Clarity si era preoccupata senza motivo. Chiunque fossero coloro che l'avevano rapita, erano certo pieni di risorse, ma non erano onnipotenti. Si alzò e aggrappandosi alle maniglie in assenza di gravità si spinse verso il vano di carico nella parte posteriore. Era arrivato il momento di disimballare il passeggero.
La donna in piedi davanti a lui era molto alta ed estremamente graziosa… troppo, per l'uomo dalla faccia insipida che era entrato con lei. Una coppia stranamente assortita, ma molto educata, persino deferente.
— Ha detto che c'era una donna con lui? Una donna giovane? — La donna alta indossava un'uniforme della guardia portuale.
— Sì. — Quella risposta sembrò eccitare molto entrambi, anche se fecero un grosso sforzo per non dimostrarlo. L'impiegato non riusciva ancora a capire chi dei due comandasse. — Perché? C'è qualche problema? — L'ammontare della bustarella che aveva ricevuto dal suo precedente visitatore gli pesava ancora sulla coscienza.
— No, nessun problema — disse il giovane sottovoce. — Vogliamo solo fare un paio di domande alla ragazza.
— Chiedo scusa. — Una matrona con un abito sgargiante rosa e giallo e un cesto di piante sotto il braccio, entrò dalla porta. — Ho delle radici fresche di maniga che vorrei spedire oggi a Tasc…
La donna alta dai capelli biondi le si parò dinnanzi. — Spiacente. Questo ufficio è chiuso.
L'impiegato dietro il banco sbatté le palpebre. — Chiuso? No, siamo aperti fino alle sei.
— È chiuso — ripeté la bionda senza voltarsi.
— Ma lui ha appena detto… — cominciò la matrona.
La donna si chinò, puntò una mano sul petto della vecchia e spinse. La matrona barcollò all'indietro, mantenendo a stento l'equilibrio e spalancò la bocca per la sorpresa.
— Be', se siete chiusi, siete chiusi! — Girò su se stessa e uscì quasi di corsa dall'ufficio.
— Ehi, aspetti un minuto! — esclamò l'impiegato alzandosi dalla sedia. — Gli affari ufficiali del porto sono una cosa, ma…
— Non ci vorrà molto. — Il giovane gli si avvicinò mentre la sua compagna chiudeva silenziosamente la porta a chiave. — E faremo molto più in fretta se lei collaborerà.
— Certo che collaborerò — rispose irritato l'impiegato, — ma non c'è bisogno di chiudere l'ufficio!
— Le domande vengono comprese molto meglio quando non subiscono interruzioni — disse la bionda.
Che voce meravigliosa, pensò l'impiegato fissandola. Tutto in lei era stupendo… tranne il suo atteggiamento. E le guardie portuali erano conosciute per la loro educazione.
— Forse — disse all'improvviso l'impiegato, — farei meglio a fare una telefonata e a controllare, prima di rispondere ad altre domande. — Si sporse per azionare il comunicatore inserito nel terminale.
Con due lunghi passi, la bionda gli fu accanto e gli strinse il polso con le dita. — Forse — disse a bassa voce, — sarebbe meglio di no.
L'uomo cercò di sottrarsi alla stretta, ma era come se avesse il polso legato con fil di ferro. Cercò di calmarsi. Tutto ciò che quella gente voleva erano delle informazioni e chi era lui per negargliele? C'era la porta posteriore, ma quando la donna gli lasciò il polso, gli venne in mente che forse spiccare la corsa per raggiungerla non era una buona idea. Perché rovinarsi la giornata e magari anche più di quello solo per salvaguardare la riservatezza di un estraneo?
— Va bene. — Tornò a sedere sulla seggiola. — Avanti, fate pure le domande.
— Grazie — disse il giovanotto. La sua palpebra sinistra aveva un visibile tic. — Le persone a cui stiamo dando la caccia stanno cercando di rovinare un intero mondo. Lei non vuole che accada una cosa simile, vero?
— Certo che no. Quale cittadino benpensante potrebbe volere una cosa simile?
