— Vieni, forza — disse l’altro con voce carezzevole rivolto al pallido scorpione cereo piazzato al centro del palmo della mano girato all’insù. — Vieni. — Lo scorpione fece ondeggiare le pinze brunastre, poi corse lungo il braccio, seguendo con le zampette la pista appena accennata delle vene. Quando raggiunse l’interno del gomito, si fermò e parve vibrare. Riviera emise un sibilo sommesso. Il pungiglione si rizzò, tremolò e infine affondò nella pelle sopra una vena rigonfia. Il serpente color corallo si rilassò, e Riviera sospirò adagio quando sentì l’ago affondare.
Poi il serpente e lo scorpione scomparvero, e Case vide che l’altro stringeva una lattiginosa siringa di plastica nella mano sinistra. — “Se Dio ha fatto qualcosa di meglio, se l’è tenuto per sé.” Conosci il detto, Case?
— Sì. L’ho sentito usare per un sacco di cose diverse. Sei sempre tanto plateale?
Riviera allentò e si sfilò il laccio emostatico dal braccio. — Sì. È più divertente. — Sorrise. Adesso i suoi occhi erano lontani, le guance imporporate. — Ho una membrana incorporata subito sopra la vena, così non devo mai preoccuparmi dello stato dell’ago.
— Fa male?
Gli occhi luminosi dell’altro incontrarono i suoi. — Certo che fa male. Anche questo fa parte del gioco, no?
— Io mi limito a usare i dermi — precisò Case.
— Banale — esclamò Riviera in tono sprezzante, quindi rise, infilandosi una maglietta bianca di cotone a maniche corte.
— Dev’essere piacevole — commentò Case alzandosi in piedi.
— Ti droghi anche tu, Case?
— M’è toccato rinunciarci.
— Freeside — disse Armitage, toccando il quadro di comando del piccolo proiettore olografico della Braun. L’immagine tremolò prima di mettersi a fuoco, quasi tre metri da un’estremità all’altra. — Qui ci sono i casinò. — Penetrò con la mano nella rappresentazione schematica per indicarli. — Alberghi, grandi proprietà e i principali negozi sono da questa parte. — La mano si mosse. — Le aree azzurre sono laghi. — Quindi si allungò verso un’estremità del modello. — Un grosso sigaro. Si restringe in cima.
— Questo lo vediamo benissimo — disse Molly.
— Qui dove si restringe fa l’effetto di una montagna. Il terreno sembra innalzarsi, è più roccioso, ma è facile arrampicarsi. Più sali, più la gravità scende. Là in alto praticano gli sport. Qui c’è un velodromo. — Lo indicò.
— Un… cosa? — Case si sporse in avanti.
— Corrono in bicicletta — spiegò Molly. — Bassa gravità, pneumatici ad alta trazione, reggono a più di cento chilometri all’ora.
— Questa estremità non ci riguarda — precisò Armitage, con la sua solita, assoluta serietà.
— Merda — esclamò Molly. — E io che adoro andare in bicicletta!
Riviera ridacchiò.
Armitage si avvicinò all’estremità opposta della proiezione. — Questa invece ci riguarda. — Qui i dettagli interni dell’ologramma terminavano, e l’ultimo segmento del fuso era vuoto. — Questa è villa Straylight, una ripida ascesa fuori della gravità. Ogni approdo è protetto. C’è un singolo ingresso, qui, proprio al centro. Gravità zero.
— Cosa c’è dentro, capo? — Riviera si inclinò in avanti, allungando il collo. Quattro minuscole figure luccicarono presso la punta del dito di Armitage, il quale le scacciò come se fossero moscerini.
— Peter, tu sarai il primo a scoprirlo. Farai in modo d’essere invitato. Una volta che sarai dentro, provvederai a che entri anche Molly — disse Armitage.
Case fissò il vuoto che raffigurava villa Straylight, ricordando la storia di Finn: Smith, Jimmy, la testa parlante e il ninja.
— Qualche particolare disponibile? — chiese Riviera. — Devo progettare un guardaroba, capisci?
