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«Esatto, Seidman invece non ha detto niente del genere. Perché?»

Tickner fece spallucce. «Magari se ne è dimenticato, in fondo è stato ferito gravemente.»

«O forse, prova a pensarci, potrebbe averci sempre detto la verità.»

La porta si aprì e fece capolino un giovanissimo medico dall’aria esausta, in divisa da sala operatoria. Vide i due poliziotti, alzò gli occhi al cielo e se ne andò. Tickner si rivolse nuovamente a Regan. «Aspetta un momento, ti sei infilato in una specie di vicolo cieco.»

«Sarebbe a dire?»

«Se non è stato Seidman a mandare in frantumi quella finestra, se è stato effettivamente l’assassino, perché lui non l’ha sentito?»

«Forse non se lo ricorda. L’abbiamo visto un milione di volte: chi viene ferito con un’arma da fuoco e ridotto in fin di vita spesso ha qualche amnesia.» Regan sorrise, soddisfatto della sua teoria. «Specialmente se ha visto qualcosa che l’ha scioccato, qualcosa che non vorrebbe mai ricordare.»

«Come per esempio sua moglie spogliata e uccisa?»

«Esatto. O addirittura di peggio.»

«Che c’è di peggio?»

Dal corridoio giunse una specie di “bip bip”. Erano vicini al banco delle infermiere e qualcuno si stava lamentando di un cambio di turno o di programma.

«Abbiamo detto che ci manca qualcosa» riprese Regan lentamente. «È dall’inizio che lo diciamo, ma forse è vero il contrario. Abbiamo cioè aggiunto qualcosa.»

Tickner aggrottò le sopracciglia.

«Continuiamo ad aggiungere il dottor Seidman. Ascolta, io e te sappiamo come vanno queste cose, sappiamo che in casi del genere c’entra sempre il marito. E non nove volte su dieci, ma novantanove su cento. In ogni scenario che abbiamo immaginato c’era Seidman.»

«E secondo te abbiamo sbagliato?»

«Ascoltami un momento. Abbiamo preso Seidman nel mirino fin dall’inizio. Il suo matrimonio non era rose e fiori, se si è sposato è solo perché lei era incinta. E noi abbiamo tenuto conto di questo. Ma anche se il loro matrimonio fosse stato idilliaco noi avremmo ugualmente detto: “Non è possibile che fossero tanto felici” e saremmo giunti alle stesse conclusioni. Quindi, in qualsiasi scenario ipotizzabile abbiamo sempre cercato di infilare Seidman: lui doveva per forza entrarci. Allora, proviamo un momento a tirarlo fuori, facciamo conto che sia innocente.»

Tickner si strinse nelle spalle. «Okay. Allora?»

«Seidman ci ha detto che si sentiva legato alla Mills, anche dopo tutti questi anni.»

«Esatto.»

«È sembrato un po’ ossessionato da lei.»

«Un po’?»

Regan sorrise. «Supponiamo che questo sentimento fosse reciproco, o addirittura più che reciproco.»

«D’accordo.»

«Ora, ricordati che stiamo ragionando sulla premessa dell’innocenza di Seidman, il che significa che ci sta dicendo la verità. Su tutto. Sull’ultima volta che aveva incontrato Rachel Mills. Su quelle foto. L’hai visto che faccia ha fatto, Lloyd, non è granché come attore. Quelle foto lo hanno scosso, non sapeva della loro esistenza.»

«Difficile dirlo.»

«Ma c’è qualcos’altro che ho notato in quelle foto.»

«Che cosa?»

«Come mai quel detective privato non ha scattato nessuna foto di loro due insieme? C’è lei davanti all’ospedale, lui che esce, lei che entra. Ma nessuna foto di loro due insieme.»

«Sono stati prudenti.»

«Prudenti, con lei che gironzolava davanti al posto di lavoro di lui. La gente prudente non le fa certe cose.»

«Qual è allora la tua teoria?»

Regan sorrise. «Rifletti un attimo. Rachel sapeva di sicuro che Seidman era dentro l’ospedale: ma non è detto che lui sapesse che lei era là fuori.»

«Aspetta un momento.» Un sorriso illuminò il volto di Tickner. «Pensi che lei gli stesse facendo la posta?»

«Forse.»

«E oltretutto non stiamo parlando di una donna qualsiasi, ma di un’agente federale perfettamente addestrata.»

