più nessun significato, adesso che Malenkov sta morendo. È lui il nostro medico, adesso.

— Credo che sia una cattiva idea rischiare…

— Carl, sono pronta a correre i miei rischi.

— Allora stai lontana dal resto di noi — s'intromise Vidor, in tono severo. — Lintz è un tipo a posto, ma ugualmente non lascio che mi venga troppo vicino. Se lo tocchi, lo stesso vale per te.

Virginia lo fissò stupefatta. Vidor le era sempre piaciuto, ma adesso il volto dell'uomo era una maschera rigida, ostile e circospetta. Tirò il cavo del traino del comatoso Quiverian, e ricominciò a muoverlo. Ma la sua solita destrezza e la sicurezza non c'erano più e pareva che avesse problemi a concentrare le forze cosicché agissero in un'unica direzione. Pareva impacciato come una marmotta.

— Non preoccuparti, lo farò — esclamò Virginia, con rabbia. — Forse porrò me stessa in quarantena!

Si allontanò con una scalciata, senza preoccuparsi di guardarsi indietro. Diavolo, Vidor sembra peggio di Carl. Poi lasciò perdere quell'irritazione meglio che poteva.

Quando entrò nel laboratorio, Saul sollevò lo sguardo, sorpreso. Nel chiarore smaltato del laboratorio, il suo volto scarno e grigio s'illuminò di gioia. Virginia seppe di aver preso la giusta decisione.

— Non dovresti rischiare… — lui cominciò, senza troppa decisione.

Lei gli piombò addosso.

Al diavolo la poesia! pensò Virginia. Prenderò quello vero.

CARL

Jim Vidor non era di molto aiuto.

Tossiva, coprendosi la bocca con le mani, appoggiato contro la parete della sala di preparazione per l'animazione sospesa. Vidor era pallido, con la stessa screziata pastosità e la strana, rigida lucentezza che avevano afferrato Quiverian meno di due giorni prima.

Carl terminò di sistemare la rete di cavi alimentatori intorno al corpo di Quiverian e applicò le terminazioni adesive dei sensori. Ogni cosa pareva a posto, ma esaminò ancora una volta l'intera sequenza chimica e la disposizione dei circuiti. Non si era mai troppo prudenti. Un collegamento sbagliato e vi morivano fra le mani. Il computer impiegato nel monitoraggio avrebbe dovuto accorgersi degli errori, ma nel momento stesso in cui si cominciava ad affidarsi ai sistemi di rincalzo, bene, per quanto lo riguardava quello era l'inizio della fine.

A mano a mano che la crisi proseguiva, Carl si scopriva sempre più meticoloso. Era la sua maniera di controbilanciare la fatica.

— Il pH del sangue è stabilizzato. Il Q-10 metabolico è avviato. Tanto vale archiviarlo — disse Carl.

Vidor annuì, con gli occhi che gli lacrimavano, e mosse i piedi in avanti per aiutarlo. Insieme manovrarono il corpo per infilarlo nella cella del colombario, la chiusero e collegarono le pompe esterne. I banchi pieni di contenitori nella sala di preparazione formavano una sfera intorno a loro, cosicché lavoravano sotto una cupola glaciale. Nubi cotonose andavano pigramente alla deriva nelle correnti d'aria sopra la loro testa. Quelle celle del colombario erano state sfilate della Sekanina e avevano delle pompe di collegamento difformi. Per qualche ragione c'è sempre qualcosa che non viene completamente standardizzato durante una missione pensò Carl di cattivo umore. E tu poi devi passare gli anni a smanettare e a riadattare.

— Niente cerimonie, stavolta? — chiese Carl.

— Non me la sento — fu d'accordo Vidor.

Erano tutti troppo stanchi e logorati per rispettare le regole. — Vai, adesso, e riposati un po' — disse Carl, in tono cortese. Non che fosse davvero convinto che sarebbe servito a molto.

Immise Quiverian nei programmi di monitoraggio totale, mentre Vidor se ne andava, muovendosi come se le sue articolazioni fossero doloranti. Proprio come Quiverian pensò Carl. Ma nessuno di loro ha quell'esantema marrone che copriva completamente Samuelson. Sintomi diversi… o malattie diverse?

Non che ormai avesse più molta importanza. Con quel ritmo se ne sarebbero andati tutti nel giro di una settimana.

Il che significava che avrebbe dovuto cominciare subito qualche altra decolombarizzazione. Adesso.

Erano giunti a un punto cruciale. I sei che si stavano scongelando in infermeria non sarebbero stati sufficienti a gestire il nucleo di Halley, non mentre loro si riprendevano. Se la malattia avesse colpito Virginia, Saul, lui stesso, Lani… la spedizione sarebbe fallita. Incustoditi, i colombari avrebbero cominciato a malfunzionare uno dopo l'altro. Halley sarebbe diventata un cimitero di corpi congelati in orbita perpetua.

Digitò il proprio codice di controllo prioritario e si mise al lavoro. Alcuni semplici sistemi dovevano venir riscaldati, c'erano calcoli da fare, inventari di tarmaci da stilare. Carl aveva una certa esperienza delle procedure, acquisita durante la missione Encke. Lavorava meglio che poteva, facendo riferimento ai manuali tutte le volte che avevano dei dubbi. Saul Lintz poteva consigliarlo, se era assolutamente necessario: anche con le sue capacità arrugginite, Saul era pur sempre il dottore. Ma…