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Danielis gironzolava per il campo. Le tende erano state messe in file compatte tra i cannoni e gli uomini se ne stavano in ozio sonnecchiando, chiacchierando, giocando d’azzardo e fissando il cielo azzurro. L’aria era calda e impregnata dall’odore acuto dei fuochi, dei cavalli, del letame, del sudore e del grasso per gli stivali. Le colline che circondavano l’accampamento stavano passando dal verde brillante della primavera alle sfumature marroni proprie dell’estate. Danielis non aveva impegni fino a quando sarebbe iniziata la riunione decisa dal generale, ma si sentiva irrequieto. Ormai sono padre, pensava, e non ho mai visto mio figlio.

Mi devo comunque ritenere fortunato, rammentò a se stesso, perché sono ancora vivo e vegeto. Gli venne in mente Jacobsen che era morto tra le sue braccia a Maricopa. Era incredibile quanto sangue contenesse il corpo umano. Ma forse si perdeva anche l’umanità quando il dolore era tanto atroce che non rimaneva altro che urlare fino alla morte.

E io che credevo la guerra affascinante. Fame, sete, paura, mutilazioni, morte… e poi ancora le stesse cose fino a che la nausea ti trasforma in una bestia… non ne posso più. Quando sarà tutto finito mi darò agli affari. Una volta che il sistema dei padroni sarà stato distrutto avverrà l’integrazione economica e ci sarà la possibilità di farsi strada onestamente e senza le armi in pugno…

Danielis si rese conto di essersi immerso in pensieri vecchi di mesi: ma cos’altro poteva fare?

La tenda nella quale venivano interrogati i prigionieri era davanti a lui. Due soldati vi stavano portando un uomo biondo e robusto. Era un sergente, ma aveva le mostrine del Guardiano Echevarry, che spadroneggiava le montagne lungo la costa. Di professione doveva essere stato un “gorilla”: lo diceva il suo aspetto. Era un soldato privato che difendeva gli interessi di Echevarry e doveva essere stato fatto prigioniero il giorno prima.

Danielis ebbe l’istinto di seguirlo. Quando entrò nella tenda, il capitano Lambert stava finendo i preliminari seduto a una scrivania portatile.

— Oh — fece per alzarsi l’ufficiale del servizio informazioni. — Signore?

— Stia comodo — lo rassicurò Danielis. — Vorrei solo ascoltare.

— Come vuole. Cercheremo di fare bella figura. — Lambert tornò alla scrivania e fissò il prigioniero che stava in piedi con le spalle curve e le gambe divaricate tra i due custodi. — Allora, sergente, vorremmo delle informazioni.

— Non sono tenuto a dirvi nulla all’infuori del nome, grado e luogo d’origine — grugnì quello — e mi pare di averlo già fatto.

— Uhm… questo è tutto da vedere. Lei non è uno straniero, è un oppositore del governo legittimo del suo Paese.

— Niente affatto! Io sono un uomo di Echevarry.

— E con questo?

— E con questo voglio dire che io riconosco solo il giudice scelto dal mio padrone e per lui va bene Brodsky. Il ribelle è lei.

— La legge è cambiata.

— Quel vostro maledetto Fallon non ha nessun potere per cambiare la legge, tantomeno la Costituzione. Non sono un ignorante, capitano, ho studiato anch’io e ogni anno il nostro Guardiano illustra la Costituzione alla sua gente.

— Ma le cose sono cambiate da quando è stata redatta — replicò Lambert duramente. — Comunque non ho la minima intenzione di mettermi a discutere con lei. Di quanti fucilieri e arcieri è composta la sua compagnia?

Silenzio.

— Possiamo facilitarle il compito — disse Lambert. — Non le domando di tradire i suoi, ma di confermare certe notizie di cui già disponiamo.

Il prigioniero scosse la testa indignato.

A un cenno di Lambert, uno dei soldati si mise dietro il sergente e gli afferrò un braccio torcendoglielo lievemente.

— Echevarry non ricorrerebbe mai a un simile metodo — disse il prigioniero con le labbra bianche.

— Certamente — ammise Lambert. — Lei fa parte della sua squadra.

— Pensa che intenda diventare un numero qualsiasi di un elenco di Frisco? Accidenti, io sono l’uomo di fiducia del mio capo!

Lambert fece un secondo cenno e il soldato aumentò la pressione sul braccio.

— Fermatevi! — urlò Danielis. — Basta!

Il soldato mollò la stretta stupefatto. Il prigioniero fece un respiro che parve un singhiozzo.

— Mi stupisco di lei, capitano Lambert — disse Danielis sentendosi avvampare in volto. — Simili usanze sono da corte marziale!

— Si sbaglia, signore — si giustificò Lambert con un filo di voce — davvero! Il fatto è che non vogliono mai collaborare… cosa devo fare?

— Si attenga alle leggi di guerra.

— Anche con i ribelli?

— Portate via il prigioniero — ordinò Danielis ai soldati che si affrettarono a ubbidire.

— Mi perdoni, signore — mormorò Lambert. — Credo… credo di aver perso troppi amici… e non voglio assolutamente perderne altri solo perché non siamo abbastanza informati.

— Sono anch’io nella sua situazione — lo compatì Danielis. Si sedette su un lato della scrivania e iniziò ad arrotolare una sigaretta. — Ma deve considerare che questa non è una guerra qualsiasi, quindi, paradossalmente, dobbiamo rimanere legati alle convenzioni più di prima.

— Non la seguo, signore.

Danielis terminò di confezionare la sigaretta e l’offrì a Lambert: era ritorta come un ramo d’ulivo. Poi iniziò a farne un’altra per sé.

— I ribelli non si ritengono tali — spiegò. — Si dicono fedeli a una tradizione che noi vorremmo distruggere. Siamo sinceri: i padroni sono piuttosto bravi come capi. Magari discendono da qualche mascalzone che è arrivato al potere con la forza nel periodo di maggior confusione, ma a questo punto le loro famiglie si sono ben inserite nelle consuetudini delle regioni, che conoscono a menadito, e della gente che vi abita. Essi sono diventati un vero e proprio simbolo della comunità, delle sue vittorie, dei suoi usi e della sua libertà. In caso di problemi, non è necessario rivolgersi a una burocrazia impersonale: ci si rivolge al proprio padrone, i cui doveri sono chiari quanto quelli di chiunque altro e sono anzi molto più rigorosi per compensare i privilegi. È il padrone che presenzia alle battaglie e alle cerimonie principali della vita, e suo padre ha lavorato e giocato con i padri dei suoi uomini per due o trecento anni. La terra è testimone di questo e loro le appartengono.

“E va bene, ma dobbiamo far finire tutto questo se vogliamo migliorarci, e non ce la faremo certamente alienandoci tutti. Non siamo dei conquistatori, siamo piuttosto una Guardia Nazionale addetta a reprimere le rivolte nelle città. L’opposizione è parte della nostra società.”

Lambert accese un fiammifero e lo porse a Danielis. Questi aspirò e concluse: — Le ricordo anche, capitano, che i federali non sono molti né dalla parte di Fallon né da quella di Brodsky. Siamo solo una massa di cadetti, di campagnoli falliti, di poveri cittadini, di avventurieri: siamo alla ricerca di quell’identità che non siamo riusciti a trovare nella vita di tutti i giorni.