— Impara a riconoscere le strade — replicò Armitage, tornando al centro del modello. — Qui c’è Desiderata Street. Questa è rue Jules Verne.
Riviera levò gli occhi al cielo.
Mentre Armitage recitava i nomi delle strade del Freeside, una dozzina di pustole sgargianti gli spuntarono sul naso, sulle guance e sul mento. Perfino Molly scoppiò a ridere.
Armitage fece una pausa per fissarli tutti con i suoi occhi gelidi e vuoti.
— Scusa — disse Riviera, e un attimo dopo le pustole tremolarono e svanirono.
Case si svegliò dopo la prima fase di sonno, e fu subito conscio di Molly rannicchiata accanto a sé sulla termopiuma. Poteva percepire la sua tensione. Rimase immobile, confuso. Quando Molly si mosse, la pura e semplice velocità di quel gesto lo stordì. Molly era in piedi e aveva attraversato il telo di plastica gialla prima ancora che facesse in tempo a rendersi conto che l’aveva squarciato.
— Non muoverti, amico.
Case si rigirò per fare capolino attraverso lo squarcio nella plastica. — Cosa…
— Chiudi il becco.
— Sei tu, amico — disse una voce zionita. — Occhio di Gatto e Rasoio Danzante vi chiamano. Io Maelcum, sorella. Fratelli vogliono conversare con te e cowboy.
— Quali fratelli?
— Fondatori, amica. Anziani di Zion, sai…
— Se apriamo quel boccaporto, la luce sveglierà il capo — bisbigliò Case.
— Fa speciale oscurità, adesso — disse l’uomo. — Venite. Tu e tu visitate i fondatori.
— Sai con che velocità ti posso far fuori, amico?
— Non perdere tempo, sorella. Vieni.
I due fondatori superstiti di Zion erano molto anziani a causa dell’invecchiamento accelerato che finisce per sopraffare quanti passano troppi anni fuori dall’abbraccio della gravità. Le loro gambe brune, friabili per la perdita di calcio, parevano ancora più fragili nell’aspro bagliore della luce solare riflessa. Galleggiavano al centro di una giungla dal fogliame dipinto di tutti i colori dell’arcobaleno, un impressionante murale collettivo che copriva completamente lo scafo di quella camera sferica. L’aria era densa di fumo resinoso.
— Rasoio Danzante — disse uno dei due mentre Molly fluttuava dentro la cavità. — Come su un bastone che sferza.
— Questa è la storia che abbiamo, sorella — disse l’altro. — Una storia religiosa. Siamo lieti che siate venuti con Maelcum.
— Come mai tu non parli il patois? — chiese Molly.
— Io vengo da Los Angeles — l’informò il vegliardo. I suoi capelli crespi sembravano un albero aggrovigliato con i rami del colore della lana d’acciaio. — Molto tempo fa, su dal pozzo gravitazionale e fuori da Babilonia. Per condurre a casa la tribù. Adesso mio fratello si rivolgerà a Rasoio Danzante.
Quando Molly tese la mano destra, le lame lampeggiarono nell’aria densa.
L’altro fondatore scoppiò a ridere, gettando all’indietro la testa. — Presto verranno gli Ultimi Giorni… Voci. Voci che gridano nella selva interiore, che profetizzano la rovina di Babilonia…
— Le voci. — Il fondatore losangelino stava fissando Case. — Noi monitoriamo molte frequenze. Ascoltiamo sempre. Si udì una voce, fuori dalla babele di lingue, ci ha parlato, ha suonato per noi un potente appello.
— Chiamato lui Inverno Muto — disse l’altro, pronunciando il nome come due parole distinte.
Case si sentì accapponare la pelle delle braccia.
— Il Muto ci ha parlato — proseguì il primo fondatore. — Il Muto ci ha detto che dovevamo aiutarvi.
— Quando è stato? — domandò Case.
— Trenta ore prima che attraccaste a Zion.
— Avevate mai sentito prima quella voce?
— No — rispose l’uomo di Los Angeles. — E non siamo sicuri del suo significato. Se questi sono gli Ultimi Giorni, dobbiamo aspettarci dei falsi profeti…