— Prepararsi all’assalto — disse nel minicom. Subito tutti furono pronti.
L’auto blindata del nemico rallentò e si fermò. Al suo interno si udì un tintinnio tanto intenso che si poteva sentire nonostante le esplosioni.
La collina più vicina si ricoprì di una cortina biancoazzurra che costrinse Mackenzie a chiudere gli occhi abbagliato. Quando li riaprì distinse a fatica un fuoco d’erba. Un soldato si gettò fuori dal riparo urlando, ricoperto dalle fiamme. Cadde a terra e si rotolò nella sabbia. Contemporaneamente un’ondata terrificante si mangiò la spiaggia e si schiantò contro la collina con la sua cresta alta sei metri. Il soldato in fiamme e i suoi compagni scomparvero.
— Un’esplosione psi! — gridò qualcuno orribilmente tra la confusione e le vibrazioni della terra. — Gli Espisti…
Incredibilmente, si udì una tromba e la cavalleria della Sierra avanzò. Oltrepassò la linea dei propri cannoni e piombò sugli avversari che si sparpagliarono… cavalli e cavalieri vennero sollevati da terra e furono attratti in un vortice invisibile ed enorme. Quindi precipitarono al suolo con un terribile schianto. I cavalieri arretrarono, si voltarono su se stessi e scapparono dovunque gli capitasse.
L’aria si colmò di un ronzio pauroso. Mackenzie si sentiva avvolto da una foschia strana. Gli pareva che il suo cervello fosse scosso dentro la scatola cranica. Un secondo bagliore accecante arrivò dalle colline, ancora più alto, e arse vivi i soldati.
— Ci spazzeranno via — urlò Speyer. La sua voce giungeva a scatti. — Approfitteranno del fatto che siamo tutti sparpagliati per riordinare le file…
— No! — gridò Mackenzie. — Gli Espisti devono trovarsi sull’auto blindata. Vieni!
La maggior parte dei cavalleggeri si era ripiegata su se stessa in mezzo a una tremenda confusione. La fanteria stava immobile, ma pronta a darsi alla fuga. Un’occhiata a destra permise a Mackenzie di notare che il caos regnava anche tra i nemici: era stata una terribile sorpresa anche per loro. Ma non appena compresa la situazione avrebbero attaccato di nuovo e non ci sarebbe stato più modo di fermarli… Spronò il cavallo senza neppure rendersene conto. L’animale fece resistenza. Era tutto ricoperto di schiuma e in preda al panico. Mackenzie lo obbligò a voltarsi con la forza, affondando gli speroni. Scesero a precipizio la collina diretti ai cannoni.
Far fermare il cavallo davanti alle bocche non fu un’impresa da poco. Un uomo era steso a terra morto, vicino al suo cannone. Non si vedeva la minima ferita. Il colonnello smontò e l’animale fuggì via.
Non ebbe neanche il tempo di pensarci. Dove erano finiti tutti? — Venite qui! — ma il suo grido svanì nel frastuono. All’improvviso gli si fece accanto Speyer. Prese un proiettile e lo mise nel cannone. Mackenzie strizzò gli occhi per guardare nel binocolo e valutare le distanze. Distingueva l’auto degli Espisti tra i morti e i feriti. Non sembrava possibile, a quella distanza, che una macchina tanto piccola e tozza avesse potuto carbonizzare una distesa di terra così grande.
Con l’aiuto di Speyer puntò il cannone, quindi tirò la funicella. Il cannone ruggì e si scosse. Il proiettile esplose poco lontano dal bersaglio, facendolo sussultare e ondeggiare. Lo spostamento d’aria poteva aver provocato delle ferite agli Espisti chiusi dentro e per lo meno erano terminate le esplosioni psi. Era però necessario colpirli di nuovo prima che potessero riorganizzarsi.
Mackenzie si diresse di corsa verso la sua auto blindata. Era vuota, tutti si erano dati alla fuga. Si gettò al volante. Speyer chiuse violentemente lo sportello e si infilò nell’incavo del periscopio lanciarazzi. Mackenzie mise in moto e partì. La bandiera sul pennone sbatteva nel vento.
Speyer prese la mira e premette il pulsante. Il missile sfrecciò infuocato per metri e metri, infine esplose. L’auto ebbe un sobbalzo e un fianco venne squarciato.
