Speyer lo guardò di traverso.
— Hai paura di loro, Jimbo?
— Ma niente affatto! — esclamò Mackenzie domandandosi dentro di sé se avesse detto la verità. — Non mi sono neppure simpatici, però.
— Fanno del bene, soprattutto ai poveri.
— Non discuto. Ma ogni capo rispettabile deve provvedere da solo a queste cose e anche noi abbiamo chiese e ospedali. Però non mi sembra giusto che solo per il fatto di essere caritatevoli, e non fanno fatica con tutto quello che guadagnano, sia loro permesso di crescere gli orfani e i ragazzi poveri in modo tale da renderli incapaci di vivere altrove.
— Sai perfettamente che lo fanno per indirizzarli verso la cosiddetta frontiera interiore… che è del tutto estranea alla civiltà americana. A dire il vero li invidio, a parte certi poteri straordinari.
— Tu li invidi? — Mackenzie fissò l’amico stupefatto.
Le rughe sul viso di Speyer si accentuarono.
— Quest’inverno ho ammazzato molti miei connazionali — spiegò il maggiore a bassa voce. — I miei cari sono sfollati nel villaggio del forte di Monte Lassen e ci siamo salutati con la consapevolezza che forse non ci saremmo più rivisti. Avevo già ucciso molti uomini che non mi avevano fatto niente. — Sospirò. — Ecco perché mi domando spesso cosa voglia dire conoscere la pace dentro e intorno a me.
Mackenzie cercò di allontanare il pensiero di Laura e di Tom.
— Comunque — continuò Speyer — noi diffidiamo degli Espisti perché ci sono estranei e potrebbero far sparire la concezione di vita nella quale siamo cresciuti. Sai, a Sacramento sono andato al laboratorio di ricerca dell’Università a curiosare. Cose da non credere! Si poteva essere certi di avere a che fare con la stregoneria. Succedevano delle cose molto più strane che la lettura del pensiero o gli spostamenti degli oggetti con la mente. In realtà sono solo delle nuove meraviglie e noi due ci sguazzeremo dentro.
“È un laboratorio scientifico, dove si lavora con la chimica, l’elettronica, le particelle subvirali… tutte cose che un americano colto vede bene nel suo mondo. Ma l’unità mistica della creazione… non fa per noi. Potremmo accettarla solo rinunciando a tutto quello in cui abbiamo sempre creduto e alla nostra età, Jimbo, è troppo difficile accettare di distruggere le proprie convinzioni per riniziare da capo.”
— Può essere. — Mackenzie si era distratto. Ormai erano quasi arrivati.
Si voltò verso il capitano Hulse, alle sue spalle.
— Noi andiamo — disse. — Saluti da parte mia il colonnello Yamaguchi e lo incarichi di assumere il comando fino al nostro ritorno. In casi sospetti faccia pure come gli parrà opportuno.
— Signorsì. — Hulse fece il saluto e si voltò. Non era necessario che Mackenzie ripetesse gli ordini già stabiliti, ma il rituale aveva enorme importanza e lui lo sapeva. Al trotto sul cavallo sauro sentì alle sue spalle i sergenti che gridavano le disposizioni ai vari plotoni e le trombe che risuonavano gli ordini.
Speyer gli tenne dietro alla stessa andatura. Era stato Mackenzie a insistere per averlo con lui all’incontro. Sapeva di non avere la presenza di spirito di un Espista d’alto livello, e sperava in Phil.
Anche se non è una questione di diplomazia, almeno lo spero. Cercò di concentrarsi sul presente: ascoltò il ritmo degli zoccoli e gli scricchiolii della cintura che teneva ferma la sciabola, seguì l’alterno movimento della sella sotto di lui e l’ondulazione dei muscoli del cavallo, sentì l’odore pulito dell’animale… finché si rese conto che era proprio quello che consigliavano gli Espisti.
Le comunità non avevano mai delle mura di cinta intorno, come avveniva invece nella maggior parte delle città e delle stazioni dei padroni. Lasciata l’autostrada, i due ufficiali si inoltrarono in una via fiancheggiata da colonnati, fra i quali si aprivano delle stradine laterali. Non era un insediamento molto esteso. Secondo la consuetudine dell’Ordine, che aveva generato diffidenze e barzellette sconce, era composto da diversi gruppi detti sodalizi o superfamiglie che vivevano insieme. Per Speyer, comunque, tali gruppi non erano più immorali del resto degli uomini. Il loro scopo era quello di prendere le distanze dalla possessività e dall’egoismo per crescere i figli in un cerchio più vasto che il singolo nucleo famigliare.