Il tic si attenuò, ma senza scomparire del tutto. — Vedi? — si rivolse alla bionda. — Te l'avevo detto che sarebbe andato bene.
— Continuo a pensare che avremmo dovuto fare nell'altro modo, ma… — scrollò le spalle, — … facciamo in fretta.
L'impiegato si accorse che stava tremando leggermente, anche se aveva preso la decisione giusta.
CAPITOLO SETTIMO
Al contrario della ragazza, che si rilassò completamente non appena la navetta uscì dalla ionosfera, Flinx non allentò la sorveglianza. Era stato in troppi posti e aveva visto troppe cose per non sapere che la sola presenza del vuoto non offriva nessuna garanzia di salvezza. Osservò e ascoltò attentamente, ma nulla si avvicinò a loro. Il traffico attorno ad Alaspin era inesistente. La radio era muta. Erano soli.
Clarity Held era rimasta impressionata dalla sua descrizione del Teacher e quando la sagoma lunga e snella dell'astronave comparve nel finestrino della navetta, ne fu sopraffatta. Quando pose piede all'interno, dopo aver varcato il portello passeggeri, l'unica reazione che le era rimasta era lo stupore.
Si trovavano nell'area che su di una nave da trasporto sarebbe stata denominata sala comune, ma Flinx chiamava familiarmente il suo “covo”. Al centro c'era una vasca rialzata piena di pesci tropicali provenienti da mondi diversi, circondata da arbusti e piante ben tenute. Il soffitto era coperto da una varietà di rampicante che cresceva particolarmente bene alla luce artificiale.
Flinx amava molto il verde. Il mondo in cui era cresciuto era ricoperto da fitte foreste di sempreverdi. Il mondo di Pip era tutto giungle e savane. Non gli piacevano il ghiaccio e i deserti, ne aveva visti già troppi.
Era la gravità artificiale a rendere possibile ogni cosa, anche lo zampillo della fontana al centro, da cui usciva acqua sia normale che leggera. L'acqua pesante a bordo si comportava normalmente, ma quella leggera poteva venir tinta di diversi colori. Si trattava di una miscela di glicerina e gas racchiusa in membrane di polimeri incredibilmente sottili. L'acqua schizzava in aria sotto forma di bolle variopinte che venivano risucchiate fino a scomparire in un cono nascosto dai rampicanti del soffitto. Il cono condensava e riciclava le bolle nell'acqua.
I mobili erano di vero legno, ricoperti da cuscini imbottiti che rispondevano con una musica ogni volta che qualcuno si sedeva, adattando la melodia ai movimenti e alle emozioni. Lungo le pareti ricurve, forme azzurre e purpuree si rincorrevano apparentemente a caso e quell'inseguimento casuale diventava un'espressione artistica. Quel luogo era un notevole miscuglio di forme geometriche e di globi di luce, di piante verdi e di bolle d'acqua, di natura e scienza.
Clarity girò per la stanza, guardando le piante e le decorazioni. Ciascun elemento spiccava lucido e brillante come l'occhio di un bambino, come se fosse stato scrupolosamente disegnato e progettato da un professionista. In realtà, Flinx si era limitato invece a mettere le cose insieme senza un particolare ordine.
Quando ebbe terminato il giro di ispezione, Clarity riuscì di nuovo a respirare. — Davvero tutto questo è tuo?
— La gente ha la tendenza a farmi dei regali — Flinx sorrise imbarazzato. — Non so perché. Alcune di queste cose le ho prese durante i miei viaggi. — Fece un gesto. — La fontana e le piante ci sono perché mi piace guardarle. Ci sono dei robot, ma preferisco occuparmi personalmente delle cose che crescono. Sembra che ci sappia fare con le piante.
Non le disse che pensava che la sua abilità con le piante avesse qualcosa a che fare con la sua telepatia empatica, né accennò alle teorie che affermavano che le piante erano capaci di emozioni e sentimenti. La ragazza lo giudicava già abbastanza bizzarro, anche se le aveva salvato la vita.