Sperando che i ragazzi si riuniscano e avanzino… se no… sono finito. Mackenzie fermò la macchina facendo stridere i freni, spalancò lo sportello e saltò fuori. Intorno allo squarcio il metallo annerito e accartocciato fungeva da cornice. Vi penetrò a stento, immergendosi nel buio e nel fetore.
Trovò due Espisti: il guidatore era morto e mostrava una scheggia d’acciaio nel petto; l’altro si lamentava in mezzo a strumenti inumani. Il suo viso era una maschera di sangue. Mackenzie si affiancò al cadavere e gli strappò i vestiti. Si impossessò di un tubo di metallo ricurvo e uscì.
Speyer era rimasto a bordo e indirizzava raffiche contro chiunque cercasse di avvicinarsi. Mackenzie si inerpicò lungo la scaletta dell’auto nemica e raggiunto il tetto si mise a sventolare la veste azzurra e quella strana arma.
— Venite, figlioli! — urlò con una voce che si udiva appena nel vento proveniente dal mare. — Li abbiamo messi a tacere. Volete anche che vi serviamo la colazione a letto?
Vicino al suo orecchio sfrecciò sibilando un proiettile. Nient’altro. I nemici, a piedi e a cavallo, parevano impietriti. Nell’immenso silenzio che seguì non avrebbe saputo dire se quello che si sentiva era la risacca o il pulsare del suo stesso sangue.
Squillò una tromba. Il Corpo Antimalocchio lanciò un fischio di esultanza e fece rullare i tamburi. Un gruppo disordinato dei suoi fanti iniziò ad avvicinarsi, seguito dagli altri. Dopo di loro si mosse la cavalleria, un’unità dopo l’altra, e molti soldati scesero dalle colline fumanti di corsa.
Mackenzie scese sulla sabbia e tornò a bordo della sua auto blindata.
— Torniamo indietro — disse a Speyer. — Dobbiamo finire una battaglia.
— Stia zitto! — ordinò Tom Danielis.
Il Filosofo Woodworth lo guardò. La nebbia si insinuava nella foresta con i suoi tentacoli gocciolanti, celando la terra e la brigata in un nulla grigio che attutiva il rumore degli uomini e dei cavalli. Una tristezza infinita. Faceva freddo e i vestiti si appiccicavano alla pelle appesantiti.
— Signore! — si lamentò il maggiore Lescarbault con gli occhi spalancati per lo stupore.
— Ti meravigli perché ho osato mettere a tacere un Espista a proposito di un argomento del quale non sa assolutamente niente? Era ora che qualcuno lo facesse!
Woodworth si ricompose.
— Ho semplicemente proposto di rafforzare gli adepti e colpire il cuore dei seguaci di Brodsky. Cosa ho fatto di male? — domandò con un tono di rimprovero.
Danielis strinse i pugni.
— Niente — rispose. — È solo che vorrebbe dire andare incontro a un disastro ancora maggiore di quelli già collezionati per merito vostro.
— Solo momentanei insuccessi — lo contraddisse Lescarbault. — Siamo stati messi in rotta a Ovest, ma nella Baia siamo riusciti ad aggirarli.
— È vero, e il risultato è stato che si sono girati anche loro e ci hanno spaccati in due — scattò Danielis. — Gli Espisti non ci sono serviti a niente… E adesso i nostri nemici sanno che hanno bisogno di mezzi per trasportare le loro armi e che si possono uccidere. L’artiglieria gli spara addosso, bande irregolari li assalgono e spariscono nel nulla dopo averli ammazzati… oppure le loro postazioni vengono semplicemente aggirate. Non abbiamo un numero sufficiente di adepti!
— Ecco perché ho suggerito di formare un gruppo solo. Sarebbe troppo numeroso per il nemico.
— E anche troppo ingombrante per essere utile — replicò Danielis. Adesso che sapeva come era stato ingannato tutta la vita dall’Ordine si sentiva nauseato. Era quello il motivo della sua amarezza, non il fatto che non ce l’avevano fatta a sconfiggere i ribelli neanche moralmente. Aveva capito che gli adepti erano solo dei burattini, delle pedine mosse da altri.