Molly cominciò a tremare.
— Così credo di aver dato al senatore quello che voleva sul serio, sai. — Il tremito cessò. Molly lasciò andare la termopiuma e si passò le dita tra i capelli scuri. — La casa assoldò qualcuno perché mi facesse fuori. Mi toccò restarmene nascosta per un po’.
Case la fissò.
— E così… Riviera ha toccato un nervo scoperto, ieri sera — proseguì Molly. — Immagino che voglia che lo detesti sul serio, di modo che sia indotta a seguirlo.
— Seguirlo?
— Lui è già là. A Straylight. Su invito di Lady 3Jane, e questo piega la sua dedica. Lei era là, presente, nel suo palco privato, come…
Case ricordava la faccia che aveva intravisto. — Hai intenzione di ucciderlo?
Molly sorrise, gelida. — Morirà, sì, presto.
— Anch’io ho ricevuto una visita — disse Case, e le raccontò della finestra, impaperandosi su quello che la replica di Zone gli aveva detto di Linda. Molly annuì.
— Forse vuole che anche tu cominci a odiare.
— Forse odio Invernomuto.
— Forse odii te stesso, Case.
— Com’è stato? — chiese Brace, quando Case montò sulla Honda.
— Dovresti provarlo, una volta — rispose lui, massaggiandosi gli occhi.
— Non riesco a vederti come uno che cerca pupazzi — disse Cath con tono infelice, premendosi un derma fresco contro il polso.
— Possiamo andare a casa, adesso? — chiese Bruce.
— Certo. Scaricatemi lungo la Jules Verne, dove ci sono i bar.
12
Rue Jules Verne era un viale circolare che attorniava il punto mediano del fuso, mentre Desiderata si estendeva per tutta la sua lunghezza, terminando a entrambi i capi con i montanti delle pompe del sistema Lado-Acheson. Lasciando Desiderata girando a destra e seguendo la Jules Verne per un tratto sufficiente si trovava di nuovo Desiderata sul lato sinistro.
Case osservò Bruce triciclettare finché non scomparve alla vista, poi si girò e s’incamminò, passando davanti a una gigantesca edicola vivacemente illuminata dove le copertine di una decina di riviste giapponesi mostravano i volti delle nuove stelle simstim del mese.
Direttamente sopra la sua testa, lungo l’asse ora notturno, il cielo olografico scintillava di fantasiose costellazioni che suggerivano carte da gioco, le facce dei dadi, un cappello a cilindro, un bicchiere di Martini. L’incrocio fra Desiderata e Jules Verne formava una specie di stretta gola in cui i gradoni terrazzati delle ripide pareti del Freeside spiccavano un balzo dopo l’altro fino ai pianori erbosi di un altro complesso adibito a casinò. Case ammirò un ultraleggero telecomandato virare con grazia lungo una corrente ascensionale al bordo verdeggiante di una mesa artificiale, illuminato per qualche secondo dal morbido bagliore dell’invisibile casinò. Era una specie di biplano senza pilota fatto di sottilissimo polimero, con le ali serigrafate in modo da assomigliare a un’enorme farfalla. Poi il telecomandato scomparve, al di là del ciglio della mesa. Case aveva visto un barbaglio di neon riflesso sul vetro, o una lente oppure le torrette del laser. Quei velivoli facevano parte del sistema di sicurezza del fuso, controllato da qualche computer centrale.
E dove? A Straylight? Case continuò a camminare, passando davanti a bar che rispondevano ai nomi di Hi-Lo, Paradise, Le Monde, Cricketeer, Shozoku Smith’s, Emergency. Case scelse l’Emergency perché era il più piccolo e il più affollato, ma gli ci vollero soltanto pochi secondi per rendersi conto che era un locale per turisti. Non tirava aria d’affari, là dentro, soltanto un’esplicita tensione sessuale. Pensò per un attimo al club senza nome sopra il cubicolo affittato da Molly, ma l’immagine degli occhi a specchio inchiodati sul piccolo schermo lo dissuase. Che cosa le stava rivelando, in quel posto, Invernomuto? La pianta di villa Straylight? La storia dei Tessier-Ashpool?