Centinaia di bambini, usciti sotto i portici, guardavano stupefatti. Parevano sani e, fatta eccezione per la paura dei nuovi arrivati, felici. Ma erano tanto solenni, pensò Mackenzie, vestiti tutti con identiche vesti azzurre. Gli adulti in mezzo a loro erano impassibili. Tutti erano tornati dai campi una volta visto il reggimento che si avvicinava e stavano in un silenzio impenetrabile. Mackenzie sentì il sudore scorrergli lungo le costole e, arrivato nella piazza centrale, faticò a respirare.
Nel mezzo gorgogliava una fontana simile a un fiore di loto circondata da alberi frondosi. Tre lati della piazza erano chiusi da edifici imponenti, certo dei magazzini, mentre sul quarto si ergeva una specie di tempio sovrastato da una cupola decorativa. Doveva trattarsi del Quartier Generale, sede delle riunioni. Sei uomini vestiti d’azzurro stavano seduti sui gradini antistanti: cinque erano robusti ragazzi, l’altro era una persona di mezz’età con il simbolo Yang-Yin al petto. Sembrava dominato da una calma imperturbabile.
Mackenzie e Speyer tirarono le redini, quindi il colonnello fece un fiacco saluto militare.
— Il Filosofo Gaines? Io sono Mackenzie e questi è il maggiore Speyer. — Si maledì per la propria goffaggine e si chiese dove avrebbe dovuto appoggiare le mani. Riusciva abbastanza a sostenere lo sguardo evidentemente ostile dei giovani, ma non sopportava gli occhi di Gaines puntati su di lui.
Il capo della colonia abbassò la testa.
— Siate i benvenuti, vogliamo entrare?
Mackenzie scese da cavallo, lo legò a un palo e si tolse l’elmetto. In mezzo a quella gente la sua vecchia uniforme marrone-rossastra sembrava ancora più squallida.
— Grazie. Uhm… sono di fretta.
— Sicuro. Mi seguano, prego.
Furono accompagnati fino nell’atrio e in un corto corridoio dai giovani impettiti. Speyer si guardava intorno, osservando i mosaici.
— È bellissimo — mormorava.
— Grazie — disse Gaines. — Eccoci arrivati al mio ufficio. — Aprì una superba porta di quercia e fece cenno agli ospiti di entrare, quindi se la richiuse alle spalle, lasciando fuori gli accoliti.
La stanza era austera, con le pareti bianche, una scrivania, uno scaffale pieno di libri e alcuni sgabelli. Una finestra guardava sul giardino. Gaines si mise a sedere e gli altri due fecero altrettanto.
— Sarà meglio arrivare subito al dunque — sbottò Mackenzie. Quindi, di fronte al prolungato silenzio di Gaines si sentì obbligato ad andare avanti.
— Le cose stanno così. Dobbiamo occupare Calistoga creando dei distaccamenti sui versanti delle colline, per poter controllare sia la Valle di Napa che la Valle della Luna… per lo meno all’estremità settentrionale. E il posto più adatto per il distaccamento orientale è questo. È nostra intenzione installare un campo fortificato su quel prato laggiù. Sono spiacente per i danni che causeremo alle vostre coltivazioni, ma vi ripagheremo non appena tornerà al potere il governo legittimo. E lei capisce anche che dovremo requisire medicinali e viveri per le truppe, anche se non vi lasceremo senza il necessario e vi daremo delle ricevute regolari. Per finire dovremo stabilire un certo numero di uomini nella comunità, a scopo cautelativo, per controllare la situazione… ma cercheremo di non recare nessun disturbo. D’accordo?
— Il nostro ordinamento ci garantisce da ogni interferenza militare — lo informò tranquillamente Gaines. — Per essere più precisi nessun uomo armato può passare sulle terre di una comunità espista. Lei capisce che non posso rendermi complice di una violazione delle norme, colonnello.