Case ruotò la pistola e squadrò lungo la linea del mirino il volto roseo e senza tempo di Deane.
— Non farlo — disse il vecchio. — Hai ragione. Su ciò che significa tutto questo. Su ciò che sono io. Ma ci sono certe logiche interne che vanno onorate. Se tu usassi quell’affare, vedresti un bel po’ di cervella e sangue, e mi ci vorrebbero parecchie ore, naturalmente del tuo tempo soggettivo, per attivare un altro portavoce. Non mi riesce facile mantenere questa configurazione. Oh, mi spiace per Linda, lì nella sala giochi. Speravo di poter parlare suo tramite, ma ho generato tutto quanto attingendo ai tuoi ricordi, e la carica emotiva… be’, è molto difficile, mi sono sbagliato, scusami.
Case abbassò la pistola. — Questa è la matrice. Tu sei Invernomuto.
— Sì. Tutto ciò ti viene offerto come gentile omaggio dall’unità simstim collegata al tuo deck, naturalmente. Sono lieto di essere riuscito a escluderti prima che ti scollegassi. — Deane girò intorno alla scrivania, raddrizzò la sedia e vi prese posto. — Siediti, figliolo, abbiamo un sacco di cose di cui parlare.
— Davvero?
— Certo. Le abbiamo da un tot. Ero pronto quando ti ho raggiunto per telefono a Istanbul. Adesso ci resta pochissimo tempo, Case. È soltanto questione di giorni prima della tua impresa. — Deane prese una caramella, srotolò la cartina a scacchi e se la cacciò in bocca. — Siediti — ripeté, con la bocca piena.
Case si accomodò su una poltroncina girevole davanti alla scrivania, senza staccare gli occhi da Deane. Sedette con la pistola in mano, appoggiata alla coscia.
— Adesso ordine del giorno. Ti stai chiedendo chi è Invernomuto? Giusto? — riprese Deane in tono gaio.
— Più o meno.
— Un’intelligenza artificiale, ma questo lo sai già. Il tuo errore, ed è del tutto logico, è stato confondere il mainframe Invernomuto, a Berna, con l’entità Invernomuto. — Deane succhiò rumorosamente la caramella. — Sei già al corrente dell’altra IA nel collegamento Tessier-Ashpool, vero? Rio. Io, fino a dove possiedo un io (qui la cosa diventa piuttosto metafisica, come vedi), sono quello che organizza le cose per Armitage. O Corto, il quale, a proposito, è molto instabile. Abbastanza stabile — aggiunse Deane togliendo un orologio d’oro decorato dalla tasca del panciotto e facendo scattare il meccanismo di apertura — ancora per un giorno o giù di lì.
— Quello che dici non ha senso come tutto il resto in questa faccenda — dichiarò Case, massaggiandosi le tempie con la mano libera. — Se sei così tremandamente furbo…
— Come mai non sono ricco? — Deane scoppiò a ridere e la caramella in bocca quasi lo soffocò. — Be’, Case, tutto quello che posso dirti, e davvero non ho tutte le risposte che immagini, è che quanto tu ritieni sia Invernomuto è soltanto parte di un’altra, diciamo così, entità potenziale. Diciamo che io sono soltanto un aspetto del cervello di questa entità. Dal tuo punto di vista, è come trattare con un individuo lobotomizzato. Diciamo che stai trattando con una piccola parte dell’emisfero sinistro del cervello di quell’individuo. È difficile capire se stai davvero trattando con quel tale, in un caso del genere. — Deane sorrise.
— È vera la storia di Corto? Sei arrivato a lui grazie a un microcomputer in quell’ospedale francese?
— Sì. E ho messo insieme il file al quale tu hai avuto accesso a Londra. Sto cercando di programmare, nel tuo senso della parola, ma non è questo, in realtà, il mio metodo. Io improvviso. È questo il mio più grande talento. Preferisco le situazioni impreviste ai piani, capisci… In effetti, avevo a che fare con dati specifici. Posso setacciare una gran mole d’informazioni e metterle in ordine molto in fretta. Mi ci è voluto un bel po’ per mettere insieme la squadra alla quale appartieni. Corto è stato il primo, e a momenti facevo cilecca. Era quasi andato, lì a Tolone. Mangiare, defecare e masturbarsi era il meglio che riuscisse a fare. Ma la struttura soggiacente della sua ossessione era lì: Pugno Urlante, il suo tradimento, le udienze al processo.