Prese un boccale di Carlsberg e trovò un posto a ridosso della parete. Chiudendo gli occhi, cercò di percepire il nodo di rabbia, il piccolo tizzone ribollente della sua collera. Era ancora là. Da dove veniva? Ricordava di aver provato soltanto una vaga perplessità quando l’avevano menomato a Memphis, nessuna reazione quando a Night City aveva ucciso per difendere i propri interessi di spacciatore, e una nausea e un odio alquanto blandi dopo la morte di Linda sotto il pallone gonfiabile. Ma nessuna rabbia. Piccola e remota, sullo schermo della mente, una parvenza di Deane colpì l’analoga parvenza della parete di un ufficio in un’esplosione di sangue e materia grigia. Allora capì: la rabbia era nata nella sala giochi, quando Invernomuto aveva annullato il fantasma simstim di Linda Lee, cancellando la semplice promessa animalesca di cibo, calore e un letto per dormire. Ma non ne era diventato consapevole fino al suo colloquio con l’olo-costrutto di Lonny Zone.
Era una cosa strana. Non riusciva a valutarla.
— Stordito — si disse. Era stordito da molto tempo, da anni. Tutte le sue notti a Ninsei, le sue notti con Linda, stordito a letto e stordito nel gelido sudore nel bel mezzo di ogni traffico di droga. Ma adesso aveva trovato quella piccola cosa calda, quel chip di morte. “Carne” diceva una parte di lui. “È la carne che parla. Ignorala.”
— Gangster.
Aprì gli occhi. Cath era ferma accanto a lui con addosso un abito da sera nero, i capelli ancora scarmigliati dopo la corsa sulla Honda.
— Pensavo che fossi tornata a casa — disse Case, e dissimulò la propria confusione con un sorso di Carlsberg.
— Gli ho chiesto di mollarmi davanti a quel negozio. Ho comprato questo. — Cath passò il palmo della mano sul tessuto, fino alla cintura che le cingeva i fianchi. Case vide il derma azzurro sul polso della ragazza. — Ti piace?
— Sicuro. — Case esaminò automaticamente le facce intorno, poi riportò lo sguardo sulla compagna. — Cosa speri di combinare, tesoro?
— Ti è piaciuto il beta che ti abbiamo dato, Lupus? — Si era fatta più vicina, irradiando calore e tensione, gli occhi ridotti a fessure sopra le enormi pupille e un tendine del collo teso come la corda di un arco. Fremeva, vibrava invisibilmente per l’eccitazione. — Sei partito?
— Già. Ma il risultato è stato uno schifo.
— Allora te ne serve un altro.
— Dove vuoi arrivare?
— Ho una chiave. Sulla collina, dietro il Paradise, il posticino più carino che si possa immaginare. Quelli che ci abitano sono in fondo al pozzo per affari, stanotte, se mi segui…
— Se ti seguo?
La ragazza gli prese una mano fra le sue, calde e asciutte. — Tu sei uno yak, vero, Lupus? Un soldato gajin della Yakuza.
— Hai occhio per certe cose, eh? — Case ritrasse la mano e si frugò in tasca alla ricerca di una sigaretta.
— Come mai hai tutte le dita, allora? Credevo che te ne tagliassero una ogni volta che scazzi.
— Non faccio mai cazzate. — Case si accese la sigaretta.
— Ho visto quella ragazza con cui stai. Il giorno che ti ho incontrato. Cammina come Hideo. Mi fa paura. — Cath gli rivolse un sorriso troppo smagliante. — Mi piace. A lei piace farsela con le ragazze?
— Non me l’ha mai detto. Chi è Hideo?
— Quello che 3Jane chiama il suo servo. Il servo di famiglia.
Case si costrinse a guardare con occhio annoiato la folla che gremiva l’Emergency mentre parlava. — Di Jane?