«Quindi, uno: lei era in grado di organizzare un sequestro di persona.» Regan allungò un dito. «Due» e ne stese un altro «lei avrebbe saputo come uccidere qualcuno e farla franca. Tre, avrebbe saputo cancellare qualsiasi traccia. Quattro, lei conosceva la sorella di Seidman, Stacy. Cinque» e fu la volta del pollice «avrebbe potuto sfruttare le sue vecchie conoscenze per localizzare la sorella di Seidman e sbarazzarsene.»

«Cristo santo!» Tickner sollevò lo sguardo. «Era questo che intendevi prima, quando hai parlato di qualcosa di tanto orribile che Seidman può aver visto, qualcosa che non ricorda più?»

«Come per esempio il tuo amato bene che ti spara. O tua moglie. O…»

Si bloccarono entrambi.

«Cosa c’entra Tara in tutto questo?» riprese poi Tickner.

«Un mezzo per estorcere soldi?»

La cosa non piacque a nessuno dei due. Ma ancora meno gli piacevano le eventuali altre risposte che si sarebbero potuti dare.

«Potremmo aggiungere qualcos’altro» disse ancora Tickner.

«Che cosa?»

«La calibro 38 di Seidman che è scomparsa.»

«Cioè?»

«La pistola era in una cassetta di sicurezza nel suo armadio. Solo qualcuno che lo conosceva bene avrebbe potuto sapere dov’era nascosta.»

A Regan venne un altro sospetto. «Oppure Rachel Mills si era portata dietro la sua 38. Ne sono state usate due, ricordi?»

«Ma questo pone un’altra domanda: che bisogno avrebbe avuto di due pistole, la Mills?»

Tutt’e due si misero a riflettere, passando in rassegna in silenzio altre teorie, e arrivarono alla stessa conclusione. «Ci manca ancora qualcosa» disse Regan.

«Proprio così.»

«Abbiamo bisogno di qualche altra risposta.»

«Per esempio?»

«Per esempio, come ha fatto Rachel a cavarsela dopo aver ucciso il marito?»

«Posso informarmi» disse Tickner.

«Fallo. E metti un agente a protezione di Seidman. Lei ora ha quattro milioni di dollari e potrebbe decidere di eliminare l’unica persona che può ancora collegarla al colpo.»

31

Zia trovò i miei abiti nell’armadio. I jeans erano macchiati di sangue, quindi decidemmo di sostituirli con dei pantaloni verdi da sala operatoria, e lei me ne trovò un paio in uno stanzino. Me li infilai con una smorfia di dolore per via delle costole incrinate, e strinsi il nastro in vita. Sarebbe stata una fuga lenta. Zia guardò fuori dalla porta per accertarsi che il campo fosse libero. Aveva preparato un piano alternativo, nel caso i federali mi tenessero d’occhio. Un medico suo amico, David Beck, era rimasto coinvolto qualche anno prima in una complessa indagine federale e in quella circostanza aveva conosciuto Tickner. Beck quel giorno era in servizio e, se necessario, avrebbe intercettato lui e soci in fondo al corridoio cercando di trattenerli con la storia di quell’inchiesta.

Ma non ci fu bisogno di Beck. Uscimmo tranquillamente senza che nessuno ci facesse domande, attraversammo il padiglione Harkness e sbucammo nel cortile sul lato nord di Fort Washington Avenue. Zia aveva lasciato l’auto nel parcheggio all’angolo tra la Centosessantacinquesima e Fort Washington Avenue. Camminavo con circospezione, ero indolenzito ma tutto sommato stavo bene. Potevo scordarmi maratona e sollevamento pesi, ma il dolore era sopportabile e riuscivo a muovermi con relativa facilità. Zia mi aveva trovato un flacone di calmanti in confezione da cinquanta milligrammi, cioè il dosaggio più alto. Un ottimo prodotto: faceva effetto senza dare sonnolenza.

«Se qualcuno me lo chiede» mi spiegò lei «dirò che ho usato i mezzi pubblici e ho lasciato a casa l’auto. Per un po’ dovresti essere a posto.»

«Grazie. Possiamo scambiarci anche i cellulari?»

«Certo. Perché?»

«Potrebbero tentare di localizzarmi attraverso le chiamate fatte dal mio telefono.»

«Addirittura?»