— È ancora pazzo?
— Non ha una vera e propria personalità. — Deane sorrise di nuovo. — Sono convinto che tu ne sia consapevole. Ma Corto è là dentro, da qualche parte, e io non posso più mantenere quel delicato equilibrio. Sta per esploderti addosso, Case. Perciò io conto su di te…
— Basta così, carogna — esclamò Case. E gli sparò in bocca con la .357.
Sì, Deane aveva ragione quanto alle cervella. E al sangue.
— Amica — stava dicendo Maelcum. — Non mi piace per niente…
— A posto — disse Molly. — Tutto regolare. Succede ai tipi come lui. Cioè, non è morto, e sono passati soltanto pochi secondi…
— Ho visto lo schermo. Encefalogramma piatto. Niente si muoveva. Quaranta secondi.
— Be’, adesso sta bene.
— Un encefalogramma piatto come una cinghia - protestò Maelcum.
10
Quando superarono la dogana era intontito, e fu Molly a rispondere alla maggior parte delle domande. Maelcum rimase a bordo del Garvey. La dogana, per quanto riguardava il Freeside, consisteva per la maggior parte nel dimostrare il proprio credito bancario. La prima cosa che vide, quando raggiunsero la superficie interna del fuso, fu una succursale della catena di bar Beautiful Girl.
— Benvenuto in rue Jules Verne — disse Molly. — Se hai difficoltà a camminare, limitati a guardarti piedi. La prospettiva incasina, se non ci sei abituato.
Si trovavano su un’ampia arteria stradale che pareva la base di una profonda fenditura o di un canyon, con le due estremità nascoste dagli angoli gradatamente crescenti di edifici e botteghe che formavano le sue pareti. Qui la luce arrivava filtrata attraverso masse di fresca e verde vegetazione che scendeva a cascata di gradinate e terrazze sopra le loro teste. Il sole…
C’era un vivido squarcio bianco da qualche parte lassù in alto, troppo luminoso, mentre l’azzurro era una registrazione del cielo di Cannes. Case sapeva che la luce del sole veniva pompata all’interno grazie al sistema Lado-Acheson, la cui armatura di due millimetri correva per tutta la lunghezza del fuso in modo da generare un complesso di effetti-cielo in rotazione tutto intorno, e se il cielo fosse stato spento avrebbe visto, sopra di sé, oltre l’armatura di luce, le curve dei laghi, le cime dei tetti del casinò, altre strade… Ma per il suo corpo questo non aveva nessun senso.
— Gesù — esclamò. — Mi piace ancora meno della sindrome da adattamento.
— Ti ci abituerai. Per un mese ho fatto da guardia del corpo a un giocatore d’azzardo di qua.
— Voglio andare da qualche parte a stendermi.
— D’accordo. Ho le tue chiavi. — Molly gli sfiorò la spalla. — Cosa ti è successo là dietro, amico? Sei linea piatta?
— Non lo so ancora. — Case scrollò il capo. — Aspetta.
— Va bene. Prendiamo un tassi o quel che è. — Lei lo prese per mano e lo scortò fin sull’altro lato di rue Jules Verne, passando davanti a una vetrina che sfoggiava le pellicce di moda a Parigi in quella stagione.
— Irreale — dichiarò lui, sollevando di nuovo lo sguardo.
— Oh, no — rispose Molly, presumendo che si riferisse alle pellicce. — Le coltivano su una base di collagene, ma è DNA d’ermellino. Tanto che importanza ha?
— È soltanto un grosso tubo in cui versano le cose — spiegò Molly. — Turisti, venditori, qualunque cosa. E ci sono degli schermi speciali a maglia sottile che entrano in funzione ogni minuto, per garantirsi che i soldi rimangano qui quando la gente ricade dentro il pozzo.
Armitage gli aveva riservato una stanza in un posto chiamato Intercontinental, un’inclinata parete a specchi che scivolava nella fredda nebbia e nel fragore delle rapide. Quando Case uscì sul terrazzo notò un terzetto di abbronzati adolescenti francesi che cavalcavano dei semplici parapendio qualche metro sopra la schiuma dei flutti, triangoli di nylon in luminosi colori primari. Uno di loro virò, s’inclinò, e Case colse un balenare di corti capelli scuri, seni bronzei, denti candidi spalancati in un sorriso. Qui l’aria sapeva di acqua corrente e di fiori. — Già — commentò. — Un sacco di soldi.